Una volta, a una festa di compleanno, ho incontrato il ragazzo che bacia meglio al mondo. L’ho visto solo quella sera, un sacco d’anni fa, ma ancora lo ricordo con estremo languore. Ero minorenne e vagamente in forma, nonché bardata a festa come un carretto siciliano.
Lui stava lì, universitario, sorridente, carino, pesce fuor d’acqua, accento paesano che a me piaceva tanto, solitario. E io stavo a pochi metri, parlavo con DearLowe del fatto che m’ero fatta la ceretta. «DearLowe», le dicevo, «oggi pomeriggio mi sono depilata. Ho pensato che c’era ‘sta cosa della festa e che mi dovevo mettere questo vestitino cortocorto appena sub-inguinale e allora mi sono depilata. Era una ceretta buonissima, al cioccolato, che veniva voglia di leccarla invece che di spalmarla».
Il Miglior Baciatore del Mondo è scoppiato a ridere. Io sono diventata color porpora, perché non pensavo che stesse ascoltando, non volevo mica che mi sentisse parlare di peli, e strappi e varie altre amenità. DearLowe non sapeva cosa dire, e s’è defilata, andando a prendere un altro bicchiere di vino, mentre io balbettavo all’indirizzo del Miglior Baciatore del Mondo che forse sarebbe stato meglio che non ascoltasse nulla.
Lui rideva, abbronzato e coi denti bianchi. Io pensavo di sotterrarmi, e notavo quanto fosse carino. Per farla breve: della mia presenza a quel compleanno non c’è nessuna testimonianza fotografica, giacché mi sono impegnata a scoprire le qualità del Miglior Baciatore del Mondo per dargli il nickname adeguato.
Il giorno dopo, sono andata a scuola con una sciarpa che mi copriva fin sopra le orecchie: c’erano oltre trenta gradi, ma l’alternativa era rischiare che denunciassero il Miglior Baciatore del Mondo per tentato strangolamento, o per vorace cannibalismo.
Lui non l’ho mai più rivisto, ma da allora le Dears mi hanno attaccato addosso un marchio: io sono quella che parla di peli.
Che poi è pure vero, eh. Sorella è un uomo mancato e Fratello è un orango, un po’ più carino. Io, se vogliamo essere un po’ sinceri, così male non me la passo, eppure dell’argomento sono un’esperta, ché le tecniche di epilazione possibili e immaginabili le ho provate tutte, mi manca solo quella a luce pulsata e del filo indiano, ma costano troppo quindi se ne parla quando sarò diventata ricca e famosa, o quando il mio capo avrà deciso di pagarmi uno stipendio adeguato al mio contratto, dunque siamo già nell’iperuranio.
Dev’essere per tutte le ragioni sopra enunciate che un po’ di tempo fa mi è arrivata una mail in cui mi si definiva una «opinion leader» e mi si comunicava che mi sarebbe stato inviato un aggeggio Wilkinson dalle non meglio specificate qualità miracolose. In sostanza: io e Cetto La Qualunque non avremmo molto da spartire. Forse, però, lui e il Signor Wilkinson qualcosina sì: no, dico, avete presente il video “Rasa il pratino“? Sorella sa fare il balletto a memoria, ve lo giuro su Cane, e sapete che su Cane non sarei mai capace di mentire.
In pratica, il signor Wilkinson mi ha mandato i prodotti a cui si fa riferimento in questo video, che del pratino da rasare di cui sopra dovrebbe essere l’erede designato. «Provali, e poi magari ci scrivi che ne pensi», mi hanno detto. Per la parte sul provare, capirete bene, problemi non ne ho avuti; quella sul raccontare mi veniva un po’ un casino. Come si fa a scrivere con nonchalance di un prodotto che si chiama “Chiomette perfette”? Giusto roba da fashion blogger, mica da LaCapa.
Mentre stavo là ad arrovellarmi sul senso della vita e del rasoio, Sorella ha recuperato la couvette dalla scatola all’interno della quale me l’hanno mandata, e ne ha estratto il mitico contenuto. «Cos’è questo?», mi ha domandato. «Un’enciclopedia Treccani», ho risposto sarcastica. Ma lei non s’è accontentata, è tornata alla carica inserendo la batteria nel manico del cortese omaggio – tutto rosa – del signor Wilkinson. Sembrava Homer Simpson con una barretta d’uranio impoverito tra le mani: «Ma vibra!», ha esclamato. «Serve a regolare la lunghezza!», ha continuato in estasi. «E ci sono perfino le formine!»: Sorella era irrecuperabile, l’avevo persa per quattro lame e un coso tipo quelli che si vedono nei film americani coi Marines, che arrivano alla visita di leva coi rasta di Bob Marley e ne escono pelati come Natalie Portman in “V per vendetta”.
Sorella girava per casa col rasoio acceso, lo usava per spaventare la povera Cane che, al pensiero di vedersi ridotta a un barboncino, si nascondeva sotto il letto di Madre e Padre. Fratello, memore di quella volta che gli depilai un gluteo a tradimento, era pallido e stava immobile, in camera sua, nella stessa posizione dei giocatori di calcio quando fanno barriera mentre un avversario sta per tirare una punizione.
Il signor Wilkinson ha gettato nel panico Casa LaCapa, poiché il suo prodotto è finito nelle mani sbagliate, cioè in quelle di Sorella. Sì, okay, ha inventato una cosa geniale, ma s’è scordato di scriverci sopra due importantissimi avvisi: «Causa dipendenza» e, soprattutto, «Tenere fuori dalla portata dei bambini».