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Teonillo

Creato il 03 febbraio 2011 da Renzomazzetti

Zoe.

 Giungendo alla stazione di Pisa non potrò mai dimenticare lo spettacolo che si presentò ai miei occhi: da ogni parte distruzione e morte. Seppi che il 31 agosto, cioè alcuni giorni prima, Pisa aveva subito un bombardamento aereo, al seguito del quale vi furono 500 morti: la città aveva cambiato aspetto, da tutte le parti si vedevano macerie, nei sottopassaggi della stazione vi erano ancora decine e decine di morti; fu uno spettacolo straziante. Quasi tutte le famiglie avevano perso un loro congiunto sotto le macerie. Fu dinanzi a tanto orrore che ci riproponemmo di intensificare la nostra attività per poter lottare con tutte le nostre forze affinché si ponesse fine a questa tremenda guerra di distruzione. Costituimmo i Gruppi di difesa della donna e così organizzate ci fu possibile rendere più concreto il nostro aiuto per la lotta contro la guerra. Per prima cosa cercammo di prendere le prime rudimentali (poiché era molto difficile procurarci il materiale necessario) nozioni di pronto soccorso; fortunatamente avevamo qualche infermiera tra noi e ciò ci facilitò il nostro compito. La preparazione ci fu utile poiché in molte occasioni dovemmo metterla in pratica. Era il nostro compito trascrivere tutto il materiale che giungeva dal Comitato di Liberazione Nazionale. Dovevamo pure battere a macchina e preparare i vari volantini ed anche il giornale locale. Dopodiché eravamo incaricate per la distribuzione di detto materiale, in città e nei dintorni. Andavamo nei negozi, all’uscita delle chiese, nei portoni, per le strade, ovunque si potesse avere contatto con il popolo per portare la voce di protesta per quanto stava succedendo nel nostro Paese. Dovevamo fare delle vere acrobazie per non farci sorprendere dai nazifascisti con il materiale in mano. Nostro grande animatore fu il caro Teonillo, che purtroppo oggi non è più tra noi. Egli ci incoraggiava, ci guidava poiché era sempre alla testa delle nostre spedizioni: fu per noi un esempio di coraggio che non potrò dimenticare. Le più coraggiose furono incaricate del trasporto delle armi, perché non era cosa facile compiere la nostra missione nel bel mezzo di un bombardamento aereo o di un cannoneggiamento, poiché solo allora, pur essendo rischioso, era più facile eludere la sorveglianza dei tedeschi e dei fascisti. Altre donne erano addette, con e spesso senza uomini, al rifornimento dei viveri; esse dovevano, per raggiungere i luoghi di destinazione, valicare i monti. Abbiamo pur avuto qualche donna che ha seguìto la formazione partigiana che operava sui monti pisani e certo fu di grande utilità una donna a tutti quei ragazzi, alcuni dei quali troppo giovani; fu per loro come una madre: essi avevano sempre bisogno di una buona parola, di aiuto morale e concreto come il rassetto di quei pochi indumenti che, non curati, sarebbero finiti a brandelli. Più ancora avevano bisogno di cure quando erano ammalati. -Una donna della Resistenza a Pisa-

PISA LIBERATA

Una città morta, scalcinata,

smembrata, cumulo

di macerie, case scoperchiate

con le finestre aperte, grandi occhi

spalancati sulla tragedia

della rovina. Scale sospese

in aria; monconi di palazzi

alti, enormi braccia,

imploranti… aiuto.

Sudiciume di carta straccia, di pietre,

di cenci, di pezzi di legno;

mobili fracassati, sedie sgangherate,

tavoli rotti; mille mille

infime cose di ieri, poltiglia

di fango ora, di cose marce,

vita morta sulla quale incombe

l’orrida paura di una città

distrutta. L’Arno corre

sul marciapiede infetto,

più che di cose sudicie,

di cattiveria e di viltà umana.

I resti della torre che fu sopra il ponte

sprofondato, immobile,

dominano estranei il baratro

lì sotto. Tace l’orologio.

Tetra suonerebbe la campana

l’ora della morte sopraggiunta.

Ritrovarsi davanti alle rovine,

dove era il Ponte di mezzo

e dove erano gli altri ponti,

fra mucchi di pietre nere

che hanno coperto le acque

del fiume, dove giace.

Pisa con le sue glorie e le

sue miserie, è un lacrimare

angoscioso, desolato.

Sono… due… tre pisani…

che si trovano davanti all’Arno,

a guardare l’immane tragedia,

il risultato della sconfitta

di una guerra feroce, animalesca,

incompresa, ingiustificata.

-Genny Bargagna.

 

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