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Terry May – Storie di quadri e parole (Sonia Lambertini)

Creato il 29 gennaio 2015 da Wsf

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“Ho messo cornice e vetro a un’opera su carta, tra il foglio e il cartone del retro ho inserito un’altra opera oltre quella visibile. Ho utilizzato lo stesso principio delle sorprese. A questo modo “dentro” l’opera, c’è un’altra opera ma invisibile. E’ una figata fare le cose così, i quadri. Uno se ne compra uno e toh!, se comincia a smucinare o per quei casi fortuiti in cui il vetro si rompe e bisogna cambiarlo, eh! ecco la sorpresa e se ne trova all’improvviso due di opere. Penso che sia anche lo stesso principio delle cose belle e inaspettate. Non c’è una regola però. Penso che farò parecchi quadri a sorpresa. E’ lo stesso principio delle cose clandestine anche. Nascoste dentro. Il principio del contrabbando anche. E come principio ci sta tutto in questo clima di stupidità imperante. Cosa si nasconde? bella domanda! Si nasconde la refurtiva, i bottini, la droga, cose materiali di questo genere, oppure si tende a nascondere ciò che non è approvato dall’andamento della “cultura generale”. In quei casi lì, e in ogni caso, ho niente da nascondere. Allora? quale è il significato? Penso sia proprio nell’insieme delle cose, aumentarne la potenza. Stesso principio delle Matrioske. Stesso principio dell’avere il contenuto. Come l’anima, non si vede, ma c’è ed è roba di contrabbando.”

di Terry May

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Vivo a Ferrara. Mi piace. Amo Ferrara e le sono grata. Alcuni giorni è come stare in una scatoletta di Manzotin, o in una di quelle scatole di latta. Dipende dall’atmosfera che c’è. Molto dipende dal cielo. Il cielo sopra Ferrara è color scatola di latta, visto da dentro. Ci si sente come carne, come un prodotto della natura manomesso, conservato nel tempo per essere consumato. E a pensare alla scadenza viene la tristezza. La città è cinta da mura, come se le stesse contribuissero a tenere il cielo fermo in quel colore di landa, landa desolata. Molti giorni la tristezza è come un tram e non si chiama desiderio neppure, si chiama forse malinconia, e gira e gira come un tram per tutta Ferrara, fino a dove arriva il suo cielo color landa. In questa scatoletta di mondo viene così voglia di essere a colori, andare in cerca del sole, averne notizie, chiedere perché se ne è andato e torna di tanto in tanto per poi scappare di nuovo. Certe cose forse non gli garbano al sole, a vedersele proprio lui alla sua luce, alla luce del sole e così nisba. Via! E allora mi viene voglia di altra luce, comunque, seppur artificiale ma che sia luce e ci si possano vedere le cose e la bellezza di una landa e del vivere qui. Chi se ne frega del sole e dei suoi motivi di allontanamento da Ferrara. Ferrara è bella di malinconia. Ha lo Spleen. Lo Spleen è un contagio, e mi muove e mi muovo con la pittura: tutto quel che ne viene mi è dato da questa landa in cui vivo. Molte altre città del Nord il sole se lo sognano di notte, ma il sole di notte non viene. Allora la notte, la notte che è dell’oscurità e dei tempi, la notte io lo simulo. Sta in una piccola lampadina. Studiosi del dormire hanno scoperto che fa male questo mio piccolo sole di notte e che la notte ha da essere scura e buia. Forse si, ma se spegnessi la luce spegnerei questo piccolo sole di notte che m’illumina il tempo, e spegnerei lo Spleen e la voglia e la gioia di vivere.

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