Introduzione
Immaginate un territorio ricco di risorse minerarie, dove siano situati tra i più grandi giacimenti di carbone e ferro ma anche grandi quantità di nichel, manganese e uranio. Immaginate se questo territorio non fosse abitato e nessuno stato reclamasse queste risorse. Infine, immaginate se le risorse petrolifere di questo territorio ammontassero a 40 miliardi di barili.
Questo potrebbe forse spiegare l’interesse verso l’Antartide da parte di molti paesi. L’Antartide non è solo questo, però, e basti pensare alla ricerca scientifica che prende luogo in questo territorio. In Antartide, inoltre, esiste una incredibilmente vasta biodiversità – maggiore di quella delle Galapagos1 – e si pensa siano conservati ecosistemi primordiali.
Esclusi i ricercatori scientifici che vivono in basi di diversa nazionalità, pur essendo, con una superficie di circa 14 milioni di chilometri quadrati, il quarto continente della Terra per grandezza, l’Antartide non è abitato da alcuna popolazione umana. A seconda dei periodi più o meno ospitali, i ricercatori in Antartide ammontano tra i mille e i cinquemila. Il turismo in Antartide, nato negli anni sessanta, porta fino a ventimila turisti all’anno. La storia della esplorazione del continente ha inoltre radici molto antiche.
Si è ipotizzata l’esistenza del continente antartico, chiamato Terra Australe o Terra Incognita, sin dall’Antica Grecia. Nel corso dei millenni, personalità come James Cook e Francis Drake partirono alla ricerca del continente senza trovarne traccia, scoraggiati, come molti altri esploratori, dal clima rigido e dalla presenza di iceberg. Dopo la spedizione di James Cook, però, si venne a conoscenza di una ricca fauna nei paraggi del continente non ancora avvistato.
Partirono alla rotta del Circolo Polare Antartico cacciatori di foche e di balene. Non si è certi di chi abbia per primo avvistato il continente né di chi lo abbia per primo esplorato ma tra la fine del Settecento e la fine dell’Ottocento le esplorazioni scientifiche furono una manciata mentre ci furono migliaia di pescatori e cacciatori e la tradizione vuole che siano stati alcuni di loro ad esplorare per primi il territorio.
Infine, nel corso del Novecento, il continente ormai avvistato fu esplorato scientificamente da ricercatori che spesso diedero la vita per l’esplorazione del territorio più inospitale. Il 98% del suo territorio è infatti ricoperto da ghiacci con uno spessore medio di 1600 metri. E’ il luogo più freddo della Terra ma al tempo stesso ha le maggiori riserve di acqua dolce del pianeta.
Dal 1959, l’Antartide è regolato dal Trattato Antartico, il quale vieta le attività militari e minerarie, sostiene la ricerca scientifica e protegge l’ambiente antartico2.
Il meridiano di Greenwich divide l’Antartide in due parti: l’Antartide Maggiore, cioè la parte a est del meridiano, e l’Antartide Minore, cioè la parte ad ovest che comprende la penisola Antartica.
In Antartide non esistono fusi orari. Nelle stazioni di ricerca si usa l’ora della madrepatria: capita quindi che tra due basi vicine si possa riscontrare una grossa differenza di orario. Altrimenti, i ricercatori possono usare il fuso orario della Nuova Zelanda o del Sud America o, convenzionalmente, comunicare con l’esterno usando l’ora di Greenwich.
Infatti, costruire dei campi in cui portare avanti la ricerca scientifica è una delle condizioni da soddisfare per ottenere lo status di parte consultiva.
Il Trattato Antartico
Il Trattato Antartico, detto anche Trattato di Washington, è solo una delle componenti del cosiddetto Sistema Antartico, il quale inoltre prevede il Protocollo di Madrid del 1991 sulla protezione Ambientale, la Convenzione di Londra del 1972 sulla Protezione delle Foche Antartiche, la Convenzione di Canberra del 1980 per la Conservazione delle Risorse Marine e infine la Convenzione di Wellington del 1988 per la Gestione delle Attività Minerarie. Fanno inoltre parte del Sistema Antartico le raccomandazioni adottate durante le Riunioni delle Parti Consultive.
