Il Museo del Design 1880-1980, ideato da Raffaello Biagetti raggruppa una delle collezioni più importanti d'Europa e racconta l'alba e l'evoluzione del design come fenomeno culturale e sociale nato nel secolo scorso. Un percorso tra opere e oggetti iconici che hanno contraddistinto le avanguardie europee da Anton Gaudì a Ettore Sottsass. Con grande orgoglio ho accettato l'invito del regista Marco Poma a essere parte di un nuovo progetto, commentando in un breve video di approfondimento un pezzo, parte dell'esposizione. E così, ho deciso di parlare dell'architetto Giuseppe Terragni e della sua sedia Lariana.
La mia scelta è mossa da una certa passione, quando frequentavo la facoltà di Architettura al Politecnico di Milano ricordo che ero fortemente attratto dagli architetti del movimento razionalista, in particolar modo quelli del razionalismo italiano. Tra i tanti, Giuseppe Terragni mi colpiva sia per la produzione architettonica e di arredi sia per il suo essere sovversivo rispetto al contesto nel quale si trovava ad operare. E dopo qualche anno lo ritrovo qui al Museo del Design 1880-1980 di Milano
Ma per meglio comprendere il significato e il valore dell'oggetto che ho scelto è forse utile fare un balzo all'indietro e uscire dai confini del paese. Siamo nel 1919 in una Germania in piena crisi e Walter Gropius fonda a Weimar la Bauhaus, scuola d'architettura e di arte applicata soppressa poi dai nazisti nel '33. La più originale scuola di tutti i tempi, dove la pedagogia formale incontrava lo studio di materiali da applicare nella progettazione. Un vero e proprio manifesto d'avanguardia che incubava una cultura industriale volta a dare una risposta alle contraddittorie questioni sociali dell'epoca. Il suo personale modo di essere pragmatico lo rendeva diverso da altri padri fondatori del modernismo, Per fare un esempio, Le Crorbusier, con la sua idea di razionalismo, pensava di risolvere ogni problema, Gropius dal suo canto, pensava invece di risolvere quelli dell'esistenza quotidiana.
Senza dubbio, un esperimento innovativo che ha coinvolto artisti di diverse discipline come Klee, Rietweld, Kandisky, Van Der Rohe e che ha avuto un ruolo importante con i suoi impulsi decisivi che si disseminavano all'interno delle scuole europee. E così anche in Italia, un gruppo di architetti si dimostrava ricettivo nei confronti degli insegnamenti della Bauhaus. Tra questi Giuseppe Terragni, prendeva come riferimento Marcel Breuer, il primo ad utilizzare il tubolare d'acciaio, materiale innovativo per quel tempo e utilizzato fino a quel momento per la produzione di biciclette. Per lui l'essenza era nella ricerca di soluzioni pratiche, velocità, leggerezza e possibilità di standardizzazione dei componenti, valori che, se ci pensiamo, sono ancora molto attuali. Sarà forse per questo che l'imprenditore Dino Gavina decise di rieditare negli anni '60 una serie di suoi mobili.
Il pensiero che ogni speranza trovasse fondamento nei processi della ragione fece si che in Terragni si alimentasse l'idea di integrazione tra disegno dello spazio e disegno dell'oggetto, per sintetizzare, architettura e arredo; gli esempi della Casa del Fascio e dell' asilo Sant'Elia sono significativi. Non si può pensare a un edificio di Terragni senza arredamento che diventa un componente fondamentale perfettamente integrato al contesto per il quale viene pensato e nel quale viene inserito.
Proprio per la Casa del Fascio progettata tra il 32 e il 36 Giuseppe Terragni pensa alla sedia Lariana. Con la sua idea razionalista della trasparenza, quasi di una casa di vetro, si lascia ispirare dalla sedia S di Mart Stam e nel '36 disegna una seduta organica ed ergonomica sviluppando una struttura continua in tubolare d'acciaio curvato dove stacca in modo evidente lo schienale dalla seduta e lavora sull'elasticità con un accenno al comfort.
Anche in questo aspetto emerge il suo spirito sovversivo rispetto ai dettami che a quel tempo imponevano rigidità e compostezza durante le ore lavorative. Diverse le versioni, com schienale alto o basso e seduta in legno di faggio verniciati naturale oppure rivestiti con leggere imbottiture. In un certo senso il preludio a una più manifesta comodità che ritroviamo in quella che definisco la gemella eterozigote, la Poltroncina Sant'Elia, destinata agli uffici del direttorio dell'omonimo asilo, dove il tubolare di acciaio si estende nella sua sinuosità per supportare i braccioli. Terragni pensa a una soluzione decisamente più orientata al design ponendosi l'obiettivo di realizzare una nuova tipologia di arredi mai esistita prima di allora dove l'intuizione e l'aspetto innovativo riconducono l'oggetto a una più classica familiarità.
Spesso la lungimiranza di alcuni diventa il patrimonio di tutti nel tempo. Così, come avvenne con Cassina e la collezione LC di Le Corbusier, anche Aurelio Zanotta insieme a Michele Provinciali iniziò dal 1965 a riprodurre i mobili di Giuseppe Terragni a più riprese e con diverse sperimentazioni su materiali e colori, dando così il via ad una serie di riedizioni destinate a diventare un successo. L'avventura della sedia Lariana nell'universo Zanotta ebbe inizio nel 1971 e rimase in produzione fino al 1995.
Il cortometraggio con il mio contributo sarà inserito nella programmazione del Piccolo Cinema, un'idea di Alessandro Guerriero che trova spazio all'interno del museo, dove tutti i giorni il viaggio dei visitatori è arricchito dalle storie dei protagonisti della collezione e dalle voci di testimoni diretti ed esperti tra le quali, tra qualche giorno, si potrà sentire anche la mia.
Indubbiamente un post che si discosta da quelli precedenti, immagini d'archivio, alcune un po' sgranate e un racconto che riproduce fedelmente quanto ho voluto raccontare al Museo del Design 1880-1980, circondato da opere che hanno superato il tempo in cui sono state progettate e realizzate e che trasmettono ancora oggi valori moderni e aggiornati. Concludo con una frase scritta a caratteri cubitali da Alessandro Mendini all'ingresso, più che un invito. Funk Design vi aspetta la settimana prossima. Stay Tuned!