E' il bicentenario della "liberazione" di Santa Cruz, la città più grande della Bolivia. In ogni stato latinoamericano c'è una città che si arroga il titolo di città liberata prima delle altre (l'indipendenza della Bolivia è di 15 anni dopo), di solito una città che si sente diversa. Santa Cruz è la Milano o la Barcellona della Bolivia (ad occhio non si direbbe, ma è tutto relativo). E' la città che si sente ricca, economicamente dinamica, in una regione di esportazione di prodotti agricoli, minerari e idrocarburi. I cambas, gli abitanti del posto, odiano i kolla, gli abitanti dell'altopiano. Nelle poche ore che passo in città ben cinque persone mi dicono che i kolla sono dei taccagni pidocchiosi che non sanno cosa sia il gusto della vita (tanto razzismo l'ho sentito raramente). La tensione si vede dai dettagli: l'assenza del presidente Evo Morales (in visita ufficiale all'Assemblea Generale dell'ONU dove ha "rimpiazzato" Chavez) e il rifiuto del vicepresidente di fare il suo discorso, ufficialmente per un cambio imprevisto nel protocollo. Interessi economici divergenti e identità culturale, ci sono tutti i presupposti per un conflitto. Per il momento non violento, ma l'ossessione con cui si pronuncia la parola "autonomia" parla chiaro, qui non si faranno sconti.
cambakolla