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L'aeroporto Charles de Gaulle a tarda sera è ormai quasi deserto, il Terminal Uno è così deliziosamente anni settanta che sembra uscito direttamente da Arancia Meccanica. Quando lo hanno costruito, il generalissimo era ancora vivo e vegeto e questo posto lo chiamavano semplicemente Aéroport Paris Nord. Un edificio moderno e circolare con sette satelliti intorno che si estendono come i tentacoli di una piovra o le zampe di un ragno. Per salire al quarto piano, dove stanno le partenze, si prendono dei nastri trasportatori di gomma che scorrono dentro tubi di plastica a fare da isolamento. Un paesaggio da Odissea nello Spazio, infatti proprio qui ci hanno girarono non pochi film.
Gli arrivi invece stanno al piano terreno. Qui attraccano voli da paesi minori, nomi poco sentiti che provengono da quello che alcuni chiamano terzo mondo. Spesso atterrano in ritardo e sbarcano gente strana, Africani, Arabi, Iraniani, Armeni... Le pareti di vetro smerigliato giocano nascondino con i viaggiatori, ne lasciano intravedere solo le scarpe come in un indovinello. Poi quelle due porte scorrevoli si aprono all'improvviso in un gioco crudele che riporta alla realtà.
Sto sobbalzando da mezzora per ogni femmina che esce e vagamente le assomiglia. Eccone una, alta dalle zampe sottili e lunghe come un trampoliere, una piccoletta zampetta in un impermeabile color crema. Uh, questa porta le ballerine: potrebbe davvero essere lei, oppure quell'altra poco dopo col tacco alto e un bel sedere. Seminascoste in mezzo alla folla degli arrivi, una miriade di donne potrebbero essere lei. Poi escono e questa è troppo bassa, quella troppo grassa, l'altra troppo giovane, e l'altra ancora troppo vecchia. Quella sarebbe giusta, ma è troppo bionda. Eccola la sua bella bocca, ma con gli angoli un po' troppo all'ingiù. I capelli con la coda, quella porta il velo, l'altra un foulard o un berretto all'uncinetto. Quella è una hostess, quello un bambino, quello poi è uno steward, per quanto piccolo e carino. Ma no, questa è nera!
E ci sta troppa gente che si mette in mezzo li davanti, che nasconde la visuale dell'uscita, il gioco di quelle porte scorrevoli. Tutti sembrano doversi fermare proprio al cancello, ci si incollano tutti gkli sguardi nervosi di chi aspetta con impazienza poi, una volta arrivati, ci si dimentica di tutto e si allargano sorrisi, si fa capannello, ci si raccontano le ultime novità da continenti lontani.
(break)
Eccola, stavolta è davvero lei! Scusate devo andare.
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