Ho fermato la penna diversi anni fa, come un disilluso che si è arreso alla fine di una tardiva adolescenza a causa del furente scontro con il mondo reale.
Eppure è rimasta lì a guardarmi, fedele come il più fedele dei segugi. È rimasta lì a controllare il mio battito vitale come un’infermiera attenta privata del dono della parola, ma con uno sguardo che racchiudeva un universo.
Ho tradito.
Ho tradito violentemente ciò che è stato il mio sostegno quando il bistro è diventato nero e anche quando è diventato bianco. Ho abbandonato la mia amica silenziosa in un impeto di tristezza e delusione, e ora so quanto è stato sbagliato.
Ebbene sì, lo ammeto, ero avido e invidioso. Forse lo sono ancora, in parte, ma l’età adulta cambia tutto. E cambia tutto Lei.
Volevo il mondo stretto nel palmo della mia mano, con appoggiata sopra la mia penna. Volevo una folla di lettori disperati, pronta ad assorbire qualunque mia parola in qualsiasi angolo del globo.
Volevo scrivere per me stesso, eppure avevo la presunzione che ciò che scrivevo in segreto dovesse diventare pane per le menti di ogni uomo.
Illusioni effimere.
D’ora in poi scriverò e basta. Tra le lacrime e le gioie, consapevole della mia esistenza insignificante in un mondo che fagogita scrittori.
Scriverò. È un testamento alla mia penna. Un testamento di vita.
Neri