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[Teoria della letteratura] Confidenze

Creato il 06 agosto 2011 da Spaceoddity
[Teoria della letteratura] ConfidenzeQuando leggo un romanzo, quanto arrivo a sapere di e da un personaggio? Quanto accetto che mi si esponga, che parli di sé? Da lettore mi pongo queste domande, anche se non sempre le formulo, se non per esercizio professionale.
La mia legittima curiosità per l'uomo, una curiosità sconfinata e senza quartieri, ha sempre il contraltare in una 'voce' che si descrive o viene descritta, una voce che non sempre accetto e che, senza moralismo di sorta, trovo indiscreta.
In un romanzo come Che tu sia per me il coltello, rimango francamente urtato dalla franchezza con cui il protagonista si dilunga sulla sua ossessione erotica: non mi scandalizza affatto, ma chi gli ha dato questa confidenza? Lui non è un mio amico, non lo voglio come amico. si è preso una libertà che io non gli ho concesso!
Quel romanzo di Grossman, poi, prevede al suo interno la lettura, in quanto consiste in una lunga lettera che l'innamorato scrive per la donna che sempre ha inseguito nei sogni. Il destinatario interno finisce col prefigurare per il lettore reale il ruolo di voyeur indiscreto, costringendolo quasi ad accettare queste confidenze, come parte essenziale di un discorso che avrebbe luogo anche senza me che leggo.
Il rapporto tra personaggio e lettore è un problema spinoso. La confidenza è, a ben pensarci, un accesso che si pretende immediato all'alterità inesauribile di un altro essere umano e non c'è dubbio sul fatto che Che tu sia per me il coltello sia un romanzo costruito con intelligenza e senso letterario fuori dal comune (ci sono anche pagine magnifiche, e non poche).
Ma io non sono morboso. Rinuncio volentieri alla confessione scabrosa che non aggiunge niente (e raramente una confessione scabrosa aggiunge elementi importanti a una storia) e si risolve in un'intimità senz'anima e piuttosto comprendo di più e quasi le preferisco la pornografia.
Il problema si fa più serio se, messo da parte Grossman, andiamo alla letteratura di consumo, quei libri anche in parte di qualità che indugiano - in special modo nelle prime pagine - su scene di erotismo o di fisicità messa a dura prova. Io mi chiedo, dato che accade anche in un autore come Colm Tóibín che per il resto amo molto, che accordo trovino autore e lettore su quelle confidenze.
[Teoria della letteratura] ConfidenzeEscludo che ci possa essere bisogno di una pausa nella lettura, perché quelle scene vanno comunque lette, ed escludo l'effetto catartico di certo squallore (squallore umano, sofferenza umana, parte della vita). Ma quanto - e quanto spesso - impariamo noi, dalle nostre debolezze? Quanto impara un personaggio dalle cose che confida a me, impotente lettore che vuole leggere e non saltar pagine, cose su cui sarebbe meglio soffermarsi con ben altri occhi?
Le confidenze sono fatti non ancora maturati in esperienza e molto spesso, ciò che è peggio, perfino in autori importanti come Grossman, sono fatti comuni a cui manca l'intelligenza speciale, la sensibilità che ci si attende di trovare nella voce che ascoltiamo: in questo modo, se mai lo fecero, le confidenze escludono l'idea stessa di trasgressione con cui solleticano dandy smidollati, ignari del piacere.

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