Roma, Animal 21.
I semi gettati durante la prima edizione – di ormai diversi mesi fa – del Terracava hanno dato i loro primi (e si spera non ultimi) frutti il 23 luglio. Difficile potesse essere altrimenti per l’evento messo su dalle Mura Di Suono di – tra gli altri – Marco Bonini (uBiK/ACRE/Mamavegas), organizzazione presente sul suolo romano nell’ambito live (Luminance Ratio, Alberto Boccardi, Fabio Perletta, Maesia, Cris X e molti altri), nata con l’intento di esplorare le profondità di quell’underground elettronico autoctono di estrazione sperimentale (glitch, elettroacustica, minimal, downtempo). Non a caso, al fianco di Mura Di Suono troviamo la Nephogram di Franz Rosati, che così tenta di dare un seguito ancora più tangibile all’impegno preso con la sua etichetta e con le sue varie collaborazioni, come ad esempio quella con l’AIPS (e non lo diciamo solo perché quella sera era presente al banchetto dischi la compilation della Oak curata da noi).
Divisa tra palco all’aperto per le esibizioni dal vivo (introdotte da Caesar Orree) e balera da giungla techno-metropolita all’interno (conclusione affidata al dj set di SLM e TDM), la location dell’ Animal 21 si è dimostrata adatta al clima e alla disergia tipicamente estiva di questa nuova edizione (ribattezzata “Oberon”), meno corposa (è pur sempre estate), ma non per questo meno interessante.
Non c’è bisogno di dilungarsi su un evento oltretutto al quale abbiamo creduto da subito, facendo da media partner. Ci affidiamo invece ai nomi coinvolti, di sicuro non nuovi alla maggior parte dei partecipanti (l’affluenza è stata più che buona), come il one man (quiet) ensemble Fabio Di Salvo (Teiuq), capace di ricreare un collage variopinto dai colori accesi e dal timbro esotico. Chi ha voluto può averci risentito l’Amon Tobin dei passaggi più trasognati di Isam o le astrazioni del primo Obsil.
UBiK (Marco Bonini) è stato il seguito. Più ambient, ma sarebbe riduttivo descrivere così la sua musica. Partendo da chitarra, laptop ed effetti, ci porta verso paesaggi dove nessuna strada rimane preclusa. Ascoltandolo si finisce per vagare su sentieri in continua diramazione tra drone, noise e strozzature melodiche.
Le due esibizioni finali sono nel segno dell’audio-visual. Franz Rosati, che poi ha prestato i suoi data-graffiti per le elettro-pulsazioni dell’esibizione di Rocco Cavalera, ammassa sul caos visivo suoni che sembra vogliano sgretolare e far collassare le immagini solo per riportarle a nuova vita (vorrà dire questo Ruins?). Gli affluenti delle acque inquinate di Mai Mai Mai, dal canto loro, danno vita invece a sequenze segmentate, che trascinano da Theta a Delta per melme e brume, per beat e per drone.
Se underground significa anche documentare e Terracava significa esplorare al di sotto del “conosciuto” e del “convenzionale”, noi con piacere sia raccontiamo sia lasciamo che i fischi e i rimbombi di questa pentola a pressione facciano i loro effetti benefici.
Osare per credere.
Grazie a Valentina Pascarella per le foto.