Domenica scorsa il Presidente USA Obama, in occasione della 46ma edizione del Super Bowl, ha rilasciato un’intervista alla nota emittente televisiva NBC Sport, in cui, brevemente, è stato affrontato anche il tema dell’Iran ([1]).
Passo oltre sul fatto che importanti temi geopolitici vengano affrontati durante un’intervista… sportiva!
Riassumo tre importanti aspetti puntualizzati da Barak Obama:
1) Israele non ha ancora assunto la decisione di attaccare l’Iran. Come gli USA, ritengono solo che l’Iran stia continuando nel suo programma di armamento nucleare.
2) Il primario interesse è la difesa del suolo americano ed Israele da possibili attacchi. Ancora fondamentale la diplomazia nella risoluzione della questione iraniana.
3) Non emerge l’evidenza che l’Iran intenda attaccare il suolo americano; ribadisce la soluzione diplomatica, comprese opportune sanzioni economiche, anche se “l’uso della forza” rimane un’opzione.
Il giorno dopo (6 febbraio) è passato subito ai fatti.
In aggiunta alle sanzioni economiche già approvate precedentemente (molte in congiunzione con l’UE), ha firmato un nuovo decreto di congelamento di tutti i beni e gli investimenti iraniani negli Usa, compresi quelli della Banca centrale di Teheran ([2]).
Il link al testo integrale lo trovate alla fine del post tra le fonti (come sempre).
La motivazione è riportata nella stessa premessa del provvedimento:
“…particularly in light of the deceptive practices of the Central Bank of Iran and other Iranian banks to conceal transactions of sanctioned parties, the deficiencies in Iran’s anti-money laundering regime and the weaknesses in its implementation, and the continuing and unacceptable risk posed to the international financial system by Iran’s activities…”
ovvero
“… in particolare alla luce delle pratiche ingannevoli della Banca centrale e di altre banche iraniane per occultare le transazioni di gruppi sanzionati, delle inefficienze nella lotta al riciclaggio del denaro da parte dell’Iran e della debolezza della sua implementazione, e del continuo e inaccettabile rischio posto al sistema finanziario internazionale dalle attività iraniane…”
Preciso che tale decreto è immediatamente esecutivo.
Quanto affermato da Obama è discordante dalle dichiarazioni rilasciate a Davos dal Ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, durante il recente World Economic Forum ([3]):
“We are determined to prevent Iran from turning nuclear. It seems to us to be urgent, because the Iranians are deliberately drifting into what we call an immunity zone where practically no surgical operation could block them.”
Cioè:
“Siamo determinati ad impedire che l’Iran diventi una potenza nucleare. Si tratta di un tema urgente, perché gli iraniani stanno volutamente entrando in una fase chiamata “zona di immunità” dove praticamente nessuna operazione (militare) chirurgica li potrebbe fermare.”
Al rientro in Israele ha ulteriormente precisato:
“We must not waste time on this matter; the Iranians continue to advance (toward nuclear weapons), identifying every crack and squeezing through. Time is urgently running out.”
ovvero:
“Non dobbiamo perdere tempo su questa problematica: gli iraniani continuano a progredire (verso le armi nucleari), proseguendo con tutti i tentativi per riuscirci. Il tempo sta rapidamente scadendo.”
L’operazione chirurgica.
Per chi non avesse ancora compreso l’importanza delle parole del ministro israeliano, rammento questa immagine, forse passata inosservata, che avevamo riportato in un precedente post sull’argomento (del dicembre scorso):
ALERT: World War III, epilogo della guerra fredda in attesa della scintilla
Si tratta di una nuova installazione dove l’Iran, a dispetto delle minacce della comunità internazionale all’avanzamento del suo programma nucleare “civile”, oltre ai continui sabotaggi, ha deciso di trasferire le attrezzature necessarie per l’arricchimento dell’uranio.
Questa tipologia di installazioni sono l’aspetto fondamentale!
Il Segretario alla Difesa USA Leon Panetta, in una recente intervista al Wall Street Journal, ha spiegato bene quale sia il problema di intervento militare chirurgico ([4]).
In pratica gli USA non dispone di armamenti convenzionali sufficientemente potenti da distruggere installazioni, per lo sviluppo di armamenti nucleari, che siano situate nel sottosuolo, in profondità, come quella mostrata nella foto.
Non per niente alla fine dello scorso anno, il Dipartimento USA aveva sottoscritto una commessa da 330 milioni di dollari con la Boeing per sviluppare una ventina di bombe sufficientemente potenti per compiere tale impresa. Sembra addirittura che il Pentagono sia in cerca di ulteriori 82 milioni di dollari per finanziare la ricerca, al fine di incrementare la loro potenza distruttiva.
