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La congrega dei blogger si è riunita questo mese per parlare non più di un attore o di un regista che festeggia il suo compleanno, ma addirittura di un'epoca, di un decennale, che da sempre è base ricca di spunti per il cinema.
Sono gli anni '70, signore e signori, gli anni della contestazione giovanile, gli anni dei tumulti per la Guerra in Vietnam, gli anni dell'amore libero e delle droghe, gli anni della rivoluzione sessuale.
E quale film meglio la può rappresentare se non quello dedicato alla vita dell'icona di tutto questo, Linda Lovelace?
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Bè, in tutta onestà, forse rappresentanti migliori ce ne sarebbero, perchè passando dal documentario al film live (con intermezzo d'autore rappresentato da Urlo), Robert Epstein e Jeffrey Friedman perdono decisamente tono e efficacia.
Il loro ritratto non solo della pornostar più famosa dell'epoca ma anche del film che cambiò inevitabilmente la sua vita e l'industria del porno, è infatti quanto di più edulcorato possibile.
Riferimenti e momenti sessuali sono ovviamente presenti, ma l'intento dei registi sembra più quello di voler glorificare una persona che semplicemente raccontarla, usando tutti i mezzi pietistici del caso nel farlo: dalla musica lacrimevole alla lieto fine degno di una fiction, edulcorando il più possibile la figura controversa di Linda.
Si parte infatti mostrandocela puritana e per bene all'interno di una famiglia che dopo una sua gravidanza imprevista la tiene in riga, con coprifuoco e controlli, fino all'incontro con Chuck Traynor, che ben presto la sposa e inizia a sfruttarla, vedendo nelle sue capacità amatorie la possibilità di un guadagno.
La Plymouth Distributing non ci penserà due volte, e costruirà attorno alla sua "gola profonda" il film epocale che sdoganò il porno nella cultura popolare, facendo di lei una stella e un'icona.
Tutto bene fin qui, verrebbe da dire, ma passati 6 anni si torna indietro, mostrando tutte le ombre che le luci della ribalta tenevano nascoste: i soprusi, le violenze, gli obblighi a cui Chuck costringeva Linda, la sua lotta per far affiorare la verità, per cancellare quei 17 giorni nel mondo del porno che le hanno inevitabilmente e incancellabilmente cambiato la vita.
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E qui il film si perde e si sofferma fin troppo sull'innocentismo della donna, calcando sempre più la mano e dimenticando le possibilità che raccontare questi lati nascosti potrebbe portare -anche se non poi tanto visto che la stessa attrice li raccontò nella sua biografia bestseller Calvario.
Anche l'ambientazione sembra così accessoria, sottolineata solo dai costumi d'epoca e dalla musica funky, sfondo naturale della vicenda che non ha il giusto posto, oscurato dai fatti raccontati che poco tengono conto del contesto culturale. Questo è infatti utilizzato come una cornice, nonostante si tenti attraverso i titoli dei giornali, i filmati delle tv dell'epoca di mostrare la vastità del fenomeno Gola Profonda.
A convincere fin là è anche il cast, con Amanda facciastrana Seyfried a cui manca decisamente l'appeal e l'energia di Linda, con Peter Sarsgaard parecchio cattivo, e poi con star e starlette che appaiono qui e là senza lasciare il segno, da James Franco e Adam Brody, da Juno Temple, Bobby Cannavale all'irriconoscibile Sharon Stone.
L'operazione biopic che voleva quasi dare scandalo, finisce così in una bolla di sapone, facendo quasi il verso a un molto più riuscito e un molto più in linea coi tempi e con il mondo che voleva raccontare Boogie Nights, senza dire nulla di più e nulla di nuovo su un film che continuerà a vivere e a rappresentare, meglio di oggi, anni così tumultuosi.
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