A due anni dal poco convincente reboot volto a porre nel dimenticatoio, forse troppo rapidamente, la riuscita trilogia di Sam Raimi (iniziata nel 2002, proseguita nel 2004 e conclusa, con qualche stridore, nel 2007) dedicata al buon vecchio Spidey, “nato” nel 1962, sulle pagine del n.15 della serie Amazing Fantasy (Marvel Comics, ideazione di Stan Lee e matite di Steve Ditko), ecco arrivare The Amazing Spider-Man 2- Il potere di Electro, secondo capitolo di quella che ormai si palesa come una delle tante costruzioni commerciali di stampo seriale (già in cantiere, infatti, due seguiti ed altrettanti spin-off).
Sempre Marc Webb alla regia, muta invece il pool di sceneggiatori (Alex Kurtzman, Roberto Orci, Jeff Pinkner), nell’intenzione primaria di allestire una messa in scena dalla costruzione più articolata e maggiormente definita, tanto delle situazioni quanto dei personaggi. La mia sensazione è che si sia optato per una sorta di compromesso tra una modernizzazione debitrice, nella stilizzazione complessiva in particolare, della serie Ultimate Spider-Man, e il rispetto filologico, quasi ossessivo, nei confronti delle tavole originarie, vedi la ritrovata ironia, spavalda e guascona, dell’arrampicamuri nello svolgimento delle sue gesta, mirabolante sfogo dei suoi tormenti interiori, in contrapposizione alla condizione di eterno nerd propria del ragazzo dietro la maschera, Peter Parker (Andrew Garfield).
Jamie Foxx nei panni di Electro (movieplayer)
Evidente anche, un po’ come nelle storie disegnate da John Romita Senior a partire dal 1966, la ricerca di un maggior equilibrio nei confronti dell’inevitabile sdoppiamento fra le vicende eroiche contro il crimine proprie di Spider- Man e quelle sentimentali in cui si trova coinvolto Peter, il sofferto amore per Gwen Stacy (Emma Stone), nel ricordo della promessa rivolta al defunto padre della ragazza di non coinvolgerla nella sua condizione superomistica. Ma il nostro si trova inoltre lacerato dall’ossessivo ricordo relativo alla morte dei propri genitori, riguardo la quale ora ogni mistero verrà svelato, senza dimenticare la difficile convivenza con zia May (Sally Field), anche dal punto di vista economico, per quanto il ragazzo, appena diplomato, cerchi di contribuire al magro bilancio familiare come fotografo free-lance (peccato che il direttore del Daily Bugle lo paghi con le tariffe previste negli anni’60…). Tutti tentativi sulla carta certo encomiabili, ma che nella resa pratica sullo schermo non trovano, purtroppo, una convincente visualizzazione: l’incedere narrativo appare come scomposto in diversi quadri dall’andamento altalenante, nella mancanza, pressoché costante, di una certa fluidità. Le scene d’azione, soprattutto, appaiono orfane di un vero e proprio crescendo drammaturgico, in particolare quelle che vedono confrontarsi Electro, l’ex geek Max Dillon (Jamie Foxx), e Spider-Man.
