12 maggio 2013 Lascia un commento
Fu una scoperta rivoluzionaria e meravigliosa allo stesso tempo. Da quel giorno ho goduto della sua musica con passione e stupore, immergendomi con gioia nel flusso sonoro che non cessa di sorprendere ascolto dopo ascolto, anno dopo anno, trovando nel minimalismo un’interpretazione interiore e intimamente psicoacustica.
Riley nella mia citta’ e’ un evento e un onore al quale non sarei mancato per nulla al mondo, insperato persino considerando la non piu’ giovane eta’ del musicista.
Prima nazionale del tour "The 3 Generations Trio part 2", troviamo Riley al piano e tastiere, il figlio Gyan alle chitarre e Tracy Silverman, suo musicista e amico da oltre venti anni, al violino e violino elettrico a sei corde.
Gia’ dal suo ingresso Riley incarna la sua musica che si manifesta nella sobrieta’ del vestire, nei movimenti pacati come si conviene ad un uomo del 1935, sorride salutando in italiano e presentando "Camargue Voices" in prima assoluta, anticipa cio’ che egli ha creato in tanti anni e tutto l’Oriente in lui, inteso come stile, tecnica e filosofia, e’ qualcosa che arriva alle sue dita e alla sua voce passando necessariamente per il cuore.
E’ l’emozione di sentirlo cantare nenie di altri luoghi, in un tempo annullato da suoni elettrici che delocalizzano geografie e calendari, laddove una melodia cessa di appartenere ad una cultura ma assume dimensioni cosmiche.
Questo e’ Riley, cio’ che e’ ed e’ sempre stato e cio’ che lo ha reso immortale, grande tra i grandi.
L’intera performance si snoda tra inediti e brani noti, Riley solo o lasciando spazio al figlio e Silverman, entrambi musicisti fenomenali, durante l’esecuzione di "Cantos Desiertos", comunque presente con lo stile inconfondibile del minimalismo che in ogni variazione sintattica del trio, si allarga in ogni dove della world music, spiegando nel contempo come la sua musica abbia nel contempo saputo conquistare un ruolo preminente nel rock e in tutte le possibili declinazioni tra sperimentazioni cosmiche, prog e fortissimamente fusion, che del rock e jazz fu la sapiente unione.
In questo processo gli altri musicisti divengono a loro volta protagonisti e corresponsabili del sublime impasto finale che non concede nulla alla noia e allo scontato.
Il Maestro e’ in pace, i suoi musicisti anche e la musica che rappresenta, entra come un mare placido nel cuore di chi ascolta, onda su onda che si ripete in apparenza uguale ma nella realta’ sempre diversa come il minimalismo insegna e racconta.
Evento da ricordare, da conservare tra le pagine pubbliche e i gioielli privati.