Gianluca Valensise, sismologo e dirigente di ricerca dell’Ingv, ha detto che “la scossa s’è verificata in una zona sismica attiva che prima si conosceva meno ma adesso è monitorata molto bene. Lì ci sono molti terremoti strumentali che la gente non sente, questo è stato più forte, quindi è stato avvertito. La profondità di oltre 48km è un po' insolita perchè in quella zona solitamente le scosse sono più superficiali, ed è stato avvertito in modo significativo rispetto a una tale profondità, ma aspettiamo di vedere se su questo dato c’è qualche aggiustamento. Al momento non si può sapere se si è trattato o meno di una scossa isolata. Lo speriamo, nel senso che speriamo non se ne verifichino altre, ma non possiamo metterci la mano sul fuoco. Dal punto di vista geodinamico è una zona ben identificata, con la subduzione dello Jonio verso il Tirreno, ed è collegata con l’evoluzione a grande scala di tutto l’arco Calabro, una struttura che va da Milazzo, dai Peloritani, fino al cosentino. Quindi, in sostanza, non è una scossa che ci sorprende proprio perchè si verifica in una nota zona sismica attiva". FONTE: meteoweb.eu
Nei giorni scorsi, i sismografi sempre attivi nella zona del vulcano siciliano hanno infatti registrato molti movimenti tellurici, circa 40 scosse registrate nella sola notte dle 27 giugno nel Catanese, di cui 6 con magnitudo superiore a 2.0. La più forte è stata di magnitudo 3.2, secondo l’analisi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania. Cosa starebbe accandedo dunque nei condotti magmatici interni al vulcano? Si è parlato di un'attività di "ricarica" di energia dell’Etna: i sismi, che non hanno provocato danni a cose o persone, hanno avuto ipocentri compresi tra i 5 e i 6,2 chilometri di profondità ed epicentri in prossimità dei comuni di Giarre, Milo, Sant’Alfio, Santa Venerina e Zafferanea Etnea, paesi dove gli eventi sono stati avvertiti.
Secondo l’Ingv, i terremoti sono collegati ad una nuova fase dell’attività dell’Etna che da maggio scorso ha cambiato "decorso", rallentando nel tempo le eruzioni-lampo. Probabilmente, ipotizzano gli esperti, il vulcano attivo più alto d’Europa si prepara a una nuova fase di attività diversa dalle precedenti.
Il direttore della Sezione di Catania dell’Ingv, il dott. Domenico Patanè, spiega: l’attività eruttiva dell’Etna iniziata nel gennaio 2011 dal cratere a pozzo, che si era aperto nel novembre 2009 alla base del cono sommitale del Cratere di Sud-Est, è proseguita nel 2012 con 7 nuovi eventi parossistici il 5 gennaio, il 9 febbraio, il 4 e il 18 marzo, l’1, il 12 e il 24 aprile, formando un nuovo e imponente cono denominato Nuovo Cratere di Sud Est.
Ancora oggi, come per i terremoti, non è possibile fare la previsione di una eruzione nel senso deterministico del termine. Pertanto, quando si parla di previsione di una eruzione si deve intendere una previsione probabilistica, che definisce la probabilità che un evento eruttivo di una certa tipologia e grandezza possa verificarsi in un determinato arco di tempo. Pertanto, quanto oggi siamo in grado di rilevare in maniera chiara, grazie al complesso sistema di monitoraggio multi-parametrico installato sull’Etna e all’attività di sorveglianza H24 svolta presso la Sala Operativa dell’Osservatorio Etneo, è un cambiamento dello stato di attività del vulcano e sulla base delle variazioni osservate nei parametri monitorati e delle conoscenze acquisite sui fenomeni eruttivi che si sono verificati all’Etna a partire dalla fine degli anni 90. Allo stato attuale delle informazioni in possesso degli studiosi, insomma, oggi è possibile fare delle previsioni di tipo probabilistico e definire scenari eruttivi verosimili.
Si ritiene che allo stato attuale il vulcano, trovandosi in uno stato metastabile, possa riprendere la sua attività eruttiva con le stesse modalità recentemente mostrate, ovvero con eventi di tipo parossistico di fontane di lava. Tale tipo di attività, come già verificato in occasione dei precedenti episodi parossistici, sarebbe preannunciata in una prima fase da un’attività stromboliana (giorni/ore prima) e successivamente da variazioni nelle localizzazioni del tremore vulcanico che preannunciano la migrazione del magma verso la superficie (diverse ore prima) e l’innesco dell’attività parossistica.
Al momento non c’è alcun segnale che potrebbe far pensare ad un evento parossistico di intensità maggiore rispetto a quelli finora registrati, anzi sembrerebbe, allo stato attuale, che il vulcano voglia ripetersi nelle sue manifestazioni eruttive periodiche, caratterizzate da un’energia più o meno comparabile. Tuttavia, bisogna tenere sempre in debita considerazione eventuali variazioni repentine che potrebbero registrarsi anche settimane/giorni prima di una ripresa dell’attività eruttiva e, soprattutto, il lungo periodo di ricarica che il sistema magmatico ha subito a partire dal 2009 senza che si sia prodotta una rilevante attività eruttiva“.
Non ci deve stupire che l’attività vulcanica possa essere messa in relazione anche con l’attività di grandi terremoti visto che ambedue le fenomenologia rispecchiano la dinamica del sistema Terra.
Ad esempio, nel 2010 abbiamo fatto uno studio sulla possibile relazione tra grandi terremoti e l’attività eruttiva dell’Etna. In diverse occasioni siamo riusciti a riscontrare come il passaggio delle onde sismiche generate dai grandi terremoti, anche distanti, possano influenzare il sistema vulcanico. In tali occasioni, è la parte gassosa dei fluidi magmatici che viene in qualche misura sollecitata dal passaggio di queste onde, che generano dei piccoli “sforzi dinamici” che possono anche portare ad una accelerazione del processo eruttivo.
Relativamente a quanto sta accadendo nel Mediterraneo e in particolare in Italia, con l’intensa sequenza sismica in Emilia, anche se è difficile stabilire una stretta relazione con l’attività dell’Etna, tutto ciò può anche essere ricondotto a processi geodinamici a carattere regionale e queste dinamiche possono riflettersi anche sui vulcani, che non sono altro che delle finestre aperte sull’interno della Terra e possono rispondere a processi a più ampia scala.
Ad esempio quanto accaduto negli anni 2002-2003 con il succedersi in un breve arco spazio-temporale del terremoto di Palermo di magnitudo 5.6 (6 Settembre), dell’eruzione dell’Etna (iniziata il 27 ottobre), del terremoto di San Giuliano di Puglia di magnitudo 5.4 (29 ottobre), dell’attività di Panarea (2 novembre), dell’eruzione dello Stromboli (iniziata il 28 Dicembre), non può essere considerato una casualità, anche se ancor oggi non è possibile dare una spiegazione scientifica univoca. Questo breve ciclo probabilmente si concluse nel maggio 2003 con il terremoto di magnitudo 6.7 in Algeria.
Ma forse, non è dell'Etna che dobbiamo preoccuparci, quanto di un altro vulcano, definito "addormentato", ma pronto a risvegliarsi da un momento all'altro, e con effetti, se possibile, ancora più devastanti.
FONTE: METEOWEB.EU