“terroristi” da Conrad a Yasmina Khadra

Creato il 21 gennaio 2015 da Atlantidelibri

COSì, DOPO  AVER PARLATO DE CHIEDERO’ PERDONO AI SOGNI di Sorj Chalandon ,  il romanzo capace di raccontare la parabola di un attivista dell’Ira, ecco piccola bibliografia  di testi: da Stavrogin a Ahmad Mulloy,  una carrellata di personaggi del romanzo chiamati “terroristi “, dai libri di Conrad a Yasmina Khadra

L’agente segreto, Joseph Conrad, varie edizioni

Nel 1894 l’osservatorio di Greenwich fu bersaglio di un fallito attentato anarchico. Da quell’episodio di cronaca Conrad trasse lo spunto per questo romanzo, pubblicato nel 1907, quasi un antesignano di tutte le spy stories del Novecento. Sembra un uomo tranquillo, il signor Verloc, che da anni gestisce un negozio nella capitale britannica. Ma in realtà è l’agente segreto di un non meglio precisato stato dell’Europa dell’Est, incaricato di sorvegliare gli anarchici. Quando il suo ambasciatore gli chiede di organizzare un’azione violenta per alimentare nell’opinione pubblica sentimenti di ostilità verso i rivoluzionari, tutto quello che Verloc riesce a fare è uccidere per errore il cognato. È l’inizio di una catena di vendette che sfoceranno in assurdi delitti. Tra i primi libri a trattare temi come spionaggio o terrorismo, “L’agente segreto” ha la forma di un giallo, ma si rivela soprattutto un fine esercizio di indagine psicologica e sociologica, un momento altissimo nella storia del romanzo moderno che riesce a contaminare il più popolare dei generi con le profonde intuizioni morali e l’ardito sperimentalismo linguistico di un grande artista

Semi magici, Naipaul, Adelphi

È una tarda estate berlinese, verso la metà degli anni Settanta. Approdato a un’inerte maturità, Willie Chandran viene scosso dai proclami idealistici della sorella Sarojini e, gettandosi alle spalle l’educazione londinese e un ventennale, indolente soggiorno in Africa, decide di tornare nell’India nativa per abbracciare la causa di un gruppo di guerriglieri separatisti. Da quel momento non gli verranno risparmiate esperienze e disillusioni di ogni tipo: nelle remote foreste di tek del Dhulipur, base dei ribelli-terroristi, si imbatterà in una comunità di cattivi maestri imbevuti di maoismo-leninismo e di ottusi psicopatici, per i quali uccidere un “agricoltore agiato” è un meccanico esercizio di tiro al bersaglio; nelle prigioni statali ritroverà gli stessi contadini “dai luminosi occhi neri” già traditi dai ribelli, e condividerà con i detenuti camerate di cemento senza mobili, dove lo spazio a disposizione di ciascuno non va oltre una stuoia; e, una volta rientrato a Londra (tra i rassicuranti mattoni rossi della “città giocattolo” di Cricklewood), la civiltà occidentale gli si rivelerà sfibrata dalle nevrosi, riassunte nella parabola di Roger, l’amico avvocato che lo ha fatto scarcerare e che vive una profonda crisi sentimentale e finanziaria.

Il terrorista, John Updike, Guanda

Ahmad Mulloy è un ragazzo diciottenne che vive a New Perspect, nel New Jersey. Sua madre è americana di origine irlandese e suo padre, sparito ormai da molti anni, era invece egiziano. Ahmad cresce praticamente da solo, in una società di cui riconosce ogni giorno di più i limiti e la superficialità. È un ragazzo serio e intelligente, ma si trova sempre più isolato nel mondo in cui deve crescere, incapace di entrare in contatto con i suoi coetanei, ragazzi e ragazze alienati, preda di false immagini di felicità, privi di qualsiasi valore guida. E nemmeno i professori riescono a convincerlo: Ahmad si sente respinto e comincia a giudicare, impietoso, un mondo di cui avverte il declino inesorabile. Ecco perché si avvicina, con la sua serietà e la sua fiducia, al Corano e all’imam della sua cittadina, lasciandosi convincere a lasciare gli studi per diventare un autista di camion. Ed è su un grande camion che il giovane Ahmad, lentamente plagiato dal religioso cui si è affidato, concepisce il progetto che deve porre fine ai suoi giorni: far saltare in aria il Lincoln Tunnel di New York.

Terra vergine, Ivan Turgenev, Varie edizioni

Questo romanzo è l’ultimo di Turgenev ed è il romanzo sui giovani populisti russi dell'”andata al popolo”. Con quest’opera lo scrittore intendeva terminare la sua carriera letteraria e sperava di eliminare le incomprensioni sorte fra lui, la critica e il pubblico fin dai tempi di “Padri e figli”, incomprensioni che si erano poi accentuate con “Fumo”. Qualche anno dopo la pubblicazione di questo romanzo, il quale arrivò al successo gradatamente, Turgenev scriverà che i suoi romanzi avevan voluto essere la presentazione di “fisionomie in veloce mutamento di uomini russi dello strato colto”. E “Terra vergine” fu proprio l’ultimo e più ampio affresco di questi giovani.

I demoni, Fedor Dostoevsky, varie edizioni

Petr Verchovenskij, guidato ideologicamente dal demoniaco Stavrogin, è a capo di un’organizzazione nichilista e lega i suoi seguaci con una serie di delitti. L’ultima vittima è Satov, un ex-seguace convertitosi alla fede ortodossa. Per coprire il delitto Petr obbliga Kirillov a scrivere una lettera di autodenuncia, prima di suicidarsi. Seguono altri delitti, apparentemente immotivati, e solo il suicidio di Stavrogin che si impicca nella soffitta del suo appartamento, sembra porre fine all’azione di questi “demoni”.