Giusto per capire di che tipologia di armamenti si tratta, tenete conto che nel 2009 gli USA avevano già stipulato un contratto simile (sempre con la Boeing) per lo sviluppo delle“bunker buster bomb”, cioè bombe capaci di far esplodere in profondità un bunker ([5]).
Tali armamenti sono già stati prodotti e consegnati lo scorso novembre, pronti per essere montati su un B-2 stealth bomber.
Quindi la nuova commessa servirà a produrre un tonnellaggio superiore, con maggiore potenza distruttiva.
A questo punto la domanda importante è:
Israele attaccherà l’Iran?
Il tutto in nome della solita “minaccia per l’esistenza dello Stato ebraico”.
A nulla servirono le risoluzioni di condanna delle Nazioni Unite per l’azione militare intrapresa unilateralmente da parte di Israele.
Aggiungo che tale operazione militare viene oggi insegnata, durante i corsi di diritto internazionale, come esempio di “attacco preventivo” ([7]).
Giusto per la cronaca: il reattore era di produzione francese (classe “Osiris”), venduto nel 1976.
Dopo sappiamo già come siano decorsi gli eventi in Iraq, fino ai tempi più recenti… a seguito del ritrovamento (?) delle armi di distruzione di massa.
Ritornando ad oggi, l’attuale Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu per assumere la decisione di un’azione simile, avrebbe bisogno del consenso dei 15 membri del Gabinetto di Sicurezza (non solo di una stretta minoranza).
L’unica cosa certa è che recentemente i rapporti con gli USA si sono raffreddati…
Forse quindi, i tre aspetti del discorso di Obama che puntualizzavo prima, sono rivolti come destinatario, più ad Israele… e alla difesa degli interessi economici statunitensi. Sicuramente gli USA, da un intervento militare del genere, avrebbero un contraccolpo in molti settori economici, anche se non tutti: il settore militare ad esempio (e non solo quello).
Altro aspetto il verificarsi di una probabile crisi energetica, visto che la produzione di petrolio rallenterebbe rapidamente, a scapito soprattutto dell’Europa… che, con il recente embargo dei prodotti energetici iraniani, non so quanto ci abbia veramente guadagnato, nel seguire gli USA.
Ma d’altronde l’Iran aveva già deciso di tagliare le esportazioni di petrolio verso l’UE, oltre alla riduzione delle importazioni di prodotti europei ([8]).
Oltre a dirottare la vendita della sua produzione energetica in Cina e altri paesi asiatici, mentre noi europei, che siamo “grandi produttori di petrolio”, lo importiamo.
Ma soprattutto… siamo così bravi da lasciare fallire il maggiore operatore indipendente di raffinerie europeo: la Petroplus ([9]).
D’altronde, cosa volete che sia rischiare di perdere 667.000 barili al giorno di capacità di raffinazione. In fondo la benzina (o il gasolio) non costa mica tanto?
Tornando al nostro tema, in mezzo a queste raffiche di vento di guerra… ci sono Paesi (oltre alle arcinote posizioni di Cina e Russia) che affermano chiaramente che un attacco alle installazioni nucleari iraniane sarebbe un grande disastro: Turchia e Quatar ([10]).
Forse sono più preoccupati, essendo confinanti, per il disastro che un simile conflitto recherebbe a loro stessi: per questo spingono sul continuare a trovare una soluzione diplomatica, più stringente ed efficace.
L’opinione pubblica.
Il colmo (dell’ipocrisia?) di tutta questa situazione è che negli USA imperversano già i risultati dei sondaggi su cosa pensano gli americani di un attacco all’Iran ([11])!
Un sondaggio dice che il 48% degli americani vuole che gli USA assistano (militarmente) Israele, nel caso decidessero unilateralmente di attaccare l’Iran.
Un’altro riporta il 49% favorevoli al fatto che gli USA, in futuro, dovranno utilizzare la forza militare per prevenire che l’Iran si doti di armamenti nucleari (solo il 31% in disaccordo).
Mi fermo qui… perché amo poco i sondaggi (anzi… per niente!).
Ritengo che siano una delle più esplicite manifestazioni di quanto affermava Einstein su una infinita “qualità” umana in contrasto con la “finita” dimensione dell’universo!
Come notate non ho menzionato in questo post la situazione siriana… perché non vedo nulla di nuovo se non quanto affermato nei precedenti post.
Concludo svelandovi un grafico di cui io e DT siamo a conoscenza da diverso tempo… anche se non ne abbiamo mai parlato sul blog, per ovvi motivi.
E’ tratto da un report dello scorso gennaio della Religare Capital Markets ([12]).
Quindi non è aggiornato ai recenti eventi e considerazioni, oggetto di questo post.
Un’ultima considerazione.
Ricordatevi di considerare anche la variabile geopolitica nella decisione dei vostri investimenti, visto che, di fatto, i prezzi delle quotazioni sono influenzati (e scontano) anche questo aspetto, spesso sottovalutato.
Buona riflessione.
Lampo