Magazine Cultura
Li ho scoperti per caso seguendo una puntata del David Letterman Show dove alla fine hanno presentato Beggar in The Morning, una ballata d'atmosfera che coi suoi suoni acustici sospesi in un folk avvolgente e senza tempo mi ha letteralmente stregato e ha lasciato di stucco lo stesso scafato presentatore. Mi sono subito procurato il loro cd, intitolato semplicemente The Barr Brothers, edito dalla sconosciuta Secret City Records e ho scoperto uno di quei gioiellini ignorati dai media ma preziosi come un album. I Barr Brothers sono costituiti dai due fratelli, Brad, chitarre, organo, basso, wurlitzer e Andrew, batteria e percussioni e da Sarah Pagè, arpa e dulcimer, arrivano dal freddo Canada (Montreal) e si erano fatti conoscere una decina di anni fa col nome di The Slits, una sorta di jam band. I Barr Brothers sono però molto diversi da quella band, ai tre si uniscono alcuni amici che suonano basso, contrabbasso e vibrafono, intrecciano con delicatezza e una buona dose di eclettismo folk acustico, ballate pastorali, echi di Pentangle, ritmi africani (Alì Farka Tourè e Tinariwen), un pò di blues del Delta e qualche scampolo cantautorale canadese come il Bruce Cockburn dei boschi ed il David Essig del profondo e silenzioso nord.
Il melange che ottengono è strambo, poco catalogabile ma estremamente fresco e accattivante, un mix sonoro che in qualche frangente ricorda gli americani Low Anthem per l'atmosfera dilatata e i suoni talvolta rarefatti che riescono a costruire. Ma i Barr Brothers non sono come molti gruppi odierni di nu-folk tutta suggestione e niente sostanza perchè sanno scrivere canzoni valide e varie che a volte traducono una inattesa capacità visionaria (un esempio è Cloud for Lahsa) e vi trasportano in un mondo fiabesco e a volte sono saldamente ancorate al presente e alla terra evocando il blues elettrico (bella la versione di Lord, I Just Can't Keep From Crying di Blind Willie Johnson) e la grande Madre Africa (un'ipnosi la loro Give The Devil Back His Heart, splendida Deacon' s Son). Il folk intimista, soffuso e tinto di leggera colorazione psichedelica si mischia ad un terreo blues e a ritmi sghembi e ancestrali, il risultato è affascinante e singolare. Le ballate, a cominciare dalla superba Beggar in The Morning, sono carezze di una dolcezza esemplare, i suoni trasmettono la suggestiva, tranquilla e deliziosa atmosfera di un paesaggio canadese. Un disco fuori dai canoni, bello e originale, reso possibile col supporto del governo del Canada.
MAURO ZAMBELLINI FEBBRAIO 2012
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