The condamned – L’isola della morte

Creato il 17 maggio 2013 da Ildormiglione @ildormiglione

Poteva essere un film di stampo sociale, con una chiave di lettura legata alla critica ad una società indifferente ed ipocrita. Ma non lo è. Poteva essere un film che approfondiva tematiche come internet ed il suo potenziale (anche negativo), o come il potere economico legato allo show business. Ma non lo è. Poteva essere un film filosofico sul senso della vita, e sula paura della morte. Ma non lo è. Ma allora che diamine è? Semplicemente un film con un’idea discreta (seppur scopiazzata qua e là attingendo dal romanzo “Battle royale” di Takami, da “The truman show” di Peter Weir, da varie pellicole che ritraggono il mondo dei reality), sfruttata piuttosto male, in cui l’unica cosa che conta solo le botte da orbi, i muscoli pompatissimi e sudatissimi, morti crudeli e spettacolari, ed il classico stereotipo dell’eroe americano. “The condamned – L’isola della morte”, di tale Scott Wiper, racconta di 10 uomini, criminali in attesa di essere giustiziati, che vengono mandati su un’isola per uccidersi a vicenda con l’unico scopo di costruire il reality show perfetto. Se ne salverà solo uno che otterrà la libertà, per tutti gli altri c’è solo una morte anticipata. Niente di estremamente innovativo, ma tutto dolorosamente già visto. Però rimane comunque una’dea non male, di sicuro affidamento, se non fosse che a recitare ci mettono un branco di attorucoli, di cui vale la pena citare Vinnie Jones, uno straordinario psicopatico (anche all’epoca in cui era un calciatore della nazionale inglese, era famoso per le botte gratuite e per dei tackle da carcere!), a menare le mani, senza uno straccio di sceneggiatura degna d’esser chiamata tale. Altra questione che non può essere lasciata sospesa è la grottesca rappresentazione dei condannati a morte che assomigliano a maschere di carnevale per quanto sono stereotipate: l’italiano ovviamente è siciliano, anche se non ricorda Totò Riina o Provenzano ma un pugile di scarso livello con una parlantina snervante ed ai limiti del sopportabile;  il tedesco è il solito nazifascista pieno di tatuaggi che non dice una parola di inglese; il cinese è un provetto Bruce Lee in erba, piccolo come un criceto quando si confronta con montagne di muscoli come elefanti, anche se vince sempre lui.  Ci sono un italiano, un tedesco ed un cinese: non è una barzelletta, ma è “The condamned – L’isola della morte”. Anche perchè c’è pure l’americano, che è un povero patriota in missione segreta che una volta arrestato non può svelare la propria identità, e una volta gettato nella mischia trasformerà l’isola della morte nell’isola della solidarietà e dei buoni sentimenti,. Dopo però anche lui si stuferà ed inizierà a menarle di santa ragione. Anche perchè l’americano è “Stone Cold” Steve Austin, divo del wrestling, con un’espressività degna di un muro, ma che sa come rendere i combattimenti spettacolari. In definitiva è un film d’azione che in sè ha tante tematiche che potrebbero essere discusse, tanti personaggi che potrebbero essere approfonditi. Ma per fare questo bisognava togliere spazio alle botte, e allora anche questa volta chi se ne frega del cinema d’arte, del cinema para-filosofico, del cinema d’autore, e godiamoci questo orrendo film d’intrattenimento. Un’ora e mezza di testosterone, col tocco politically correct di due donne tra i condannati, con gallonate di buoni sentimenti, patriottismo americano di massa a palate, e basta.

Voto 2/10



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