Non credo di sbagliare dicendo che Caterpillar è un film contro gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e contro l’illogicità del dover servire l’Impero a scapito della felicità personale.
Lui torna dal fronte senza gambe e senza braccia, ci sente poco e non riesce più a parlare.
Il dramma della moglie che lo accoglie è immenso.
Torna però con tre medaglie imperiali, è un eroe di guerra, è il Dio della guerra.
Così anche lei, che la sua cultura costringe ad assecondarlo in tutto diventa eroina, esempio per tutte le mogli soldato e l’intero villaggio osanna la coppia tutti i giorni.
In casa però le cose sono diverse. Lei si sbatte al massimo e lui non fa nulla per provare ad alleviare la drammaticità della situazione.
Pretende attenzioni e cibo, molto cibo.
Mangia, dorme… e fa un sacco di sesso (visto che il suo cazzo sembra essere l’unica parte del corpo che funziona benissimo!).
La fatica quotidiana solleva in lei la consapevolezza che il titolo di Dio della guerra non ha alcun valore e che non è giusto sprecare la sua vita per un marito che prima della guerra la picchiava quotidianamente.
Lui stesso vive nel terrore ricordandosi pian piano degli stupri che ha compiuto quando era al fronte.
Vi ho detto praticamente tutto quello che capita nel film, del resto non è che ci sia da aspettarsi grosse sorprese.
L’interesse di Koji Wakamatsu non è sorprendere e nemmeno disturbare con le immagini (sebbene le scene di sesso siano decisamente inquietanti).
Credo che l’intenzione sia quella di stigmatizzare l’idealismo di sottomissione all’uomo e all’imperatore di quel Giappone, gli orrori della guerra (il film si conclude con i numeri di Hiroshima e Nagasaki), una società che non ovunque è oggi superata.
Il Dio della guerra non è altro che un totem portato in giro ed esibito come un simbolo.
Ciò che resta di quell’uomo trasportato in carriola credo sia l’emblema di Caterpillar.