L’inizio della vicenda è ambientato nel 1973. Una scritta inquietante ci tiene inoltre a farci sapere che ciò che vedremo è basato su una storia vera, o meglio una finta storia vera, un po’ come The Blair Witch Project, Paranormal Activity e, con molta fantasia, una buona metà degli horror usciti negli ultimi anni. Peccato che, appena pochi minuti dopo, si passi al presente e tutto questo contorno di docu-fiction sia del tutto dimenticato. E allora perché inserirlo?
"Ashley, aspetta a denudarti, altrimenti il pubblico abbandona subito la sala..."
La storia comunque è quella classica da horrorino estivo, peccato sia arrivato tardi: un tizio (Sebastian Stan) e una tizia (Ashley Greene) vanno a vivere insieme in una casa sperduta in mezzo al nulla e in questa casa cominciano a succedere cose strane. Cose tipo che il tavolo della cucina è sporco… Uuh, che paura! O cose come un cactus che muore… Uuh, che grave perdita per l’umanità!Il livello di tensione a tratti è alto, quasi insostenibile, perché uno si chiede: arriverà o non arriverà? Arriverà o non arriverà? E poi finalmente arriva, la scena immancabile per ogni thriller che si rispetti (o anche che non si rispetti) da Psyco in poi. La scena della doccia. Ashley Greene si toglie i vestiti e qui nasce il dubbio. Ci sarà la tanto attesa Apparition promessa dal titolo? Non dico che debba far vedere la vagina, ma almeno le tettine, ce le mostrerà si o no?
Il dilemma: Ashley Greene andrà fino in fondo? A spogliarsi, intendo, non a fare la cacca.
"Voldemort, ti invochiamo per sapere come liberarci da Harry Potter!
Ah, ti ha sconfitto come un pirla? Allora scusaci per il disturbo, rest in peace."
Per il resto, si tratta di un thrillerino davvero modesto, porello, destinato ad apparire quanto altrettanto velocemente sparire dalla memoria. Io continuo a chiedermi perché dei produttori hollywoodiani possano investire una discreta somma di denaro ($17 milioni, e può ancora essere considerata una produzione low-budget) in una sceneggiatura del genere, la solita robetta pseudo paranormale su una casa pseudo infestata che non offre alcuno spunto manco pseudo originale. La scena in cui una creatura innominabile esce dalla lavatrice ad esempio è presa pari pari da quella di The Ring in cui Samara viene fuori dalla tv. E ormai copiare The Ring non è più manco di moda. Che dire poi del finale? Spaventoso. Sì, avete già capito: nel senso di orribile, non di pauroso.
"Esci da questa casa, Harry Fotter!"
Tra le note positive, non male le musiche dei Tomandandy (che già avevano curato la soundtrack de Le regole dell’attrazione) e i due protagonisti tutto sommato reggono bene la scena. Ashley Greene è la vampirella Alice Cullen della saga di Twilight, che continua a impazzare (non si sa bene perché) ai botteghini di tutto il mondo con l’ultimo capitolo Breaking Dawn Parte 2. Non è certo una grande attrice, però è più convincente di una Kristen Stewart, tanto per fare un nome a caso, e soprattutto la scena la regge a livello fisico. Il protagonista maschile è invece Sebastian Stan, uno che abbiamo visto in particine in Gossip Girl e Il cigno nero, quindi nella serie tv politica Political Animals e ora in Once Upon a Time è un cappellaio matto migliore del Johnny Depp timburtoniano. Con che ci andasse molto… Pure lui riesce a essere piuttosto convincente, considerando che la sceneggiatura e i dialoghi potrebbero benissimo essere stati scritti da un bambino di 3 anni. Oltre ai due protagonisti, si ritaglia una particina pure Tom Felton, aka Draco Malfoy, il personaggio migliore della saga di Harry Potter. Hermione a parte, of course.Se di tensione ce n’è davvero poca, in questo The Apparition, i grandi misteri allora riguardano tutti Ashley Greene: perché la sua auto appare senza la targa davanti? E, soprattutto, ce le mostrerà o meno queste benedette tettine? (voto 4,5/10)