Terminator Genisys
di Alan Taylor
con Arnold Schwarzenegger, Emilia Clarke, KC Simmons
Usa, 2015
genere, azione, fantascienza
durata, 126'
Oramai è diventata una moda e, a ben vedere, anche la scorciatoia più
immediata per rimediare alla mancanza d'idee da parte delle parti in
causa. Rifare sempre lo stesso film, aggiornandolo quel tanto che basta
per adattarlo agli umori del momento, in fondo è la cosa più semplice, e
permette alle Majors di sostituire i registi con gli executive
producers, in un processo creativo che - come insegna il caso di Paul
Schrader con il suo "Il nemico invisibile" appena arrivato sugli schermi
- ha più a che fare con le strategie di mercato che con le regole
dell'arte. La conquista del botteghino è, non a caso, il fine ultimo di
"Terminator Genisys", ultimo capitolo della saga dedicata
all'indistruttibile Cybor , arrivato dal futuro per determinare le
scelte di Sarah Connor, la donna che darà alla luce il salvatore del
mondo, colui che sarà chiamato a liberarlo dal dominio delle macchine,
sfuggite al controllo dell'uomo, diventato schiavo delle sue stesse
creature. Dicevamo dell'importanza del box office e, di conseguenza,
della necessità di rivitalizzare il principale motivo d'interesse del
progetto, ovvero il minaccioso distruttore interpretato ancora una volta
(e non potrebbe essere altrimenti) da Arnold Schwarzenegger, ritornato
stabilmente al cinema dopo la parentesi politica, e intenzionato a
restarci il più possibile, se è vero che la conclusione del film lascia
pensare a un nuovo corso delle avventure legate al suo personaggio.
Che,
dobbiamo dire, rappresenta, con i cambiamenti legati al suo modus
operandi, la cartina di tornasole dell'evoluzione di una saga costretta
ad abbandonare la drammaturgia delle origini, quelle che faceva del
primo T800 un killer asettico e spietato, e che invece gradualmente ma
in modo inesorabile, è diventato il primo difensore di colei - Sarah
Connor - che era stato chiamato ad uccidere. Legata a ragioni
commerciali e a un brand che per restare competitivo aveva bisogno di
mantenere in vita la sua principale attrazione, la trasformazione,
iniziata nei capitoli precedenti, arriva qui al suo punto di non
ritorno, con il rapporto tra la donna e il Terminator, ripensato dagli
sceneggiatori in una chiave casalinga e famigliare, legittimata non solo
dall'intimità delle dinamiche interpersonali ma anche dall'affettività
degli appellativi utilizzati da Sarah, che ad un certo punto del film
inizierà a rivolgersi al personaggio interpretato da Schwarzenegger
chiamandolo "Papà". Sotto questo profilo "Terminator Genisys"
rappresenta una vera e propria rifondazione, che finisce per
condizionare il film anche dal punto di vista estetico, per la presenza
di una fotografia fatta di colori caldi e di superfici riflettenti -
laddove il prototipo dell'84 aveva una consistenza " opaca e metallica" -
perfettamente coerenti con le caratteristiche del nuovo sodalizio.
Diversamente
la trama non riesce ad andare oltre la sterile esposizione di una
struttura narrativa che, partendo da un futuro lontano e dopo una serie
di tappe intermedie, arriverà al 2017, anno in cui la genesi del male si
chiama Skynet, il network che alla pari del grande fratello orwelliano
progetta di prendere il sopravvento sulle esistenze degli uomini; le
cui sorti dipenderanno appunto dalla capacità dei nostri di opporsi alle
strategie delle perfide macchine. Nulla di nuovo dunque ma neanche di
male, se non fosse che, durante il suo percorso, "Terminator Genisys",
non si lascia indietro nulla, accumulando scontri, confronti, morti e
resurrezioni che fanno il pieno di effetti digitali e di un
sensazionalismo disposto a tutto pur di rimangiarsi l'originale spirito
d'indipendenza della saga, che, ricordiamo, era riuscita a nascondere i
limiti finanziari, lavorando di sottrazione e su situazioni archetipiche
che l'opulenza di quest'ultimo prodotto non riuscirebbe, neanche
volendo, a replicare. D'altronde a fare differenza Alan Taylor neanche
ci prova; basti pensare al modo in cui il regista rende uno dei momenti
topici del film, quello in cui Kyle Reese (il terzo membro della
squadra), in ragione di uno dei tanti paradossi temporali, si ritrova di
fronte a se stesso e ai propri genitori senza riuscire a organizzare
una reazione emotiva che non sia la stessa, sbrigativa e monocorde,
utilizzata dal personaggio in tutte le altre situazioni che la storia
gli propone. Una democrazia da action movie contemporaneo che in fondo
si addice a un prodotto certamente non peggiore di altri, ma che, nella
sostanza, tradisce in qualche modo l'epica della fabula legata alle
vicende di "Terminator".
(pubblicato su ondacinema.it)