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Tetsuo (鉄男, Tetsuo: The Iron Man)

Creato il 18 marzo 2012 da Makoto @makotoster

Speciale Tsukamoto ShinyaLa X edizione dell’Asian Film Festival di Reggio Emilia (16-24 marzo 2012) dedica la retrospettiva a Tsukamoto Shin'ya, che sarà presente al Festival e riceverà un premio alla carriera. In occasione di tale importante evento, Sonatine pubblica le schede critiche di tutti i film di Tsukamoto, che andranno a configurare uno Speciale Tsukamoto sempre consultabile online.
Tetsuo (鉄男, Tetsuo: The Iron Man)Tetsuo (鉄男, Tetsuo: The Iron Man). Regia, soggetto, sceneggiatura, scenografia e montaggio: Tsukamoto Shin’ya. Fotografia:Fujiwara Kei, Tsukamoto Shin`ya. Musica:Ishikawa Chū. Interpreti e personaggi:Tsukamoto Shin’ya (il feticista), Taguchi Tomorowo (l`uomo), Fujiwara Kei (ladonna), Kanaoka Nobu (la donna con gli occhiali). Produzione: Tsukamoto Shin’ya per Kaijyu Theater. Durata: 67' (Final cut: 77' ). Prima proiezione in Giappone: 1 luglio1989.Link: Tom Mes (Midnight Eye) - Wikipedia