Andrew Garfield Spider-Man (movieplayer)
La trasmutazione del complessato impiegato in “Scintilla”, si rivela, infatti, sin troppo schematica e generica, manca di quella deflagrante miscela di stravaganza ed inventiva presente nel personaggio originario, per quanto fedele all’idea del “cattivo cause circostanze” cara alla Marvel. Appare comunque interessante il riferimento a come la sua malvagia potenza, più che in virtù della corrente elettrica, si alimenti grazie alla combinazione fra una complice nemesi messa in atto dallo stesso spara ragnatele e la rapida e crescente notorietà acquisita, idonea ad elevarlo dalla precedente condizione di stagnante inesistenza. Più consistenti, invece, appaiono le sequenze finali con Dane DeHaan nelle doppie vesti di Harry Osborn/Goblin, ben rese dal giovane attore nel visualizzarne il tormento interiore dovuto ad un senso di frustrazione ed impotenza di fronte a qualcosa che non sia acquistabile col denaro, oltre che da un irrisolto confronto paterno, che in un certo qual modo lo rende speculare all’amico/nemico Peter. Se quindi sceneggiatori e regia mancano il bersaglio nel conciliare le diverse anime della pellicola, a volte straniante nell’impiego di una comicità da cinema muto dal sapore precostituito, restano certo avvincenti i voli di Spidey fra i grattacieli della Grande Mela, anche se l’insistita ludicità visiva, in stile videogame, alla lunga diviene stancante, sensazione incrementata da un 3D raramente funzionale. Personalmente ho avvertito la mancanza di quella sfrontata leggerezza nell’impiego dei propri poteri che conduce gradualmente alla consapevolezza delle proprie responsabilità al riguardo, come da prassi consolidata sin dalla creazione del nostro, ben presente nelle realizzazioni di Raimi.
Garfield ed Emma Stone (movieplayer)
Dove la pellicola funziona è nel riuscire ad offrire una valida concretezza al rapporto fra Peter e Gwen, merito dell’alchimia fra i due interpreti, coppia anche nella vita, ma soprattutto della valida prova offerta dalla Stone, a mio avviso la migliore in campo, mirabile nel suo conferire dolcezza e determinazione al personaggio interpretato. Non siamo di fronte alla classica “pupa del supereroe”, anzi la donzella si rivelerà valida alleata una volta che le circostanze lo richiederanno e capace di esprimere una certa indipendenza, tanto da convogliare le scelte dell’amato verso un percorso di crescita idoneo a superare i tipici conflitti esistenziali propri del periodo post-adolescenziale, pur nell’ottica di dover fronteggiare le varie avversità che comunque si presenteranno.
Una volta che il gran frastuono volgerà al termine ed i toni si faranno più riflessivi ed intimistici, The Amazing Spider- Man 2 acquista un’inedita consistenza, lo stesso Garfield appare mutato nell’aspetto, meno catatonico nello sguardo (mi riferisco al volto senza maschera) ed il finale sembra avviarsi ad una costruzione nel complesso felice, rendendo intuibile un prosieguo delle avventure alla luce di una relativa tranquillità nel proprio essere “uno e bino”.
Garfield e Dane DeHaan
Invece ecco riaccendersi le luci della giostra, un nuovo nemico si fa vivo all’orizzonte, il redivivo Aleksei Mikhailovich Sytsevich (Paul Giamatti) apparso nella sequenza iniziale, ora nelle robotiche vesti di Rhino: un breve attimo di riflessione, giusto il tempo per consentire al prode aracnide di smaltire i fumi dei rovelli interiori e risalire sull’ottovolante per un roboante combattimento malamente interrotto causa l’immancabile cliffhanger di rimando alla prossima puntata. In conclusione, un film complessivamente godibile ma non propriamente entusiasmante nel suo andamento schizofrenico (un curioso parallelo, non so quanto voluto, con la personalità del protagonista), alla continua ricerca, propria tanto del regista quanto degli sceneggiatori, di un concreto amalgama fra humour, epicità e dramma. Nella lotta irrisolta fra realismo e computer graphics, a dominare è l’incapacità di offrire agli spettatori quel rimando fra realtà e fantasia proprio sia delle tavole disegnate che della cinematografia, unita ad una mancanza di qualsivoglia empatia cui neanche un supereroe come l’Uomo Ragno, ormai avvolto nella sua stessa ragnatela, può porre rimedio.
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Tobey Maguire
Qualunque cosa la vita abbia in serbo per me, non dimenticherò mai queste parole: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”.
È il mio talento, e la mia maledizione. Chi sono io? Sono Spider-Man! (Peter Parker/ Tobey Maguire in Spider- Man, Sam Raimi, 2002).