Possono ritenersi i tecnici come responsabili, e quindi colpevoli, di un grave evento sismico? E’ questa la domanda che si pongono i professionisti tecnici e gli scienziati nelle ultime ore, a seguito della sentenza spiazzante sul terremoto de L’Aquila.
Condanna a 6 anni, deferimento perpetuo dagli uffici pubblici e risarcimento di 7.8 milioni di euro per gli esperti della Commissione Grandi Rischi della Protezione civile che si riunirono il 31 marzo 2009, tranquillizzando in seguito la popolazione sullo sciame sismico degli ultimi mesi. A distanza di una settimana, il 6 aprile 2009 alle 3.32 una forte scossa di terremoto colpì il capoluogo aquilano e i dintorni causando al morte di oltre 300 persone.
Dopo 3 anni la ricostruzione della città e del territorio circostante stenta a ripartire e sono tante le polemiche, le inchieste e i processi in corso sulle responsabilità pre-sisma e quelle sulla mancata ricostruzione. E ora la sentenza del tribunale de L’Aquila scuote il mondo dei tecnici e della scienza, in particolare per la durezza della condanna inflitta a Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Bernardo De Bernardinis, Giulio Selvaggi, Claudio Eva e Gianmichele Calvi, ritenuti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, per non aver allertato la popolazione sui rischi del terremoto.
Anche la Presidenza del Consiglio è stata dichiarata responsabile civile per la morte di 29 persone e dovrà provvedere, al risarcimento dei familiari delle vittime.
In queste ore si sono susseguite le dichiarazioni dei condannati, ma anche della comunità scientifica italiana e internazionale, preoccupata per le conseguenze che potrebbe creare una sentenza come questa, soprattutto nel rapporto tra i professionisti e lo Stato.
“La sentenza di condanna di L’Aquila rischia, infatti, di compromettere il diritto/dovere degli scienziati di partecipare al dialogo pubblico tramite la comunicazione dei risultati delle proprie ricerche al di fuori delle sedi scientifiche, nel timore di subire una condanna penale. Quale scienziato vorrà esprimere la propria opinione sapendo di poter finire in carcere? -precisa l’INGV in un comunicato.
“L’Italia è uno dei Paesi maggiormente sismici al mondo, dove ogni giorno avvengono decine di terremoti, la maggior parte dei quali non sono percepiti dalla popolazione. Questa attività sismica è monitorata dall’INGV 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno. Sulla base dei dati storici e dei risultati della ricerca che INGV svolge, l’Istituto ha contribuito a elaborare una mappa di pericolosità sismica dell’Italia, tra le più avanzate del mondo, che è un importante strumento di conoscenza e prevenzione in materia di terremoti”.
“Secondo quanto affermato dalla letteratura scientifica internazionale – sottolinea l’Istituto – , allo stato attuale è impossibile prevedere in maniera deterministica un terremoto. Di conseguenza, chiedere all’INGV di indicare come, quando e dove colpirà il prossimo terremoto non solo è inutile, ma è anche dannoso perché alimenta in modo ingiustificato le aspettative delle popolazioni interessate da una eventuale sequenza sismica in atto.
L’unica efficace opera di mitigazione del rischio sismico è quella legata alla prevenzione, all’informazione e all’educazione della popolazione in cui istituzioni scientifiche, Protezione Civile e amministrazioni locali devono svolgere, in modo coordinato, ognuna il proprio ruolo. Per questo motivo INGV collabora con il Dipartimento di Protezione Civile e la Commissione Grandi Rischi (l’organismo di consulenza della Protezione Civile) svolgendo la sua attività tecnico-scientifica in materia di informazione, educazione, previsione e prevenzione delle varie situazioni di rischio”.
“Questo è quanto successo anche nel caso del tragico terremoto dell’Aquila, ed è quanto succede quotidianamente in tutte le situazioni che presentano profili di rischio – prosegue il comunicato dell’INGV -.
Ma l’opera di prevenzione deve passare necessariamente attraverso la riduzione della vulnerabilità degli edifici.
Da oggi sarà molto difficile comparire in pubblico a parlare dell’attività sismica in atto in Italia, con la possibilità che i ricercatori possano essere denunciati per qualche omissione o per procurato allarme.
“Siamo particolarmente colpiti dalla sentenza de L’Aquila – conclude -, perché rischia di minare uno dei cardini della ricerca scientifica: quello della libertà d’indagine, di discussione aperta e trasparente e di condivisione dei risultati, fattori imprescindibili del progresso scientifico. Condannare la scienza significa lasciare il campo libero a predicatori che millantano di sapere prevedere i terremoti, rinunciando di fatto al contributo di autorevoli scienziati. Sebbene sia un colpo molto duro, INGV continuerà il suo lavoro di ricerca con il massimo impegno e rafforzerà la sua presenza nella società per un’opera di corretta informazione ed educazione”.
Guarda il video della sentenza: