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Si profila un'estate cinematografica all'insegna dello scontro tra titani: Il cavaliere oscuro – il ritorno versus The Amazing Spiderman. Una guerra tra blockbuster, si sarebbe detto qualche anno fa, quando l'omonima compagnia di videonoleggio era viva e vegeta. Oggi che la Blockbuster è fallita e il mercato dell'homevideo in stadio di avanzata decomposizione, è tempo per gli addetti ai lavori statunitensi di riempirsi la bocca di una nuova etichetta: tentpole movie. Traduzione: un colossal dal budget smisurato e dal successo assicurato, in grado, con un solo incasso, di compensare un intero anno di flop cinematografici. Un vero e proprio paracadute a forma di dollaro per gli studios hollywoodiani tallonati dall'incipiente sottobosco della pirateria online.
Quest'anno, il tandem Disney-Marvel ha voluto giocare d'anticipo con The Avengers, nelle sale da maggio. Il film di Joss Whedon, che in pochi mesi ha rastrellato abbastanza introiti da subissare le major rivali Warner e Fox, si è presto catapultato sul podio della classifica dei titoli più lucrativi al box office, terzo dopo Titanic e Avatar. Se già con l'acquisto della Pixar la casa di Mickey Mouse sembrava aver trovato la sua gallina dalle uova d'oro, l'arruolamento della Marvel, grazie alle sapienti manovre del timoniere Bob Iger, le garantirà negli anni a venire una manna di eroi costumati, passati dalle pagine dei fumetti ai megaschermi delle multisale.
La battaglia è appena cominciata e, con il caldo torrido, ecco risuonare il gong di una nuova sfida. Ai lati del ring, l'aracnide più amato di sempre e il cupo pipistrello di Gotham City. Due combattenti che non potrebbero essere più diversi. Laddove il Cavaliere oscuro si è imposto come la mosca bianca di un ecosistema altrimenti dominato dalle impietose, e non sempre qualitativamente lungimiranti, leggi del mercato, con il gran rifiuto del suo supercreatore Christopher Nolan di piegarsi al diktat del digitale (il film, un esemplare in via d'estinzione, è girato in 35 e 70 mm), nonché alle lusinghe effettistiche della stereoscopia, il redivivo Uomo Ragno non solo non disdegna il 3D e una dose massiccia di computer grafica, ma, con i noti travagli produttivi che ne hanno battezzato l'intera progettazione, si è fatto emblema di un opportunismo ahimé imperante al di là dell'Atlantico.
C'era una volta una trilogia, degnamente realizzata da un regista, Sam Raimi, che la palestra horror (La Casa) ha addestrato alle più fantasiose soluzioni visive. Il grande successo di pubblico e critica del suo Spiderman, nonchè due sequel altrettanto riusciti, inaugurano il tormentato decennio post-11 settembre. Un eccezionale volano per la rinascita del genere supereroistico, dopo la variopinta preistoria burtoniana e la parentesi glamour dei Batman di Joel Schumacher negli anni '90. Per la Sony Pictures, che produce il franchise, l'agile ragnetto partorito dalla matita di Stan Leediventa la vacca da spremere fino all'ultima goccia. Raimi viene coinvolto in un quarto episodio della saga, ma qualcosa va storto, e così il regista viene lasciato a casa con il solito eufemismo delle “divergenze creative”. La palla passa al quasi esordiente Marc Webb. Cambia anche il cast: perchè incaponirsi ad inseguire la scia di una stella come Tobey Maguire, quando nella tuta rossa e blu si può infilare, a metà prezzo, un semisconosciuto (Andrew Garfield) che, forse, non avrà dalla sua il physique du role del predecessore per vestire i panni dello sfigatissimo Peter Parker, ma che, bisogna ammetterlo, come interprete qualche cartuccia da sparare la conserva.
Una furba scappatoia, quella del reboot a così poca distanza dalla trilogia di Raimi, dal momento che la Sony si era a suo tempo impegnata con la Marvel nella produzione di un nuovo Spiderman entro il 2013, pena la perdita del diritti d'utilizzazione del personaggio. Alla proposta indecente, lo sventurato Webb risponde, ovviamente, con un “sì” incredulo. Ma, una volta ritrovatosi alla guida del giocattolone supercostoso e superimpegnativo, il poveretto, che all'attivo conta un solo lungometraggio (la pregevole commedia d'amore a low budget 500 giorni insieme, lontana anni luce dall'universo dei supereroi), non ha saputo restare in carreggiata e dribblare le insidie di un film che, certo, ha visto la luce prematuramente. É proprio vero, a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità. E non sempre si è all'altezza del compito.
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