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The Blair Witch Project (di D. Myrick e E. Sanchez, 1999)

Creato il 06 marzo 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C
The Blair Witch Project (di D. Myrick e E. Sanchez, 1999)
Per molti The Blair Witch Project è una schifezza di film. Anzi, per molti The Blair Witch Project non è neppure un film. Quando uscì nel 1999 non c'era mai stato nulla del genere nei cinema mondiali. Escluso il precursore Cannibal Holocaust del nostro Ruggero Deodato, verso cui il lungometraggio di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez ha un debito infinito ma che, a conti fatti, è un'altra cosa. Senza ombra di dubbio, invece, The Blair Witch Project è il primo esempio di mockumentary moderno, non solo per stile ma anche per natura e mezzi: internet, pubblicità capillare, totale assottigliamento del mezzo cinematografico. O forse il contrario, forse l'unica cosa che rimane è proprio il mezzo cinematografico fuso completamente con la realtà che lo circonda, immerso interamente nella finzione che racconta. Roba complicata, insomma.
Quando vidi per la prima volta The Blair Witch Project avevo quindici anni e fu al cinema. Anch'io ero rimasto vittima di tutta la propaganda mediatica che lo aveva preceduto ma sapevo benissimo non si trattava di un filmato vero né di una storia vera. Nonostante questo il film mi fece una paura "fottuta". Una paura non limitata alla prima visione, ma costante e totale. E io, quando un film horror mi fa paura, tendo a perdere ogni remora critica. Qualcuno obbietterà che nel film non succede nulla e se non succede nulla non c'è molto di cui spaventarsi ed è proprio questo, secondo me, il pregio della pellicola. Non mostrare l'orrore, nemmeno farlo intuire ma mostrare i suoi effetti su cose e persone. Niente salti sulla poltrona o trovate ad effetto. Solo l'inquietudine che prende possesso, lentamente, tanto dello spettatore quanto degli attori. Perché i tre ragazzi protagonisti della pellicola sapevano a malapena cosa sarebbe successo e a chi sarebbe accaduto. I due registi seguivano le loro "vittime" di nascosto mentre quest'ultime prima intervistavano inconsapevoli abitanti di un paesino americano (che credevano si trattasse veramente di un documentario) e poi si perdevano nel bosco. E un bosco è il posto peggiore in cui perdersi, da quando è nato l'uomo e sono state create storie da raccontare.
The Blair Witch Project (di D. Myrick e E. Sanchez, 1999)
Heather, Joshua e Michael, tre studenti di cinema, decidono di girare un documentario sulla leggenda locale della strega di Blair, che che vivrebbe nei boschi presso Burkettsville, nel Maryland, dove tanti bambini sono scomparsi negli anni '40.
Anticipato da una campagna ossessiva compulsiva su internet, da volantini che denunciavano la scomparsa dei tre ragazzi affissi sui muri delle università americane, da un fumetto e una campagna pubblicitaria in tivù, The Blair Witch Project è un fenomeno sociale/commerciale che ha fatto molto parlare di se. Perché un prodotto di finzione che tendeva ad emulare processi reali è diventato realtà trasfigurandosi e trasfigurandola. C'è gente che crede tutt'ora che sia tutto vero, che tutto sia successo davvero nonostante registi e attori siano assorti al rango di vere e proprie star. E questo senza morti reali o reali sparizioni. Cosa che sarebbe potuta accadere soltanto nell'epoca della comunicazione globale e massmediale. Ed è proprio qui che sta il lato inquietante della vicenda: la rappresentazione pratica della paura come contagio, come virus invisibile o come mistero insvelabile. La paura da un punto di vista sociale.Tutto questo però non rende il film più film agli occhi dei detrattori. Tutto questo, anzi, non fa altro che avalorare la tesi che si sia trattato esclusivamente di marketing e i numeri sembrano confermarlo: 35.000 dollari spesi per un totale di incassi pari a quasi 250.000.000. 
Però (e parlo per me) il film fa paura ed è questo quel che pretendo - sempre di meno, ahimè - da un film horror. Se averlo girato con pochi mezzi, in presa diretta con pellicola da 16 e 8mm è riuscito a farlo diventare pauroso o si sia trattato di semplice condizionamento, poco importa. Alla fine, dopo la pubblicità, il film e il libro pubblicato in seguito, possiamo dire senza ombra di dubbio che la strega esiste ed è lì, in quel bosco divenuto meta di pellegrinaggi. E il cinema che modella la realtà è diventato un dato di fatto.
The Blair Witch Project (di D. Myrick e E. Sanchez, 1999)

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