Un feticista innesta vari oggetti e parti metalliche nel proprio corpo ma,quando qualcosa sembra andare storto, comincia a scappare per la città, sino ache un auto lo investe. Pensando di averlo ucciso, l’uomo alla guida, e la suafidanzata, nascondono il presunto cadavere in un bosco. In un sovrapporsi diallucinazione e realtà l’uomo, radendosi, si rende conto che il suo corpo stacominciando a mutare e a ibridarsi col metallo. Nelle strade della città,attira a sé ogni cosa sia fatta di quel materiale, sino a che il suo stesso membro,trasformatosi in una trivella, uccide la fidanzata. Nello scontro finale fral’uomo e il feticista, i due si fonderanno in un’unica creatura, parte macchinae parte carne, un’arma capace di distruggere il mondo intero.Tetsuo non è solo un film ambientato a Tokyo, ma anche un’operache, a partire dalla sua dimensione allucinatoria,  con questa città letteralmente si fonde,offrendo di essa una visione da incubo, che ne recide ogni lievità eleggerezza. Rispetto a molte metropoli occidentali, come New York, Roma oParigi, Tokyo, così come altre grandi città giapponesi, appare più pulita,ordinata e meno degradata di queste[1]. Tetsuo è solo in senso lato un film che condanna il tessuto urbanocittadino come un elemento disumanizzante in sé e per sé. Così come non si puòpensare ad esso solo in rapporto alla centralità della figura del cyborg -dell’essere ibrido, del metallo che si fonde con la carne - che pur ha colpitol’immaginario del pubblico e contribuito alla sua fama. Tetsuo è tutto questo ma, specialmente rivisto oggi a più divent'anni dalla sua realizzazione, si rivela essere qualcosa di molto piùcomplesso, che impone considerazioni, sia di ordine tematico, sia di ordinestilistico, di più ampia portata. Partiamo dalla sua genealogia, il film di Tsukamotoarriva alla fine degli anni Ottanta durante il picco di quel fenomeno economicoche oramai tutti conoscono come baburu(bubble). È certamente sensato vederequesto dirompente lavoro come la rappresentazione e l’espressione della facciaoscura di quegli anni, ma è forse anche opportuno cominciare a adottare unpunto di vista più ampio. Tetsuo è,in questo senso, figlio del decennio in cui è stato concepito, cometestimoniano le influenze dell’estetica dei videoclip e degli spot pubblicitari (per cui lo stesso regista halavorato), il debito verso il teatro sperimentale e la pratica dei film fattiin casa (i jishu eiga), e, nonultima, l'importanza della musica noiseo industrial, che sono partifondamentali di un decennio complesso e stratificato. Fatte queste necessariepremesse, si possono allora individuare tre luoghi mentali che si sviluppano esi intrecciano nel delirio visivo di Tetsuo:la città, l'inorganico ed il rimosso. Le immagini di Tetsuo sferzano lo spettatore come unafrusta: chi ha avuto modo di vederlo in un cinema sa bene che si tratta primadi tutto di un’esperienza fisica, per usare una metafora neurologica sipotrebbe dire che il film bypassa la corteccia cerebrale per colpiredirettamente i centri nervosi più remoti, quelli vegetali. Ciò è ottenuto,certamente, grazie al montaggio frenetico, che caratterizza tutta l'opera delregista, ma anche tramite la musica, e più in generale, il suono[2], vera e propria colonnavertebrale del film, e una fotografia che allontana notevolmente Tetsuo dei primi lavori di Tsukamoto. Èuna fotografia in bianco e nero, che non punta però troppo alla stilizzazione,e mantiene una certa qualità sporca e sgranata, ideale mezzo per realizzarequella sperimentazione del linguaggio cinematografico che è qui portata finoagli estremi. La storia di Tetsuo puòsolo essere intuita o immaginata: il film si fonda su un’estetica in partesurrealista, dove il senso non è dato da una concatenazione logica di eventi mada una sorta di accumulazione sensoriale che le immagini riescono a creare. È qui che èpossibile collegarsi a quella questione del rimosso prima citata, che passaattraverso l’importanza data ai detriti[3] e alle zone dimenticatedella città, siano esse gli interni rugginosi dove si trova il feticista, o lestrade anonime, e quindi obliate, che a velocità supersonica sono percorse dalprotagonista nelle scene di stop motion.È parte oscura e nascosta anche la violenza e la sessualità che si manifestaimprovvisamente e inconsciamente (in particolare nella scena in cui il membrodell’uomo si trasforma in una trivella che squarcia la sua fidanzata). Sonoviolenze e trasformazioni che scaturiscono dall’innesto dell’elemento ferrosoall’interno del corpo del protagonista, quell’innesto che dà il via alla narrazionestessa, sempre che tale nozione possa essere usata per un film come Tetsuo. La città e il suo metallodivorano con le loro membra tecnologiche il corpo e l’umanità stessa,rappresentandone nel contempo il limite e la fine. Il ferro, il tetsu[4], è qui simbolodell’inorganico e della potenza di mutazione che contiene in sé un feticismoche è allo stesso tempo attrazione e repulsione verso l’inanimato, elementoquest’ultimo che funge anche da confine tra vita e morte, perché dove comincial'inorganico finisce anche la vita[5].Tetsuo è anche una sontuosa cartografia di una città mostro, immaginata efiltrata dalla sensibilità delirante di Tsukamoto, anzi sarebbe più giusto direche è l'estetica del regista ad essere la figlia spuria ed ibrida di quest’orridourbano. Ebbene è proprio una tale metropoli in delirio che sembra filmarsi dasé, e dettare il ritmo del film, insieme alla visione e alle visioni che inesso si fanno largo. Come accade a volte nei primi lavori di un artista, quandola gabbia autoriale non ha ancora cominciato a funzionare, Tsukamoto riescequi, più che nei suoi precedenti esperimenti, a sottrarsi alla sua opera, afarsi canale di qualcosa che lui stesso come regista, montatore, direttoredella fotografia, cioè come artigiano della settima arte, porta in séinconsciamente. È l’incubo che la metropoli sogna ogni notte, la sua parte piùoscura, che si manifesta nel delirio e nella sperimentazione di Tetsuo, attraverso i suoi rumori atroci,il piegarsi e distorcersi dell’elemento ferroso, le strade e i percorsi urbaniche, grazie all’escamotage dello stop motion, appaiono come vasisanguigni di questa stessa metropoli. In una delle scenepiù belle del film, una donna, seduta sulla panchina di una stazione, guardaverso di noi, mentre la sua figura è come filtrata da un monitor. Tsukamotosembra qui sussumere tutte le visioni e le immagini che popolano le grandicittà: dai milioni di televisori accesi nelle abitazioni fino agli enormischermi che illuminano le strade agli incroci più importanti. Ancora una volta,lo sguardo del film è quello della città stessa, con tutti gli apparatitecnologici che la caratterizzano e la definiscono. E poi ecco i suoi rumori:il passaggio del treno che ogni volta sembra una bomba che esplode nelleorecchie e nella psiche. E ancora, l’ossessione per i fili e i tralicci, cosìpresenti nel tessuto urbano nipponico, ma che solo chi sa alzare la testa può vedere. Tsukamoto è uno diquesti: si eleva dalla quotidianità soporifera che annienta, sollevasimbolicamente il capo verso il cielo screziato da fili e  pali elettrici, riesce a cogliere qualcosache la metropoli sembra volerci dire, un qualcosa che ancora oggi continua aperturbare e a rappresentare uno scarto rispetto a ciò che è comunementepercepito. In questo scarto d’autore, in questa sua capacità di immaginare ecogliere l’inesprimibile, Tsukamoto dimostra di essere un artista che sa sìlegarsi al suo tempo ma anche oltrepassarlo. [Matteo Boscarol].

Tetsuo (鉄男, Tetsuo: The Iron Man)
[1]È proprio l’eccessiva pulizia, l’ordine e paradossalmentela vivibilità delle città giapponesi che Tsukamoto indaga in alcune sue operesuccessive, quando spesso la violenza senza senso e improvvisa nasce proprio inquesti contesti.  [2]Ancheil sonoro è una parte maledetta e rifiutata. Tetsuo è pieno di rumori battenti, percussioni, cigolii edesplosioni che sono espulsi di solito dal canone della musica e da quello deisuoni.[3]Aquesto riguardo ricordiamo che uno degli artistic che più ha lavorato su questiscarti della società sia stato il Tedesco Kurt Schwitters, dalla cui opera«Merzabau» ha preso il nome uno dei più estremi artisti noise nipponici, Akita Mesami, in arte, appunto, Merzbow.[4]Tetsuo èuna parola composta dai due caratteri giapponesi di tetsu e o,  che significano rispettivamente "ferro"e "uomo".[5]Questitemi saranno indagati da Tsukamoto in altre opere, pensiamo soprattutto a Vital.

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