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- Scritto da Valeria Morini
- Categoria principale: Festival
- Categoria: Torino Film Festival 2015
- Pubblicato: 21 Novembre 2015
Il 33esimo Torino Film Festival si inaugura nel segno del femminismo e del cinema militante, con il britannico Suffragette della regista Sarah Gavron scelto come film di apertura. La pellicola ha l’ambizione di raccontare la lotta delle donne per il diritto di voto nell’Inghilterra del primo Novecento, con un cast decisamente intrigante che comprende Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Ben Wishaw, Brendan Gleeson e Romola Garai, oltre a Meryl Streep in un fondamentale cameo.
Comme d’habitude quando si tratta di ricostruzioni storiche, il film sceglie di ritrarre il movimento di protesta (e in particolare i mesi in cui si fece più radicale e al limite della violenza) lasciando sullo sfondo le protagoniste reali come Emmeline Pankhurst (la Streep, cui basta un’apparizione fugace per lasciare il segno) per concentrarsi sulle peripezie della finzionale Maude Watts di Carey Mulligan. La Gavron, insieme alla sceneggiatrice Abi Morgan, indaga la condizione femminile e la classe operaia dell’epoca attraverso il ritratto di una donna che prende progressivamente coscienza dei propri diritti, in un percorso di formazione dove la maturazione della protagonista procede in parallelo con l’intensificarsi della lotta.
È un film importante Suffragette? Lo è senz’altro, se consideriamo come ci sia voluto un secolo per portare per la prima volta sullo schermo una pagina così importante, che ha segnato in modo indelebile il percorso della parificazione tra uomo e donna. È anche un bel film Suffragette? Duole ammetterlo, ma il succitato capitolo storico avrebbe meritato una rivisitazione cinematografica di ben altro spessore. Nulla da dire sul piano recitativo, dove convince tutto il cast, con in testa una Mulligan dal physique du role semplicemente perfetto. Purtroppo, però, il rischio retorica è continuamente dietro l’angolo, il rapporto tra personaggi maschili e femminili sfiora il semplicismo e la pellicola mette troppa carne al fuoco, lanciando sottotesti non adeguatamente sviluppati (il tema degli abusi nella lavanderia dove lavora la protagonista, la violenza domestica sulle donne, solo per fare due esempi).
Se lo script della Morgan (autrice discontinua, capace di passare dalla sceneggiatura del magnifico Shame a quella del pessimo The Iron Lady) alterna passaggi interessanti a momenti troppo edificanti, è soprattutto la regia della giovane cineasta a lasciare piuttosto interdetti. Carente di un proprio stile personale, la Gavron si ostina a muovere freneticamente la macchina da presa per tutta la durata, finendo con il disorientare lo spettatore e costruire un impianto visivo che mal si adatta a un film in costume. Suffragette ha così la caratteristica di essere un’opera certo educativa ma, artisticamente, non più che decorosa, al pari di un comune Tv movie (siamo comunque a un livello superiore alle classiche fiction italiane con Beppe Fiorello, beninteso!).
Sui titoli di coda scorrono le varie annate in cui i Paesi del mondo hanno concesso il diritto di voto alle donne: l’ultimo in ordine di tempo è l’Arabia Saudita, che solo nel 2015 ha promesso di allargare l’elettorato all’altra metà del cielo. Segno che nella storia dell’emancipazione femminile la strada da percorrere è ancora lunga.
Voto: 2/4