La figlia di Burger, Nadine Gordimer, Feltrinelli

Ambientata nel clima di feroce lotta politica del Sudafrica degli anni settanta, la storia, ispirata alla vicenda di un famoso avvocato afrikaner costretto alla clandestinità per il suo impegno contro l’apartheid, segue la lenta maturazione politica ed esistenziale di una donna, Rosa Burger. La morte del padre Lionel – da sempre in lotta per la libertà dei neri – la trasforma definitivamente nella ‘figlia di Burger’. Attraverso la presa di coscienza di questa nuova identità, Rosa sarà costretta non solo a fare i conti con la sua vita privata, ma anche a modificare il rapporto con il suo paese.

Messo al bando poco dopo la pubblicazione e riabilitato in seguito con la vittoria di un prestigioso premio letterario sudafricano, “La figlia di Burger” resta forse uno dei più famosi libri della grande scrittrice.

L’affaire Moro, Leonardo Sciascia, Adelphi

IL libro di Sciascia è stato scritto “a caldo” nel 1978. Mentre, in una gara di codardia, i politici italiani, nonché i giornalisti, si affannavano a dichiarare che le lettere di Moro dalla prigionia erano opera di un pazzo o comunque prive di valore perché risultanti da una costrizione, Sciascia si azzardò a “leggerle”. Riuscì in tal modo a ricostruire una intelaiatura di pensieri, di correlazioni, di fatti che sono, fino a oggi, ciò che più ci ha permesso di avvicinarci a capire, un episodio orribile della nostra storia. Presentando il libro nella edizione del 1983, Sciascia scriveva: “questo libro potrebbe anche esser letto come opera letteraria”. Ma l’autore (membro della Commissione parlamentare d’inchiesta) lo ha vissuto come “opera di verità”.

La brava terrorista, Doris Lessing, Feltrinelli

Alice Mellings, una giovane di origine borghese impegnata da anni in una militanza al di fuori dei partiti politici tradizionali, è l’animatrice di una comunità di occupanti abusivi che si sono insediati in una casa abbandonata di Londra. Alice è un’organizzatrice straordinaria: sistema la casa restituendola a uno stato decente di abitabilità, interviene per mediare i conflitti che si accendono tra gli occupanti; insomma diventa un elemento indispensabile alla vita collettiva. Tutto bene finché nel gruppo nasce l’esigenza di azioni più radicali e la necessità di un impegno più definito all’interno di organizzazioni terroristiche. È la fine di una faticosa armonia: il velleitarismo si fa dramma, mentre Alice, “la brava”, si avvia verso un futuro dominato dall’ombra incombente dell’eversione. Perché questa donna generosa aderisce alla lotta armata? Doris Lessing ci racconta la storia di Alice e dei suoi compagni cercando di dare una risposta a interrogativi tuttora brucianti, di aprire uno spazio alla riflessione, alla comprensione e, forse, alla catarsi.

L‘attentatrice, Yasmina Khadra, Mondadori

In un ristorante affollato di Tel-Aviv una donna che si finge incinta fa esplodere la bomba che teneva nascosta sotto il suo vestito. Per tutta la giornata il Dottor Amin, israeliano di origini arabe, opera a ritmo da catena di montaggio le innumerevoli vittime di questo ennesimo attentato. Amin si è sempre rifiutato di prendere posizione sul conflitto che oppone il suo popolo d’origine e quello d’adozione. Nel cuore della notte viene richiamato d’urgenza in ospedale dal suo amico poliziotto Naveed che gli annuncia che la moglie è morta e per giunta era lei la donna kamikaze. A questo punto Amin comincia la sua particolare investigazione sulla donna misteriosa che ha vissuto per anni insieme a lui.

  Pietroburgo, Andrej Belyi, Adelphi
Pietroburgo, 1905. La città è sconvolta dalla tempesta sociale, si moltiplicano i comizi, gli scioperi, gli attentati. Il giovane Nikolaj Apollonovic, che si è incautamente legato a un gruppo rivoluzionario, entra in contatto con Dudkin, nevrotico terrorista nietzscheano, il quale gli affida una minuscola bomba. E il provocatore Lippancenko, doppiogiochista al servizio della polizia zarista e al contempo dei rivoluzionari, gli rivela qual è il suo compito: dovrà far saltare in aria il senatore Apollon Apollonovic, abietto campione dell’assurdità burocratica. Suo padre. È intorno a questo rovente nucleo narrativo che si snodano le vicende surreali e grottesche di “Pietroburgo”, unanimemente considerato il capolavoro romanzesco del simbolismo russo. Dove la vera protagonista è tuttavia la “Palmira del Nord”: una Pietroburgo maestosa e geometrica solo all’apparenza, edificata su un labile terreno palustre i cui miasmi sgretolano le possenti architetture, le cui brume sfaldano e decompongono ogni comparsa che striscia lungo i vicoli fiocamente illuminati, tra bettole ammuffite e palazzi scrostati. I sommovimenti di inizio secolo, preludio di future tragedie, l’ululato del vento che si incanala lungo le gole del libro, il demoniaco colore giallo dei comizi gremiti di una folla in trance: ogni cosa è in preda a una malefica possessione, che Belyj filtra attraverso la lanterna magica delle immagini



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