Il nuovo evential day è arrivato! Quest'oggi sono in analisi i favolosi anni Settana, forse gli anni nei quali tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno avuto diciassette anni hanno desiderato di vivere. Sono gli anni in cui la profonda contestazione dei Sessanta è andata ad affinarsi, dove la musica rock ha continuato ad esplodere e un sacco di altre cose sono successe. Tutte inflazionate dalla cultura pop e, in gran parte, anche dal cinema, portando il tutto verso un immaginario molto stellestrisce. Non che ci sia un male ma io, che devo fare il bastian contrario in ogni caso - e il titolo del mio blog lo lascia ben intuire - ho preferito concentrarmi su quello che è l'aspetto meno piacevole di questo periodo. Il che capita a fagiolo, perché il tema di questo film, i desaparecidos, era quello che maggiormente mi aveva appassionato intorno ai sedici anni, quando non ero ancora così deluso da avere ancora in certa fiducia nella politica e una voglia di appassionarmi ad essa ed ai suoi passaggi più sinistri e, in qualche maniera, sconosciuti. Perché sì, c'è chi al mondo non sa cosa accadde in quegli anni in Argentina, ma d'altronde al giorno d'oggi ci sono miei coetanei che non sanno cos'è stata la guerra fredda e che non sanno cosa è stato il nazismo. Sì, sembra brutto e triste, ma purtroppo è così. Non c'è da stupirsi quindi se l'Italia è in crisi...
Maria è una giovane attivista politica che opera in un'organizzazione clandestina che opera in Argentina con lo scopo di far cadere la dittatura. Vive con la madre in una grande casa insieme a Felix, un affittuario, che è segretamente innamorato di lei. Un giorno però dei militari in borghese vengono a casa sua e la rapiscono, imprigionandola nel centro clandestino Garage Olimpo. Caso vuole però che il torturatore, quello che dovrà far parlare la giovane e bella Maria, è proprio Felix...
Film molto sentito dal regista e sceneggiatore Marco Bechis, che sullo stesso tema due anni dopo diresse Hijos. E non c'è da stupirsi dato che lui è di origine sudamericana [nasce a Santiago del Cile, da madre cilena e padre italiano] e che da ventenne è stato sequestrato e torturato proprio dal governo che con questa pellicola vuole denunciare. La sua è una voce che ha vissuto questo tema sulla pelle, letteralmente, quindi non c'è da stupirsi che il tutto si riversi su un film crudo e con una propria coscienza, forse di parte, ma è inevitabile che sia così. E' inevitabile essere di parte quando si legge di cose simili, perché è inconcepibile che degli esseri umani tendano a comportarsi in questa maniera. Così come trovo inconcepibili certi pensieri quando sento gente affermare che la dittatura è l'unico modo sicuro per governare e che la democrazia è fallibile (per quanto su questo secondo aspetto non abbiano tutti i torti), perché dopo tutte le disgrazie avvenute non mi sembra credibile che ci sia ancora gente convinta del contrario. Specie in Italia, che di dittatura qualcosa ne sa. Tornando al film, comunque, pur essendo inevitabilmente di parte, evita di infossarsi in tutti i tranelli di un certo biopic. Qui non si vuole fare un film biografico, si vuole raccontare ciò che successe in quegli anni, quindi si prende una storia inventata e la si immette in quel contesto, facendo in modo che tutti i temi che si volevano sviscerare saltino fuori anche allo spettatore meno erudito su questi fatti - come lo ero io all'epoca, ed è bello che per certi versi il cinema e le passioni aiutino a farti una cultura. Si ottiene un gioco quasi sadico fra un uomo innamorato ed una donna pura e sincera che però deve usarlo per aver salva la vita, cosa che riesce a creare una tensione palpabile e onnipresente per tutta la durata. Ed è forse un qualcosa di troppo difficile da gestire perché, nonostante tutto funzioni come deve, alla fine sembra quasi impossibile far collimare questa macabra e malata vicenda insieme al racconto degli sviluppi politici nel paese, creando una sensazione di 'troppo' che non tutti possono/vogliono sopportare. Anche perché Bechis, pur non cadendo nel gratuito, non 'te la manda di certo a dire'. Non gli fa schifo sporcarsi le mani, non si vergogna a mostrare delle torture o come i carcerieri trattavano le loro povere vittime. Tutto questo senza indugiare in maniera morboso, perché la telecamera svolazza nell'aria come uno sguardo disattento. Ed è proprio questo a inquietare così tanto: la palpabile indifferenza. Perché sembra incredibile che qualcuno possa compiere delle azioni simili senza vergognarsi o senza sentire dei sensi di colpa, così come i governi stessi hanno ordinato queste cose e, magari, gli stessi mandanti quella sera se ne sono tornati a casa e hanno dormito tranquillamente. Ma soprattutto l'indifferenza peggiore - questa è una mena mia, prendetela come una divagazione - quella che dovrebbe inquietare di più, è la nostra, spettatori non solo di questo film ma del mondo in generale, tanto bravi a indignarci quando sentiamo certe notizie al tiggì ma così poco volenterosi di darci da fare, anche nel nostro piccolo, per poter migliorare il mondo. Così pigri da non volerci neppure informare, in un'epoca dove basta fare due clic su Wikipedia, perché sapere fa male. Perché alla fine basta voltare lo sguardo e far diventare tutti i problemi che affliggono questo pianeta un nulla, trasformando tutte le vittime in una moltitudine di desaparecidos. Questo film lo leggo non come un invito a informarsi su questo fatto in generale, ma come a un qualcosa che spinge ad ampliare le proprie conoscenze politiche, storiche e sociali. Perché spesso per affrontare ciò che non si conosce basta guardarlo in faccia e dargli un nome.Non il film più allegro per questa iniziativa, ma da una parte sentivo che era mio dovere parlarne. D'altronde, nel mio piccolo è questo che posso fare. Anche se è, sicuramente e purtroppo, immensamente poco.
Voto: ★★★ ½Insieme a me partecipano anche:CinquecentofilminsiemeCooking MoviesDirector's CutIn Central PerkMontecristo
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