Magazine Diario personale

Tenco

Da Bellocks
Palude nera in fondo ai tuoi occhi, malinconia latente che sfiora il bavero e lo lascia liscio, appena stirato, immune dall’umido dei giorni. Prossimità di un incontro e palese fuga dinanzi al ritorno: cecità. Tanto mi resta.
Che vita facevi, che vita sopportavi, e che pensieri moderni comprimevi in quell’angolo di sogno, non ha più importanza oramai. Non faccio più caso al peso delle domande morte. Il peso delle domande rende l’uomo gobbo. E perdente.
Ero con mia madre quella notte, mi parlava di te. Dissertava sulla discrezione delle cose, su quella sensibilità educata che avevi nel sedurre, di quel modo imbarazzato che mostravi nell’approcciare il pianoforte. L’unica virtù che ho ereditato è stata quella nota di basso impigliata tra le maglie del pentagramma: la discrezione. Ingegnosa è stata la tua morte, la migliore. Non ci saranno più repliche allo spettacolo... Il circo chiude per mancanza di applausi.

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