di Vincenzo Saponaro
Piazza Municipio Foggia
(Ecodifoggia.it) - Foggia: Pubblichiamo nella nostra rubrica "Storia dei Bombardamenti di Foggia" l'intervista del nostro corrispondente da Foggia, fatta ad un testimone di quei momenti terribili.
Ci parla un pò di lei?
Sì, certamente, sono R.S., casalinga sono nata nel 1928 a Foggia, mio padre era un antifascista che non prese mai la tessera del partito e per questo ebbe non pochi problemi, il mio futuro marito durante i bombardamenti dl 1943 aveva 17 anni ed era già impiegato in ferrovia a Foggia e si trovò durante i bombardamenti del 22 luglio si salvò perchè riuscì a scappare. .
Dovi vi trovavate in quei giorni del 1943?
Con la mia famiglia siamo rimasti a Foggia fino al 22 luglio, poi la notte fra il 22 luglio ed il 23 scappammo raggiungendo Ortona in Abruzzo dopo un viaggio avventuroso..
Dove vi trovavate durante il bombardamento?
A casa purtroppo come negli altri bombardamenti. Con noi si trovò il parroco della nostra parrocchia che pregò e parlò da solo per tutta la durata. Poi finita l’incursione si precipitò fuori per aiutare le vittime. In quell’occasione la zona nostra non venne bombardata ma quando tornammo da Ortona trovammo i palzzi adiacenti distrutti o gravemente danneggiati.
Vi erano rifugi antiaerei a Foggia?
Vicino casa nostra non ve ne erano. Si sapeva che un rifugio ben attrezzato era nel palazzo Scaramella (ancora esistente) nell’odierna Via Matteotti ma si tiempiva subito. la maggior parte della gente rimaneva a casa e se poteva si rifugiava negli scantinati..
Ha qualche altro ricordo particolare della giornata del 22 luglio?
Sì mi ricordo del dottor Molinaro che anche in quella occasione uscì dopo il bombardamento e si prodigò senza sosta per soccorrere i feriti.
Come era la vita quando siete tornati a Foggia?
Si conviveva con gli americani e gli inglesi. Io e mio padre ci trovammo coinvolti in un episodio tragicomico. Tornando una sera da un matrimonio facemmo tardi e venimmo fermati da una pattuglia di Polizia Militare Inglese. Ci arrestarono e ci portarono in cella. Non parlavano una parola d’Italiano, Al posto di guardia c’era un poliziotto italiano che ci spiegò che avevamo violato il coprifuoco e che non c’era ninete da fare dovevamo stare una notte in carcere. A me che ero poco più che una ragazzina mi spedirono in cella con delle prostitute, l’unica concessione che ci fecero grazie all’intercessione del poliziotto fu la presenza nella stessa cella di mio padre.