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Teorema

Creato il 27 agosto 2011 da Malvino

ad A.C.,sperando gli passi presto
Seguo da quasi due anni, deliziato dalla sua scrittura, la rubrica tenuta da Guia Soncini su D, l’inserto che la Repubblica manda in edicola ogni sabato. Può darsi che stia scontando la colpa del pregiudizio che mi impediva di valutarne appieno i meriti ai tempi in cui scriveva su Il Foglio, ma a me pare che si tratti di una scrittura di gran classe, strettamente imparentata a quella di Edmondo Berselli e a quella di Alberto Arbasino, ma quello di prima dell’Alzheimer. Insomma, la Soncini mi piace e trovo che l’idea di “scrivere di canzonette” per trattare una materia incandescente come quella dei rapporti tra i sessi sia felicemente realizzata nei suoi pezzi senza mai scadere nella maniera, rischio sempre incombente quando si parla di tutto ciò che sta d’attorno e dentro l’innamoramento e l’amore.
Rischio altrettanto grosso è nel trattare una materia mostruosamente complicata come quella dei testi delle “canzonette”, che sono tanto più riusciti quanto più sono ambigui, e che dunque sembrano fatti apposta per prendersi gioco delle passioni che in essi provano a specchiarsi, ma anche delle intelligenze che provano a individuarle come costanti. Anche qui la Soncini non delude, avvalendosi di una naturale ironia che non risparmia neppure l’adolescente che le si attarda dentro.
Molte volte avrei voluto intrattenermi su un pezzo della Soncini, sempre per lodarne lo stile, qualche volta per dirmi del tutto in disaccordo con certe sue azzardate intuizioni circa le miserie e le debolezze dei maschi. Non si possono negare, né giustificare, ma forse non meriterebbero di essere liquidate con la sbrigativa diagnostica della Soncini, per la quale – pare di capire – ogni maschio men che perfetto come il bello, buono e saggio Jovanotti o è un sadico o è un narcisista.
Non ho mai commentato una pagina della Soncini – e qui assumo la posa di quel fesso di Raz Degan nella réclame del Jägermeister – non so perché. Ma oggi che scrive di Marco Ferradini, facendosi crudelmente beffa dei “disturbati” e delle “disturbate” che rientrano nel suo Teorema, due righe vorrei scriverle. E vorrei dire che, sì, è vero, quella canzone è odiosa e idiota, e serve soltanto a consolare i maschi che, incapaci di stabilire un serio e maturo rapporto affettivo con una femmina, si rifugiano nell’illusione di non sapere amare se non troppo, e quasi certamente invece non sanno amare affatto se non la loro emaciata proiezione dell’eterno femminino. E però si tratta di poveracci che scontano la loro impotenza affettiva per aver avuto in sorte un ben preciso tipo di madre. E alla femmina torniamo. A quella femmina che alleva il maschio in una dimensione che è tanto più anaffettiva quanto più implica possesso, esercizio del ricatto, sadomasochismo emotivo. E da dove esce questo tipo di femmina che, se non sarà la fidanzata di Marco Ferradini, sarà la mamma?
 

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