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"Terraferma" di Emanuele Crialese

Creato il 27 ottobre 2011 da Marianna06

Il bellissimo film di Emanuele Crialese, che è stato presentato, quest'anno appunto, alla Mostra del Cinema di Venezia insieme con  quelli non meno validi di Olmi e  di Paterno, merita tutta la nostra attenzione.

E quindi, in breve, d'essere visto.

Perchè?

Perché la chiave di lettura del film di Crialese è diversa.

Non c'è la solita trita  quanto sterile polemica contro un Paese,l'Italia, che con la sua classe politica ultimamente ha perso di vista, nei fatti,  e  da un pezzo anche, il valore della solidarietà.

C'è invece molto di più.

C'è la conferma che la gente comune  sovente non s'identifica con i propri governanti ed è capace di surclassarli in termini di accoglienza e di aiuto.  E volendo  anche con il compiere atti che la legge può bollare come gesti di disobbedienza.

 E, magari, anche senza fare troppi distinguo, a livello giuridico, su ciò che può essere fatto e ciò che non può.

Incosciamente.

Perché "umano".

La storia di "Terraferma" è semplice.

In un'isola del nostro Mediterraneo, non importa quale(la ricerca di approdi per chi fugge dalla fame, dalla guerra, dal tiranno può essere ovunque), arrivano naufraghi degli immigrati. 

E con essi c'è  una donna incinta.

L'accoglienza alla donna viene fatta dalla famiglia di un anziano pescatore locale, che molto presto smetterà ,a causa degli anni, di andare per mare.

A farlo, a continuare cioé il mestiere di pescatore, dovrebbe essere il nipote, che ha vent'anni ma che, come tutti i giovani, ha  ovviamente ben altre aspirazioni.

Tipo fare soldi e, possibilmente, senza una vita rischiosa, che a suo padre è costata la pelle.

Centro del racconto è tuttavia l'amicizia che s'instaura tra la donna venuta dal mare e la madre del giovane e nuora del vecchio pescatore.

L'isolana, vedova da tempo, fin dalle prime battute  palesa ch'ella vuole andare via dall'isola, che avverte ormai  come un limite e una insopportabile prigione.

Qualcosa però cambia e decisamente in meglio, quasi un miracolo, quando l'africana ,venuta dal mare, partorisce e mette al mondo una splendida creatura.

Ed è qui la chiave di volta.

L'amicizia fra le due donne, che si cementa su solide basi comuni,da donna a donna(noi diremmo), e ancor meglio da donne "capaci di dare la vita" , finisce con il far dimenticare alla vedova quella "voglia" di fuggire, di andare lontano.

E tutte le cose nell'isola, anche le più insignificanti, diventano "cose buone".

S'impara insomma a fronteggiare insieme tutte le emergenze.

Ed è vitalizzante in tempi "grigi" come i nostri.

 Perchè nessuno, quale che sia il colore della sua pelle, la sua provenienza o la sua cultura, può sottrarsi alle sfide che l'esistenza pone in quanto uomini e donne nel mondo e per il mondo.

Bravissimi ovviamente tutti gli attori, a partire dal superlativo Giuseppe Fiorello, nel ruolo dello zio ricco, che affascina il nipote, che ne vorrebbe seguire le orme, a Mimmo Cuticchio, il nonno.

Il ruolo di Sara, la "principessa" venuta dal mare con il suo dono, invece il regista lo ha assegnato, e con mano davvero felice, a Timnit, una giovane donna eritrea, realmente sopravvissuta ad un naufragio, proprio  a Lampedusa nel 2009, di cui i giornali di quell'anno parlarono a lungo.

 

   A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

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