La battaglia intrapresa da freeskipper per dire "basta agli stipendi d'oro", inizia a dare i suoi frutti, se non altro perchè se ne parla! Infatti, qualcosa si muove in materia di “stipendi d’oro” e il governo sembrerebbe intenzionato a “moralizzare” gli stipendi degli Statali partendo dai dirigenti generali per finire sino all’ultimo degli uscieri che, se ben “piazzato”, percepisce uno stipendio di gran lunga superiore a quello di uno stesso dirigente sia pubblico che privato! Le retribuzioni dei dirigenti pubblici, infatti, sono soltanto la punta dell’iceberg di tutti i mali della Pubblica Amministrazione che gonfia di soldi ‘certi’ dipendenti senza ricevere in cambio servizi adeguati a quanto spende in stipendi e benefit vari! Fa bene, quindi, il governo a prendere provvedimenti atti a limitare i compensi dei dirigenti. Ma farebbe altrettanto bene a rivedere anche le retribuzioni dei semplici travet impiegati nei cosiddetti posti che ‘contano’, dove ancora si percepiscono i famigerati “stipendi d’oro”! Comunque, l’ultima versione del decreto legge destinato a limitare i compensi dei dirigenti messa a punto dal governo, sembrerebbe andare anche in questa direzione, palesandosi come una vera e propria sforbiciata, che colpirebbe anche le categorie finora al riparo (come la magistratura e gli organi costituzionali) e comunque imporrebbe una soglia massima, fissata a 60 mila euro, allo stipendio delle generalità dei dipendenti pubblici: non solo i dirigenti, quindi. La novità scatterebbe alla data di entrata in vigore del provvedimento, quindi verosimilmente già con gli stipendi di maggio. Il riferimento base, già annunciato più volte nelle scorse settimane, è quello della retribuzione del presidente della Repubblica, che come ricordato ieri dallo stesso Quirinale ha un importo lordo di circa 240 mila euro. Questo sarà il limite massimo, da applicare nella pubblica amministrazione ai dirigenti di prima fascia che hanno un incarico di capo dipartimento. Ma la maggior parte dei manager si dovrà fermare più in basso. È previsto infatti che l’importo del tetto sia ridotto rispettivamente del 30, del 60 e del 75 per cento, per gli altri dirigenti di prima fascia, per quelli di seconda fascia e per il restante personale. Le tre categorie si troverebbero quindi a non poter andare oltre i 168 mila, i 96 mila e ed i 60 mila euro: questa ultima cifra sarebbe quindi la prima soglia a scattare, anche per coloro che non hanno un contratto da dirigente. Si salvano dal limite massimo fissato a 240 mila euro solo i manager delle società quotate: quelli degli enti pubblici e delle società partecipate in tutto o in parte dallo Stato o da altre amministrazioni, comprese quelle che emettono obbligazioni quotate come Poste e Ferrovie ricadranno invece nella tagliola. E lo stesso varrà per i componenti i consigli di amministrazione. L’unica eccezione sembra essere quella relativa ai contratti d’opera per prestazioni artistiche, come nel caso della Rai, laddove c’è l’esigenza di competere con i concorrenti sul mercato. Ma non finirebbe mica qui. Il governo tenta di estendere il nuovo regime anche ad una serie di realtà finora escluse. In primo luogo gli organismi costituzionali, Camera, Senato, presidenza della Repubblica, Corte costituzionale, che godono di autonomia anche in termini di bilancio. Ora questi organismi e la Banca d’Italia dovranno applicare le stesse regole nei propri ordinamenti, garantendo comunque una riduzione delle spese complessive di almeno il 5 per cento rispetto al 2013: c’è quindi un pò di flessibilità sulle modalità, ma comunque viene imposto il tetto a 240 mila euro e viene anche fissato un obiettivo di risparmio. Con i risparmi ottenuti potrebbero così riaprirsi i tavoli contrattuali e spalmare il ricavato della spending review su tutti quei lavoratori dello Stato rimasti a bocca asciutta con buste paga ferme a 1.000 euro al mese dopo l’entrata in vigore dell’euro e con il blocco dei contratti.
Il condizionale è d'obbligo. Un pò di giustizia sociale, pure!