“Ho avuto molta paura, sentivo gli spari da molto vicino. C’erano auto distrutte, negozi bruciati. Gli elicotteri volavano molto basso e i militari in strada controllavano tutti di continuo. C’è ancora il coprifuoco alla sera, ma durante la rivolta non si poteva uscire di casa già alle cinque del pomeriggio”. Mouna Ben Amira, tunisina che vive da nove anni ad Alessandria, ci racconta la rivoluzione del suo paese che ha portato alla cacciata del presidente Ben Ali, da 23 anni in carica fino alla rivolta di metà gennaio. Le foto sono state scattate da Mouna (che lavora al centro Pacto come estetista) durante una vacanza già programmata. Arrivata il 10 gennaio, si è trovata nel bel mezzo dei tumulti popolari, ed ha temuto per la sua vita e per quella dei suoi fratelli che vivono a Tunisi. “Sapevo che agli inizi dell’anno era morto il ragazzo disoccupato che si era dato fuoco”, racconta, “ma non pensavo finisse così. Il mio Paese è sempre stato tranquillo, anche se governato da un presidente poco democratico che ha creato molta disoccupazione e alzato i prezzi dei generi alimentari”. Mouna ha assistito ai saccheggi dei supermercati di proprietà di Ben Ali e ha vissuto la guerra civile. Ha ancora negli occhi i rottami, le fiamme e nelle orecchie il rumore assordante dei mezzi militari sempre in movimento. E’ rimasta bloccata oltre i giorni previsti poiché i porti e gli aeroporti erano stati chiusi e militarizzati. Poi il rientro in nave. “Mi dispiace per i morti, ma ora la Tunisia può sperare nella libertà”.