Il Trattato Antartico costituisce la base giuridica per tutto il continente antartico. E’ stato firmato a Washington il primo dicembre 1959 ed è entrato in vigore il 23 giugno 1961. L’Italia ha aderito il 18 marzo del 1981. Il trattato pone dei principi guida per la gestione delle risorse del continente e delinea la disciplina normativa del territorio. Sancisce altresì la libertà della ricerca scientifica a scopo pacifico, auspica la cooperazione internazionale attraverso un costante scambio di informazioni e di personale scientifico tra le diverse basi.
Vieta ogni attività a carattere militare, esercitazioni che comportino esplosioni nucleari e il deposito di materiale radioattivo. Con lo scopo di preservare un utilizzo pacifico del continente, il trattato congela le pretese di sovranità territoriale nel continente.
Al Trattato Antartico hanno aderito 45 paesi. Tra questi, 27 sono definiti Parti Consultive3, cioè “aventi diritto di voto, potere decisionale vincolante all’unanimità e controllo sull’osservanza del trattato – tale status è aperto a tutte le parti che, avendo dimostrato un particolare interesse verso la materia del trattato, svolgano concrete attività di ricerca in Antartide“4. I restanti 18 sono considerati Parti Contraenti5, cioè paesi che non svolgono alcuna attività in Antartide.
L’unico organo previsto dal trattato è l’Assemblea che ha come funzioni lo scambio di informazioni, la formulazione e l’adozione di raccomandazioni e la vigilanza sul rispetto dei principi del trattato. Le raccomandazioni dell’Assemblea per divenire efficaci sul piano interno necessitano di una successiva approvazione da parte dei governi. Tali raccomandazioni possono essere relative alla giurisdizione, alla cooperazione, all’esercizio dei diritti di ispezione e alla ricerca scientifica. In seno all’Assemblea, solo le Parti Consultive esercitano il diritto di voto6.
Controversie territoriali
Il Trattato Antartico è nato in piena Guerra Fredda, di fronte sia a rivendicazioni concorrenti di sovranità territoriale (Gran Bretagna, Argentina, Cile), sia di fronte al rischio di una lotta tra Stati Uniti e Unione Sovietica per il suo territorio. Con il trattato, le rivendicazioni territoriali sono congelate, cioè non risolte ma lasciate sospese. Sette dei dodici stati che hanno originariamente aderito al trattato (Argentina, Australia, Cile, Francia, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito), non hanno rinunciato a rivendicare “sovranità” bensì a manifestare interesse su alcuni settori del continente.
Nello stesso contesto, gli Stati Uniti e la Russia hanno riconosciuto di non rivendicare nessun territorio aderendo al trattato. Oltre a questi paesi c’erano il Giappone, il Sud-Africa e il Belgio che mostravano anche loro un forte interesse per l’Antartide. Oggi gli stati contraenti sono oltre quaranta.
Lo stesso Trattato non solo non prevede la rinuncia alla rivendicazioni avanzate in precedenza ma nemmeno vincola i paesi non firmatari.
I primi ad avanzare una rivendicazione ufficiale furono gli Inglesi nel 1908; seguirono Nuova Zelanda (1923), Francia (1924), Australia (1933), Norvegia (1939; già nel 1929 aveva rivendicato la sovranità sull’isola di Pietro I), Cile (1940) e Argentina (1942). Stati Uniti, Russia, Perù, Sud Africa e Spagna hanno firmato il Trattato riservandosi la facoltà di avanzare egualmente rivendicazioni di sovranità.
Attualmente, sette nazioni rivendicano dei territori ma manifestano queste rivendicazioni soltanto ed eventualmente ponendo le loro basi scientifiche nei territori rivendicati.
L’Argentina rivendica dal 1943 l’Antartide Argentina, da 25° Ovest a 74° Ovest. Il Cile rivendica dal 1940 il Territorio Cileno Antartico che va da 53° Ovest a 90° Ovest. La Gran Bretagna rivendica dal 1908 il Territorio Britannico Antartico, che va da 20° Ovest a 80° Ovest, sovrapponendosi alle rivendicazioni argentine e cilene.
L’Australia rivendica dal 1933 i territori da 160° Est a 142° Est e da 136° Est a 45° Est. La Francia rivendica dal 1924 la Terre Adelie che si estende da 142° Est a 136° Est.
