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The Act of Killing - L'atto di uccidere
(Danimarca, Norvegia, UK 2012)
Titolo originale: The Act of Killing
Regia: Joshua Oppenheimer, Anonimo, Christine Cynn
Cast: Anwar Congo, Herman Koto, Syamsul Arifin, Ibrahim Sinik, Yapto Soerjosoemarno
Genere: massacrante
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Ci sono sempre (almeno) due modi di raccontare una storia. Per parlare del massacro di 2,5 milioni di cinesi comunisti avvenuto in Indonesia tra il 1965 e il 1966 la via più ovvia, quella più politically correct, sarebbe stata quella di dare voce ai famigliari delle vittime. Ne sarebbe uscita una pellicola toccante e strappalacrime, di sicuro impatto.
Il regista Joshua Oppenheimer ha invece compiuto un'altra scelta. Ha deciso di far parlare i carnefici di quel massacro. Ha voluto dare loro la possibilità di spiegare quanto hanno fatto. In questo modo nessuno può dire che sia un documentario di parte. Questa non è la versione delle vittime. Questa è la verità degli assassini. The Act of Killing da questo punto di vista è un po' lo Shrek dei documentari storici. La parola ai mostri.
Il colpo di genio della pellicola sta in questo, ma i suoi meriti non sono certo finiti qui. The Act of Killing è un documentario di una bellezza cinematografica incredibile. Ci sono delle scene di devastante poesia alternate a momenti di shockante ferocia, in cui i carnefici simulano i loro passati massacri con il sorriso sulle labbra, persino ballando. Da una parte c'è una cura notevole nella fotografia e nella scelta delle inquadrature che rendono questo documentario un gioiello su un piano prettamente registico. Dall'altra ci sono dei contenuti sconvolgenti e delle sequenze di un'efficacia tale che nemmeno uno sceneggiatore dotato di un'enorme fantasia si sarebbe potuto immaginare.
ATTENZIONE SPOILER
The Act of Killing è un viaggio impressionante all'interno della malvagità. Allo stesso tempo è anche una riflessione di rara efficacia sulla potenza del mezzo cinematografico. I carnefici prendono atto, o almeno uno di loro lo fa, delle sue azioni passate soltanto rivivendole. Un uomo che ha trascorso la sua intera esistenza credendosi un gangster di un film americano si rende conto del male che ha compiuto soltanto grazie alla fiction. Per noi spettatori è il contrario. Sentiamo tutto il peso della cattiveria umana non attraverso una ricostruzione fittizia, bensì tramite le vere parole di un uomo che da solo ha davvero ucciso almeno un migliaio di persone.
FINE SPOILER
Difficile esprimere ciò che si prova di fronte a una visione del genere. The Act of Killing non è solo un pugno allo stomaco. The Act of Killing ti prende lo stomaco e te lo rivolta come un calzino. Lo fa attraverso una forma cinematografica maestosa, in modo da rendere più accettabile questa gita giù all'ultimo girone dell'Inferno. E lo fa accompagnato da qualche scena straniante e da qualche momento sorprendentemente e spaventosamente divertente, tipo questo...
C'è da notare però, con uno sconcerto pari a quello della visione, che il film non ha ottenuto l'Oscar di miglior documentario 2013, battuto da 20 Feet from Stardom, docu musicale che a questo punto sono curioso di vedere per capire se possa effettivamente essere considerato migliore di questo. Ne dubito. Per quanto mi riguarda, The Act of Killing è una pellicola che non credo rivedrò mai più. Sarebbe troppo doloroso. Non posso però a fare a meno di consigliarne la visione a tutti, perché questo è uno di quei film che nella vita vanno visti. Una sola volta basta, anche perché ho l'impressione che il suo ricordo – e lo dice una persona con dei seri problemi di memoria come me – non se ne potrà mai più andare via.
(voto 9/10)