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Nel 2008 Casini pagò a caro prezzo la scelta, comunque lungimirante, di correre da solo alle elezioni. Di fatto, seppur privo di cariche istituzionali e di poltrone, si ritrovò nel mezzo del gaudio strizzando l’occhio talvolta al Pdl, talvolta al Pd. Essere l’ago della bilancia non gli dispiaceva, evidentemente. E non aveva tutti i torti nel criticare “Veltrusconi” (quanto si divertiva a dirlo...) che tanto decantava una vocazione maggioritaria tale da rasentare il bipartitismo. A distanza di oltre due anni si ritrova con un Rutelli dalla sua parte e con un Fini più vicino. Ha in mano, insomma, un terzo polo che gli fa gridare orgogliosamente, urbi et orbi, come il bipolarismo abbia fallito. Per poi giungere ad una conclusione già proposta in altre occasioni: “L’Udc non vuole poltrone”. E un ultimo invito a Berlusconi per mantenere salda la legislatura: “Faccia come Obama che dopo le elezioni di midterm ha fatto un accordo con i repubblicani alla luce del sole”. Ma il sistema americano è molto diverso dal nostro, il paragone non regge e questo Casini lo sa bene. Meglio, molto meglio, continuare a tenere il piede in due staffe. Far cadere Berlusconi adesso non conviene a nessuno, piuttosto è importante sondare il terreno, cercare di capire cosa hanno da proporre gli altri, il Pd. Magari un bel posto da premier, non si sa mai.