La Nuova Zelanda rivendica dal 1923 la Terra di Ross, da 150° Ovest a 160° Est e la Norvegia rivendica dal 1938 la Terra della regina Maud, da 45° Est a 20° Ovest, e l’Isola Pietro I°.
Anche Perù, Russia, Spagna, Stati Uniti e Sudafrica hanno anche avanzato rivendicazioni territoriali.
Finché il trattato sarà valido queste rivendicazioni resteranno sospese. Le rivendicazioni sono riconosciute solo dalle nazioni stesse che le hanno fatte, nonostante appaiano su diverse mappe. Nessun territorio rivendicato ha una popolazione indigena. Tutti i territori rivendicati eccetto l’Isola di Pietro I hanno confini stabiliti mediante gradi di longitudine.
Per quanto riguarda la latitudine il confine settentrionale è stato stabilito al 60º parallelo sud, che non taglia nessuna terra ed è anche il limite settentrionale del Trattato Antartico. Il confine meridionale di tutti i settori è il Polo Sud, eccetto che per il settore norvegese: la rivendicazione originale del 1930 non specifica nessun confine settentrionale e meridionale.
Infine, il Brasile, dal 1986 ha dichiarato zona d’interesse il territorio da 28° Ovest a 53° Ovest, sovrapponendosi alle rivendicazioni argentine e britanniche, ma ha anche proposto di delimitare i territori usando i meridiani secondo uno schema che darebbe anche al Brasile stesso dei territori.
Regno Unito, Francia, Australia, Nuova Zelanda e Norvegia riconoscono tutte le rivendicazioni che non si sovrappongono escludendo cioè quelle di Cile e Argentina. Isole Orcadi Meridionali sono nel territorio rivendicato dall’Argentina e dal Regno Unito; le Isole Shetland Meridionali invece sono nel territorio rivendicato da Argentina, Cile Regno Unito.
Conclusioni
Si è di fronte a un continente che si basa giuridicamente solo su un trattato che però non ha potere sulle nazioni che non lo hanno firmato. Il trattato non affronta le precedenti rivendicazioni, solo né vieta di future.
Il trattato può essere modificato e dà potere di voto alle nazioni che portano avanti la ricerca scientifica. Edificare una base di ricerca, nel territorio rivendicato, potrebbe essere visto come un modo di marcare il proprio territorio e al tempo stesso avvicinarsi sempre più al diritto di voto.
I territori reclamati, tutti disabitati, nella maggior parte dei casi potrebbero essere assegnati senza controversie ai paesi che li rivendicano, a patto che continuino ad usarli secondo i principi che hanno ispirato il Trattato Antartico.
Resterebbe solo un territorio conteso dal Cile, dall’Argentina e dal Regno Unito, quando non anche dal Brasile. La risoluzione di questa controversia, già esistente prima del Trattato Antartico e mai sciolta, resta un obiettivo lasciato in sospeso, forse sperando che col passare degli anni il problema si possa risolvere da solo con la rinuncia da parte di uno o più paesi. Queste nazioni, però, non sembrano voler rinunciare alle loro rivendicazioni (ed hanno, invece, già pronta la bandiera ufficiale da dare a questi territori).
In realtà, l’Antartide è pieno di risorse.
Risorse difficilissime da estrarre a causa dell’inospitalità del continente. In futuro, però, se altre risorse mondiali dovessero esaurirsi come previsto e se non si arrivasse a sostituirle, allora il mercato finirebbe per rivolgere le proprie attenzioni proprio a queste ultime risorse. I prezzi si alzerebbero tanto da consentirne le spese di estrazione persino in questi territori. L’Antartide diverrebbe ancora più ambito. Oltre alle terre, però, ci sono anche altri interessi: le risorse che si celano sui fondali dell’oceano e la pesca (risorsa economica forse finora sottovalutata).
L’International Law of The Sea consente l’estensione della piattaforma continentale fino a 350 miglia dalle coste, concedendole in sostanza a chi riuscirà ad ottenere le zone contese. Anche in questo caso, il Trattato Antartico non affronta la questione (ma la rimanda alle decisioni dell’International Law of The Sea).
Presto o tardi, uno dei trattati più illuminati del pianeta dovrà essere riscritto.