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Teresa e le giuste proporzioni.

Da Bibolotty

Teresa e le giuste proporzioni.«Vediamoci al solito bar a mezzoggiorno!»È questo il messaggio che alle quattro del mattino ha illuminato il display e  il buio di una notte serena nonostante il russare della gatta, del cane e del maschio che mi dorme accanto. Teresa non si domanda mai se io abbia per esempio altro da fare! Terry sa che su di me può contare, che i suoi racconti sono linfa vitale, che il suo carattere allegro tanto da risultare a volte molesto, mi mette in buona disposizione verso la vita che, a guardarla da qui, dal mio studio, sembra solo piena di colori, dello stormire delle foglie e dello sciabordio del mare.E mi allontano volentieri da questa quiete assordante per raggiungerla fra le auto e il traffico cittadino.Solito caffè in Via del Babuino.Arrivo come sempre per prima e l’aspetto. Navigo un po’ e mi tengo lontana dalle vetrine: non è il momento giusto per tirar fuori la carta di credito. «Dovevo fare delle compere!»Urla Teresa dall’altra parte del marciapiedi vestita di giallo e nero che sembra un’ape.«Una vespa magari!» ribatte lei, e apre il sottile soprabito per mostrarmi la vita stretta in una cintura che sembra più che altro un busto contenitivo, uno di quelli così amati dai cultori del BDSM.«E pungo anche!»Il ragazzo del bar, il solito, ci saluta con un grande sorriso. È sempre felice di vederci assieme,  sa già che da lì si godrà tutta la scena e ascolterà chiaramente ogni singola parola. Infatti faccio cenno a Terry di abbassare il volume.«Allora?»«Allora niente!» e sorride al ragazzo mentre sceglie i gusti del cono doppia panna.Temporeggia come sempre ma io fremo perché so che ieri sera ha rivisto un tipo, una nuova conquista di “faccialibro”, un’altra icona tragica nella sua collezione di sconfitte e delusioni on line.L’ultimo che ha incontrato l’ha lasciato a bocca asciutta è vero, è scappata e nemmeno l’ha avvertito. Con il tempo Terry si è fatta furba e, per vedere di chi si tratta veramente, nascosta dietro qualcosa, fa partire prima la telefonata.Non sai mai se quella foto che mettono on line è quella del liceo, il solo scatto buono di tutta una vita, o quella del collega più figo che ha.Il tizio in questione, infatti, era qualcosa di più che un mostro. Sicuramente, almeno a detta di Terry, doveva avere anche le mani sudaticce. Come l’ha capito però, rimane un mistero.Insomma temporeggia parlandomi del nuovo flirt e della sua voce calda, della sua cultura, del fatto che ha cinquant’anni ma vuole una relazione stabile e con una over quaranta –perché dice che le ragazzine lo anniano presto-  che non beve ma si fa solo qualche canna, che fa sport e viaggia di continuo, che ha una bell’attico all’Eur e, ciliegina sulla torta, non ha figli e non ne vuole.Mi rilasso. Pare che Terry abbia trovato l’uomo ideale.«Insomma...» sospira lei e alza gli occhi al cielo come una santa.No, non è il caso di cantare vittoria, probabilmente ha preso tempo solo per terminare il gelato.«Insomma?» la incalzo io visto che ormai è arrivata alla punta del cono.«Sai... siamo usciti già tre volte e non ci ha provato!»Allargo gli occhi: ora capisco il motivo di tanto mistero.«Almeno fino a ieri notte!»La guardo ancora e cerco di saperne di più.Lei mi racconta entusiasta dei ristoranti dove l’ha portata a cena, delle parole, tante, che si sono scambiati nell’intimità delle candele prima e della sua auto poi, i racconti della sua infanzia infelice, dei rapporti con le donne, con la madre, con il lavoro eccetera.Terry racconta anche- tutta compresa in quella sofferenza maschile-  che delle donne lui non si fida, che le donne chiedono sempre di più, che lo mettono in difficoltà con richieste assurde e che in realtà, non ha ancora trovato una che lo appaghi veramente.«È bello ...» e guarda fuori dal caffè con aria sognante «è proprio bello...» e tira fuori un sospiro che butta all’aria i menù appoggiati sul tavolino.Io non parlo, in realtà so che mi nasconde qualcosa, che vuole che la incalzi affinché tiri fuori il rospo, che mi dica la verità su questa storia che, a mio avviso, presenta già troppi forse e troppi ma.«Insomma, ieri sera l’ho fatto salire a casa». Ecco, ci siamo.Ci siamo perché alla fine gira e rigira sempre lì si deve arrivare. Ci siamo perché se non c’è l’odore, il sapore e il tatto a confermare che ciò che abbiamo visto ci piace veramente, restano solo le parole. Ci perché comunque dobbiamo preservarci dalle inutili perdite di tempo –soprattutto dopo i quaranta- : almeno un paio di settimane per il consueto scambio di e mail che dalle semplici battute di amicizia si fanno via via più carnali, una settimana almeno di telefonatine serali durante le quali lui, il maschio, dice poco e niente e parli sempre tu, quelle due, tre uscite di rito con tre ore di chiacchiere sotto il portone alle due del mattino e che terminano con il  tiepido e conclusivo –sono stata bene...- che sa di poco, anzi, che sa di niente.«E allora?» e questa volta guardo l’orologio perché si è fatto proprio tardi.«E allora...allora non è proporzionato alla sua altezza!» e arrosice come una bambina.Un’altra fregatura cara Teresa! E questa è anche una brutta fregatura perché poi, anche se a noi può importare poco, anche se siamo così buone di cuore e generose da sorvolare anche su certi...particolari, su certe brevità che contano sì, ma sulle quali noi donne possiamo anche chiudere un occhio, esaltando in lui altre qualità che magari sono più importanti, il maschio in questione, una volta accolto nella casa calda, saprà comunque come farcela pagare. Lo sguardo severo, il dubbio continuo, l’accusa esplicita per chissà quale colpa: forse quella di esistere.

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