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Terremostime

Da Gianluca Dotti @Gianluca_Dotti

Tectonic_plates_(empty).svgSaremo mai in grado di impedire i terremoti? Non sto dicendo di prevedere le scosse o di avere edifici antisismici che non si danneggiano, sto proprio pensando al bloccare gli eventi sismici sul nascere, a fermare le placche tettoniche mantenendole ancorate l’una all’altra.

Colpito da un altro dei miei irresistibili attacchi di curiosità, in un weekend di fredda clausura domestica, mi accingo a proporre una valutazione del problema.

Come possiamo immaginare la Terra? Come un puzzle di placche tettoniche che navigano su un caldo mare di lava, scontrandosi di tanto in tanto. Come prima cosa, possiamo stimare l’energia cinetica di queste placche, ovvero l’energia che deriva dal loro lento e costante movimento.

Gli unici ingredienti di cui abbiamo bisogno per valutare l’energia cinetica di un qualunque corpo in moto sono la sua massa e la sua velocità. Ho deciso di cominciare facendo una sovrastima di entrambe le grandezze nel caso di una placca tettonica.

Consideriamo quindi la placca pacifica, che è la più estesa e la più veloce. La sua massa sarà data dal prodotto del volume per la densità, e a sua volta il volume sarà dato dal prodotto della sua superficie per la sua profondità. Ecco che il problema si complica un po’.

Possiamo prendere l’estensione della superficie direttamente da Wikipedia, ottenendo un valore di circa 103 milioni di chilometri quadrati, ovvero circa 1014m2. Come profondità, ovvero spessore della placca, consideriamo un valore di 40km, ovvero 4 104m, leggermente superiore alle attuali stime geologiche. Il volume della placca sarà quindi 4 1018m3. Numeri da capogiro, poco meno del volume della luna. Rimane il problema della densità: la composizione della crosta terrestre varia con la profondità, quindi i più arditi potrebbero anche considerare di fare complicati calcoli integrali, ma ci possiamo accontentare di un valore medio. I geologi suggeriscono un valore medio di 2,7 g/cm3, ma nell’ottica della sovrastima utilizziamo il valore massimo, che arriva a toccare i 3,3 g/cm3. (Si potrebbe utilizzare anche la densità media della terra, quindi 5,5 g/cm3, ma mi pare eccessivo visto che i valori delle densità sono stati approfonditamente studiati.) I più pignoli ora si lamenteranno dell’espressione della densità in c.g.s.: accontentiamo tutti e scriviamo 3300 kg/m3, così i calcoli successivi sono immediati, e tutto è espresso rigorosamente secondo le norme del Sistema Internazionale. A questo punto la massa che si ricava è 1,3 1022kg. Manca solo la velocità della placca, che possiamo sovrastimare in 10 centimetri all’anno, sì sì – certo -  si dice 3,2 10-9m/s. Ora procediamo rapidamente al calcolo dell’energia cinetica, data dal prodotto della massa per il quadrato della velocità, diviso 2. Il “celeberrimo” ½mv2, direte voi. Si ottiene 6,6 104J.

Ora, da solo questo numero non ci dice molto, è il caso di confrontarlo con qualcosa di più vicino alla quotidianità. Prendiamo un rinoceronte di 3 tonnellate che carica a  40km/h: facendo lo stesso conto si ricava un’energia cinetica di 1,85 105J, circa il doppio di quella sovrastimata per una placca continentale. Se si trattasse solo di energia cinetica, fermare le placche continentali sarebbe più semplice di fermare un rinoceronte, anche perché il rinoceronte si muove in fretta mentre le placche sono (quasi) ferme e ci consentirebbero di lavorare con calma.

Purtroppo non si tratta solo di energia cinetica, per almeno un paio di buoni motivi. Il primo è che i ragionamenti in termini di energia cinetica sono leciti solo quando si trattano processi elastici, ovvero che non creino deformazioni nei corpi. Quello su cui è sempre possibile ragionare, in assenza o in presenza di deformazioni, è un’altra grandezza: la quantità di moto. Anche lei dipende dalla massa e dalla velocità dei corpi, ma ne è semplicemente il prodotto.

La domanda più che lecita a questo punto è: perché l’energia cinetica non va bene e la quantità di moto sì? La questione non è banale, ma potremmo dire che la quantità di moto è la grandezza fisica legata alla forza. E, ovviamente, quello che ci interessa per fermare le placche continentali è la forza che dovremmo esercitare. Per i più curiosi, si tratta della formulazione differenziale della seconda legge della dinamica, ma è meglio tralasciare i dettagli.

Questa volta facciamo una sottostima della quantità di moto di una placca tettonica: consideriamo una superficie di 10 milioni di chilometri quadrati, uno spessore di 10 km, una densità di 2,7 g/cm3 e una velocità di 1 cm/anno. Si ottiene una quantità di moto di 8,5 1010kg m/ s.

Il rinoceronte di prima, tanto per intenderci, avrebbe una quantità di moto di 3,3 104kg m/s. Questo significa che per fermare solo la più piccola e lenta delle placche tettoniche dovremmo confrontarci con qualcosa di paragonabile a qualche milione di rinoceronti inferociti. E questi milioni diventerebbero miliardi se usassimo i dati della placca pacifica.

Preferite esprime la quantità di moto in unità di Boeing 737 a pieno carico e alla massima velocità? Ne dovremo prendere almeno cinquemila per le placche più leggere, qualche milione per quelle più grandi.

Ora che la mia implacabile curiosità sembra ormai soddisfatta, mi pare di poter concludere che fermare le placche tettoniche non sarà semplice. Anche perché non si è parlato qui delle questioni tecniche e ingegneristiche, almeno altrettanto problematiche. Ma anche solo partendo da principi primi, la realizzazione di bulloni intercontinentali sembra piuttosto complessa.

Permettetemi solo un paio di considerazioni conclusive.

Prima di tutto non è corretto parlare di quantità di moto lineare per le placche tettoniche, ma piuttosto dovremmo trattare di momento angolare, essendo la terra un sistema a simmetria sferica. Oggi non ho proprio il tempo di approfondire la questione, ma tornerò volentieri sull’argomento.

Last but not least, pare che ormai a tutti sia giunta voce che i terremoti non possano essere previsti, almeno con l’attuale livello di conoscenze geologiche. Forse però non tutti hanno riflettuto sul fatto che non è il terremoto, di per sé, ad essere pericoloso per l’uomo. Il pericolo deriva dalle opere artificiali nelle quali ci troviamo, che sono concepite soprattutto per rimanere ferme. Questo credo sia un aspetto spesso sottovalutato al momento di costruire, perché si tende a pensare alla crosta terrestre come un luogo fermo immobile. Pensiero, evidentemente, sbagliato.


Filed under: La ridente bassa modenese, Se la vogliamo chiamare scienza Tagged: emilia, equazioni differenziali, fisici, placca, scossa, stima, terremoto, tettonica

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