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The big, big One. Nel 1111 arrestarono Papa Pasquale, ma Silvio è tranquillo

Creato il 11 novembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
The big, big One. Nel 1111 arrestarono Papa Pasquale, ma Silvio è tranquillo Vediamo. Cosa potrebbe mai fare Silvio alle 11, 11 minuti e 11 secondi dell’11.11.11 che non abbia già fatto? Oggi è il suo giorno, quello del palindromo perfetto che non si ripeterà mai più nei secoli dei secoli. Amen. Qualcuno potrebbe dire che c’è una speranza forte che non nascerà mai più un governo Berlusconi, ma sarebbe solo una supposizione non suffragata da fatti concreti perché poi, alla fine, Machiavelli ci dice che per riffa o per raffa la storia si ripete sempre. Nel 1111, l’anno del palindromo perfettissimo, Enrico V fece mettere in gattabuia Papa Pasquale. Non avendo personalmente nulla contro Papa Ratzinger, noi ci accontenteremmo che in galera ci andasse quello in qualche momento ci si è sentito, Papa, salvo iniziare a delirare fino a identificarsi nel suo Principale. Ma siccome la combinazione del palindromo perfetto, secondo l‘esoterismo, è anche quella del demonio, potrebbe  accadere che Silvio scenda negli inferi dove sono pronti per lui poltrone Frau in ogni girone. Magari potrebbe approfittarne per sedersi e firmare la lettera di dimissioni, ma lui preferisce posti più accoglienti e soprattutto compagnie meno sulfuree di quelle di quattro diavoletti infoiati (c’è già lui). Silvio non si smentisce mai. All’indomani delle dimissioni a breve, aveva fatto capire che la soluzione Monti era la migliore, ieri la pensava già in modo diverso, oggi avrà cambiato idea un’altra volta, domani chissà. C’è una buona parte del suo partito che gli urla in un orecchio “Alle urne, alle urne”, mentre un'altra preferirebbe terminare il mandato fosse anche, e solo, per una mera questione di vitalizi. E poi ci sono i voltafaccia dell’ultimo momento che lo sosterrebbero nell’eventualità che si decidesse di tornare a votare, quello di Di Pietro è forse il più clamoroso mentre quello della Lega non lo si può definire un voltafaccia, Bossi ha sempre detto che piuttosto che essere governato da un tecnocrate è meglio “...are in ga...ina”. C’è da dire che la posizione del leader dell’Italia dei valori ha scatenato la base del suo partito che sul web gliene ha dette di tutti i colori. “Ma come – gli scrivono i militanti –, ci hai fatto fare un culo della madonna per cercare le firme per il referendum anti-Porcellum, ne abbiamo raccolte un milione e duecentomila e ora vanifichi i nostri sforzi e ci fai andare a votare con la stessa legge”? Apparentemente il ragionamento non fa una grinza, ma proviamo a vedere quali sono le ragioni per le quali Tonino dice no a Monti e si alle urne. Fosse solo per una questione di immagine non ci sarebbe partita. Ieri sera, da Formigli, sentire Di Pietro e Emilio Fede che la pensano allo stesso modo ci ha fatto quasi venire un coccolone ma poi abbiamo provato a ragionare e ci siamo chiesti: perché? E ci siamo risposti che i perché esistono e sono tutti politici. Il governo Monti, qualora dovesse nascere, lo farebbe forte di due genitori, Casini e il Pd. Non c’è dubbio che un esecutivo a guida del presidente della Bocconi, si porta appresso una forte connotazione tecnica ma è anche vero che a trarne vantaggio sarebbero le banche, le imprese e l’Europa a trazione economico-finanziaria e non certamente quella “sociale”. La Marcegaglia, benedicendolo, ha già fatto capire implicitamente che tipo di marce innesterà Mario Monti per guidare l’Italia fuori dal guano e, quando la Marcegaglia dice si, noi solitamente preferiamo un no. Ancora. Rispondere positivamente alle esigenze del marcato e delle banche significa assumere le istanze dei cosiddetti “poteri forti”, di coloro cioè che questo Paese lo governano davvero non apparendo mai pubblicamente, a parte Della Valle che non ne può proprio più e manda lettere pure alla suocera. L’impressione insomma, che si potrebbe ricavare da un governo a forte marchio bocconiano, è quella di un insieme di teste d’uovo che ha come riferimento più il gruppo Bilderberg che non il tessuto umano e sociale dell’Italia. Per molti aspetti questo è il risultato di un lavoro sotterraneo che dura ormai da mesi, quello che ha visto D’Alema, Casini e Bersani mettere in piedi il “laboratorio Marche”. L’incubo di Di Pietro in questo momento, è che l’Udc e il Pd, insieme, possano dar vita a un governo che duri fino al 2013, che vanifichi i quesiti referendari (che il Pd non ha mai sostenuto), e che ponga le basi di quello che sarà il regime prossimo futuro dell’Italia post-berlusconiana: un centrosinistra che avrà molto di centro e pochissimo di sinistra, con l’Idv tenuta a debita distanza e Sel che risiederà in pianta stabile sui banchi dell’opposizione. La fuga dei berluscones verso il partito di Casini è la dimostrazione del fatto che qualcuno il gioco lo ha scoperto per tempo e ha iniziato a riposizionarsi seguendo la logica ferrea del trasformismo all’italiana, quella secondo cui, spesso, l’anti e il pro coincidono. Le premesse per un governo a trazione “poteri forti” ci sono tutte. Le lacrime e sangue annunciate saranno comunque a carico dei poveracci e dell’ex ceto medio mentre il rinnovamento della politica italiana avverrà sotto il segno del bizantinismo più esasperato. Romano Prodi, ormai diventato un vecchio saggio, ha detto che “Un governo tecnico segna la sconfitta della politica” e, a chi gli chiedeva cosa avrebbe risposto a Mario Monti qualora lo avesse chiamato, l’ex presidente del consiglio ha risposto “Io la mia parte l’ho fatta, basta così, grazie”. L’impressione che abbiamo è quella che, ancora una volta, i giochi siano stati fatti nelle segrete stanze delle segreterie e in quelle di qualche Colle posto più in alto, fra quattro dirigenti neppure amici che, in crisi di astinenza da potere, si siano messi d’accordo per riguadagnarne un po’. Massimo D’Alema, ad esempio, si è augurato che Monti voglia prendere con se i personaggi di spicco dei partiti che lo sosterranno e, a parte un’autocandidatura non da poco, alla fine questo potrebbe essere il percorso, l’ennesima marcia trionfale dei sarcofagi sempiterni dei politici di professione. Chi pretende cambiamenti da Monti farà bene a mettersi il cuore in pace e non si faccia ingannare dalle dichiarazioni sulla fine dei “privilegi della casta”. E tutto per colpa di una schifosa legge elettorale perché altrimenti, l’unica vera strada era quella di tornare a votare.

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