A proposito di termovalorizzatore delle idee…
L’altra sera ho guardato una nuova serie. Di solito le guardo al ritmo di un episodio ad ogni allenamento (sì, faccio ginnastica). E siccome il tempo è poco, non mi informo più di tanto sul prodotto.
A volte le sorprese sono piacevoli.
A volte sono solo… sorprese.
Comunque, c’era questa serie anglo-francese, The Tunnel. Ho letto soltanto che il tutto partiva da un corpo rinvenuto nell’eurotunnel e, piacendomi l’ambientazione insolita, avendo una predilezione per i luoghi claustrofobici, senza rimuginarci tanto ho schiacciato play.
Guardo i primi minuti e apprendo che il cadavere di cui sopra, appartenente a una politica europea, è stato depositato dal suo assassino esattamente al confine, nel tunnel tra Inghilterra e Francia. Precisamente: il busto in territorio francese, le gambe in territorio inglese.
Occorre, per sbrigare l’indagine, la collaborazione tra due dipartimenti di polizia, inglese e francese.
Il detective inglese ha moglie e cinque figli. Per non averne altri s’è fatto la vasectomia, e quindi è afflitto da dolore alle palle, oltre che da humour tipicamente british.
La detective francese è gelida, razionale, del tutto priva di empatia. Cosa che la rende arrogante e insopportabile più o meno a tutti, tranne al poliziotto inglese.
In più, colpo di scena che cade più o meno intorno al minuto dieci, il corpo, messo sul confine, quando la scientifica lo solleva, si divide in due, perché è stato tagliato.
Ma non solo, qualche minuto dopo, in seguito all’autopsia, si scopre che non si tratta di un solo corpo, ma di due: un cadavere francese e uno inglese, uniti da un killer spiritoso e creativo.
Tanto, tanto creativo, se non fosse che questo è esattamente il pilota di un’altra serie, di cui ho già parlato: The Bridge.
Inutile che vi faccia il riassunto, è identica.
Poliziotta americana algida e priva di empatia collabora con poliziotto messicano a cui fanno male le palle, perché s’è fatto la vasectomia.
Le indagini vertono su due cadaveri composti in maniera da sembrare uno solo, lasciati sul confine tra Messico e Stati Uniti da un killer burlone.
A quel punto mi incuriosisco, tento di capire quale sia l’originale, l’antipatica serie americana o quella europea?
Sospetto, come sempre accade, che gli yankee abbiano copiato. Lo fanno sempre, pur di non importare una serie nel sacro suolo. Piuttosto che cedere la rifanno, infarcendola di razzismo non tanto represso contro i messicani, come accade in The Bridge.
Ma no, perché vengo a sapere, con grande stupore, lo ammetto, ché siamo di fronte a una specie di circuito delle hotwheels con tanto di giro della morte, ma dei telefilm stavolta, che The Bridge è sì un remake ammerigano, come credevo, ma non già di The Tunnel, ma della vera serie originale, da cui tutto è cominciato, che è stata copiata due volte, dagli americani e poi ancora dagli europei: Bron|Broen.
Bron|Broen è una serie svedese/danese. Il titolo è in due lingue, svedese e danese. Ed è la stessa parola, che significa: ponte.
Titolo inglese della serie è, udite udite, The Bridge.
Il pilota, più o meno, è il seguente:
viene ritrovato un cadavere su un ponte tra Svezia e Danimarca, lasciato esattamente sul confine. Il busto si trova in Svezia, le gambe in Danimarca.
Occorre, per svolgere le indagini, una collaborazione tra il dipartimento svedese e quello danese.
Il poliziotto danese è sposato con figli, gli fanno male le palle perché s’è fatto la vasectomia.
La poliziotta svedese è algida, razionale, così tanto da non mostrare alcuna empatia. Infatti sta sulle palle a tutti, tranne che al poliziotto danese (strano contrappasso…)
Il cadavere in realtà sono due cadaveri, composti in quel modo e lasciati sul confine dal killer burlone.
Avete una sensazione di deja-vu, vero? Una volta di troppo, magari…
Quindi, per la prima volta, credo, siamo di fronte a una doppia scopiazzatura carpiata con scappellamento a destra. Nemmeno lo sforzo di cambiare qualche dettaglio, hanno fatto.
La storia poi sarebbe pure interessante. In sostanza, il corpo (o i corpi) sul confine sono un messaggio/sfida del killer contro gli stati confinanti, una sorta di protesta pittoresca contro la politica sull’immigrazione. Almeno questo è ciò che si evince dal pilota.
Però resta il fatto che la serie è stata copiata due volte nel giro di due anni. Perché la capostipite è del 2011.
La causa può essere la cessione, da parte della SVT e della DR1 (televisione svedese e danese) dei diritti della stessa.
Ciò non toglie che resta la legittima domanda: cui prodest?
A chi giova, avere tre serie fotocopia?
Vogliamo davvero credere che il fatto che la serie fosse ambientata tra Svezia e Danimarca la rendesse, come dire, un tantino troppo etnica per essere gradita al pubblico americano, che preferisce invece prendersela coi messicani?
E il remake anglo-francese, al contrario, come si giustifica? Siamo sempre in Europa, no?
Per pura perversione, ho visto tutti e tre gli episodi pilota, per capire.
La versione peggiore, perché pregna di razzismo latente e di stolidi luoghi comuni è senza alcun dubbio quella americana. Gli yankee sono riusciti nell’impresa di rendere la protagonista femminile, interpretata non dall’ultima arrivata, ma da Diane Kruger, talmente antipatica che si è spinti a desiderare che il killer la faccia fuori.
La versione anglo-francese ha il pregio di non calcare troppo la mano sul fatto che l’agente francese sia diversamente empatica. Intepretata da Clémence Poésy, Elise è data per acquisita, non c’è alcun tentativo di renderla più strana o simpatica di quanto già sia, viene lasciata libera di agire e esprimersi, e questo la rende meno repellente della gemella americana, anche se, in pieno festival dello stereotipo, a lei, che è francese, viene data da mangiare la baguette…
Voglio morire…
La versione scandinava è, sorpresa sorpresa, la migliore. Sofia Helin, l’attrice che interpreta Saga Norén, la poliziotta sciroccata, è fresca e spontanea, quanto può esserlo un androide. Il punto è che non dà l’idea di essere il cucciolo sperduto bisognoso di comprensione perché diverso, ma trasmette invece un’idea di indipendenza e professionalità. E fanculo al resto.
Tra le controparti maschili, segnalo la presenza di Stannis Baratheon (Stephen Dillane) in The Tunnel.
Che risulta, per ora, il più simpatico dei tre poliziotti castrati.
Probabilmente, sceglierò di seguire solo la versione originale, ossia quella svedese. Perché, diversamente dalle altre due, rifulge sotto altri aspetti, primo fra tutti la fotografia, che in una serie televisiva non è cosa scontata.
La notte scandinava, col cielo di bronzo perché illuminato dalle luci della città, vale da sola le altre due copie raffazzonate. Vedere per credere.
Resta la domanda che non troverà risposta: perché rifarla? Non una, ma DUE volte nel giro di due anni?
È come se io prendessi I Robot di La Marmora di Alessandro Girola e lo riscrivessi identico, pubblicandolo.
Io mi prenderei una serie di sticazzi.
Questi signori invece incassano complimenti da un pubblico sempre meno partecipe e svogliato.