Negli Stati Uniti, si sa, l'estate è una stagione cinematografica importante. Da noi, au contraire, è il periodo in cui far uscire i fondi di magazzino che tanto nessuno vedrebbe comunque (il che di tanto in tanto consente ad alcune perle dimenticate dal marketing di avere la loro chance). E' quindi con un pizzico di stupore che ho registrato l'uscita di The Amazing Spider-Man di Marc Webb proprio in questo periodo. Dopo averlo visto la risposta è venuta da sola: proporlo in un altro periodo avrebbe significato mandarlo al massacro.
Giusto per non essere frainteso chiarisco subito di non essere mai stato un grande fan della trilogia di Sam Raimi, a cui però va concessa potenza visuale e una certa abitudine al confronto con il lato oscuro.
In questo "reboot" Webb sceglie, con buona intuizione secondo me, il taglio adolescenziale: Peter Parker e la bella Gwen Stacy sono ancora al liceo. Il giovane Parker soffre ancora per la perdita dei genitori, gli zii già anzianotti si devono confrontare con l'adolescenza del personaggio. Parker è il classico secchione un po' sfigato vessato dal muscolare Flash Thompson e innamorato della deliziosa Gwen Stacy. Il ritrovamento di documenti segreti del padre di Peter farà sì che il nostro eroe entri in contatto con l'antico socio del padre, il dottor Connors. Da qui una serie di eventi che porterà Peter ad essere morso dal famoso ragno geneticamente modificato, scoprire i propri fantastici poteri, ma anche - a cascata - essere l'involontario motore della trasformazione genetica del dott. Connors in Lizard, un invulnerabile superlucertolone con cui lo scontro diventa inevitabile.
Nessuna lamentela sugli interpreti: Andrew Garfield è bruttino abbastanza per essere credibile nella impacciata vita "ordinaria" di Peter Parker e abbastanza giovane da ricordarsi com'è avere 17 anni (a proposito, bella la scena in cui mentre aspetta l'implacabile Lizard gioca a puzzel bobble sullo smartphone). Emma Stone (The Help) è molto graziosa ed è una Gwen di grande carattere anche se è secchionissima (a 17 anni capo-stagista in una multinazionale della genetica?!?). Martin Sheen e Sally Field non hanno bisogno di commenti, per due professionisti come loro questo è un compitino facile facile, ma svolto con serietà. Rhys Ifans (I love radio rock, Xenophilus Lovegood in Harry Potter e i doni della morte, il bellissimo video degli Oasis The importance of being idle) interpreta un dottor Connors a cui un po' di ambiguità in più avrebbe giovato.
Nel ruolo del papà gruista ri-troviamo C. Thomas Howell: pensare che da giovane prometteva meglio di Tom Cruise!
Marc Webb è un ottimo professionista e dopo 500 days of Summer ci dimostra di essere in grado di dirigere film di generi diversi. Il programma viene apertamente dichiarato per bocca della professoressa di lettere di Peter e Gwen: tutte le storie si riducono ad una: chi sono? Fin qui nulla di male: il problema identitario di un orfano che ad un certo punto della propria vita si trova geneticamente mutato con le abilità (ma non con i difetti) di un ragno potrebbe dare luogo a una storia interessante. Il problema è dare forma all'idea: Webb però non è Nolan con il suo Batman combattuto fra l'istinto di liberare il lato oscuro e la volontà di perseguire il bene nè Burton il cui universo visuale sa rafforzare il concetto di assurda ed ineluttabile solitudine dei personaggi, cattivi o buoni che siano; tantomeno è un Synger con i suoi X-Men mutanti lacerati dal desiderio di essere accettati. Webb, invece, è un bravo regista di videoclip: le scene d'azione sono spettacolari, la scena di lotta nella metropolitana è grande, ma i rapporti fra i personaggi sono poco più che accennati, le città è solo una grande città. Parker nonostante il ribellismo giovanile non vuole dar fastidio a nessuno (nemmeno al padre di Gwen) Insomma, Webb manca di senso del dramma e dell'ironia.
Alla fine: una buona pellicola se avete meno di diciotto anni, siete stati bocciati e dovete passare l'estate in città. Se siete genitori desiderosi di sottrarre le creature alla canicola estiva, sappiate che alcune scene sono estremamente violente, consiglierei di aspettare di essere almeno alle medie.
Se siete semplici spettatori probabilmente uscirete sottilmente insoddisfatti e in qualche momento della pellicola forseanche un po' annoiati.
A chiosa l'ormai - ahimè - consueta invettiva contro il 3D così com'è sfruttato oggi dall'industria cinematografica. Tre quarti del film si possono vedere senza occhialini (io l'ho fatto) e non cambia nulla se non alcuni particolari insignificanti. Prima del film c'è la sigla della tecnologia 3D con un cagnolino robot che gioca con una palla che sembra schizzare a un metro dal naso dello spettatore, poi il film è quasi tutto in 2D. Dispiace constatare che a parte pochi casi (qui e qui, per esempio) sotto l'annunciato 3D...niente!
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