Il dolore cronico può essere definito in diversi modi, ma generalmente viene considerato cronico quel dolore che provoca modificazioni a carico del sistema nervoso centrale causate dalla nocicezione e che influisce su personalità e stile di vita del soggetto che ne è colpito. Il dolore cronico, infatti, non è semplicisticamente un “dolore prolungato” ma diventa una vera e propria malattia poiché determina modificazioni delle vie di trasmissione del dolore.
In Italia, la possibilità di usufruire di una terapia del dolore cronico riguarda il 20% della popolazione e tale percentuale sale al 50% se si considerano solo gli individui con un’età superiore ai 65 anni. Le patologie che possono determinare la comparsa di questo tipo di dolore sono varie ed interessano individui di ogni età e sono, ad esempio, lombalgie primarie, lesioni da intervento chirurgico, cefalea. Il dolore cronico ha importanti ripercussioni sullo stile di vita di una persona, in quanto determina forti limitazioni e disturbi emotivi.
Terapia del dolore cronico: quali i farmaci e le tecniche utilizzati per alleviare il dolore?
La prima tipologia di terapia del dolore cronico è di tipo farmacologico e si avvale della somministrazione di antinfiammatori (Fans), anticonvulsivanti e antidepressivi. I Fans sono i farmaci che vengono usati per primi per alleviare il dolore, ma possono essere usati esclusivamente per periodi limitati, poiché provocano danni alle vie digerenti e tendono ad aumentare la tolleranza. Gli antidepressivi, invece, vengono usati per dolori cronici di tipo neuropatico, mentre gli anestetici locali agiscono sui nervi periferici e sui neuroni.
Per quanto riguarda le tecniche di terapia fisica per alleviare il dolore, l’irradiazione è una tra le più utilizzate e si basa sulla liberazione di elettroni che hanno un effetto analgesico e antinfiammatorio. Un’alternativa sono i cosiddetti “blocchi”, che si avvicinano alle procedure chirurgiche ambulatoriali e consistono in forme di controllo del dolore. Lo scopo dei blocchi è quello di sopprimere in modo reversibile la trasmissione dell’impulso doloroso in modo tale che non raggiunga la corteccia cerebrale.
Uso di cannabis per alleviare il dolore: sì o no?
Ha fatto molto scalpore ed ha sollevato numerose polemiche la decisione presa dalla Commissione Sanità della regione Toscana presieduta da Marco Remaschi, di approvare la proposta di legge regionale sull’ uso della cannabis per alleviare il dolore nell’ambito della terapia del dolore cronico. Tale provvedimento è stato emanato per fare in modo che tutti i cittadini residenti in Toscana possano utilizzare farmaci cannabinoidi per la cura del dolore, nelle cure palliative e anche in altri campi di trattamento, e la sua approvazione finale verrà presa durante la seduta del Consiglio regionale del 2 maggio.
Ma l’ uso di cannabis per alleviare il dolore è positiva o no? E in Italia qual è la tendenza a tal proposito? In diverse nazioni chi è sottoposto a chemioterapia o ad altri trattamenti simili può assumere farmaci cannabinoidi poiché, come è provato scientificamente, questi medicinali attenuano nausea e vomito e, grazie al loro utilizzo è possibile ridurre in modo significativo l’assunzione di morfina.
La letteratura riguardo l’ uso di cannabis per alleviare il dolore è vastissima e istituti come l’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti e la British Medical Association o il Comitato per la Scienza e la Tecnologia della Camera dei Lord in Gran Bretagna, hanno dato da tempo il loro parere favorevole circa l’utilizzo di farmaci cannabinoidi all’interno della terapia del dolore. In Italia, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla ha effettuato ampi chiarimenti sull’ uso di cannabis per scopi curativi per alleviare il dolore e in alcune regioni è già previsto l’uso e il rimborso da parte del servizio sanitario nazionale.Alleviare il dolore con l’uso di cannabis: qual è la situazione in ltalia?
Nella nostra penisola, l’argomento dell’ uso di cannabis nell’ambito della terapia del dolore cronico è complesso, poiché si presta ai soliti schieramenti da guelfi e ghibellini. È importante sottolineare che i farmaci cannabinoidi con le droghe non c’entrano nulla, poiché si tratta di medicinali da utilizzare sotto controllo di medici competenti e, dato che in Italia vi è la problematica sull’ uso di cannabis per altri fini, è opportuno effettuate maggiori controlli a garanzia di tutti, ovvero sia dei professionisti che la prescrivono, sia dei pazienti che sono controllati.
Riguardo l’ uso di cannabis per alleviare il dolore, Luca Moroni, presidente della Federazione Cure Palliative, che sostiene la Società Italiana di Cure Palliative, ha affermato che “sui farmaci cannabinoidi non posso esprimermi, però sull’uso degli oppioidi ribadiamo che l’Italia è in forte ritardo rispetto al resto d’Europa e nonostante si stia recuperando non riusciremo a metterci in pari in breve tempo. Rispetto all’uso di oppioidi e quindi alla terapia del dolore cronico, le risposte in Italia sono decisamente insoddisfacenti quindi questo vuole dire che esiste una barriera culturale decisamente forte che si sta cercando di colmare.”