Bologna city limits, i Classmates riportano indietro le lancette dell’orologio e snocciolano undici anthem di puro garage-punk virato pop, canzoni che si appiccicano immediatamente addosso e non hanno dalla loro chissà quale ingrediente segreto: riff scarni ma energici, sezione ritmica che spinge, vocals graffianti ma in grado di farsi ruffiane al momento dell’immancabile coro. Insomma, se mai abbiamo stabilito che non serva chissà quale complessità per creare un brano riuscito, qui siamo all’esemplificazione perfetta, il che del resto non significa sia semplice riuscire nell’intento, perché tra il catturare l’attenzione e il passare via lisci come l’acqua fresca il passo è breve. I Classmates si assumono la loro buona dose di rischi e vanno dritti per la loro strada con tanta naturalezza che alla fine convincono e fanno propendere per il pollice in alto, anche quando finiscono involontariamente per sterzare verso il radio-friendly con un pizzico di chewingum attaccato sotto la scarpa (“I’ll Do My Best”). Il resto è solo puro e semplice rock’n’roll nella sua accezione più estesa e completa, con una strizzata d’occhio ai Sixties e la voglia di suonare senza troppe chiacchiere o piani predefiniti, un po’ come quando si parte in macchina per far serata senza una meta precisa, perché ciò che conta alla fine è solo la compagnia e la voglia di divertirsi. Così, tra una puntata a Detroit e una in Scandinavia, una sosta a Londra e un tuffo nel mare in California, si finisce per aver trascorso una bella nottata a zonzo con l’alba che fa capolino in fondo alla strada e l’immancabile sosta al bar per un cappuccio con pastarella prima di andare a letto. Lunedì si ritorna al lavoro, ma per ora bene così.
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