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The Counselor- Il procuratore

Creato il 26 gennaio 2014 da Af68 @AntonioFalcone1

1Spiazzante punto d’incontro fra il gusto figurativo proprio di un regista come Ridley Scott e la vivida scrittura di Cormac McCarthy (qui alla sua seconda sceneggiatura dopo The Gardener’s Son, ’76, un episodio della serie tv Vision, diretto da Richard Pearce), la cui arguzia e il sottile humour nero conferiscono un’inedita dimensione al risvolto nichilista delle umane vicende che prende vita nelle sue opere, The Counselor si delinea come un noir d’impronta classica, il quale affonda le sue radici nella tradizione hollywoodiana del genere. La rappresentazione sullo schermo si dipana con i toni propri della tragedia, dallo svolgimento dell’azione in tempo reale, intervallata da singoli accadimenti ad essa coevi o antecedenti, i quali andranno poi a concatenarsi fra loro (anche se solo l’essenziale sarà svelato e molto resterà nell’ombra), fino al dualismo fra necessità e libertà nel mettere in atto una scelta, rappresentato dal protagonista principale, interpretato da Michael Fassbender, che offre con una certa efficacia il passaggio dalla sfrontata arroganza iniziale alla cupa disperazione una volta trovatosi lungo il sentiero della discesa agli inferi senza appello.

Michael Fassbender

Michael Fassbender

Non a caso il personaggio viene indicato e nominato sempre e soltanto col titolo conseguente alla sua professione (avvocato, d’ufficio, e non il procuratore del titolo italiano), così da rendersi simbolo evidente della deriva propria di un’umanità intenta a giocare a dadi col destino, convinta che ad un’azione criminale, pur esercitata in via occasionale, non debba necessariamente seguire un castigo, di qualsiasi natura, senza pensare alle tragiche conseguenze per quanti gli sono vicino.
E fra questi vi è la fidanzata del nostro, Laura (Penélope Cruz), le cui sembianze d’ingenuità e disincanto si ammantano di toni ambigui (come fa sospettare un dialogo fra un tagliatore di diamanti, Bruno Ganz, e l’avvocato, in apparenza incentrato su una serie di tecnicismi inerenti dimensioni e purezza delle pietre), propri del resto a ciascuno dei personaggi rappresentati, i quali entrano in scena ognuno con delle caratteristiche già delineate, conseguenti a tutta una serie di eventi già verificatisi in precedenza e che noi spettatori possiamo semplicemente intuire relativamente al loro rapporto causa/effetto.

Cameron Diaz e Penélope Cruz

Cameron Diaz e Penélope Cruz

L’unica persona veramente pura, paradossalmente, si rivela chi, distaccandosi definitivamente dall’alveo sociale, usato pragmaticamente per i più elementari bisogni primari, punta alla personale sopravvivenza, lontano da qualsivoglia genere di sentimenti nel seguire le linee guida della propria voracità, unite al gusto d’inseguire la preda prima di fagocitarla, ovvero Malkina (Cameron Diaz, algida dark lady), la compagna di Reiner (Javer Bardem, vagamente carnevalesco), eccentrico proprietario di un night club, opportuno paravento per i suoi affari criminali legati al traffico di droga.
L’uomo fatica ad apprezzare la vera natura di Malkina, restando però profondamente turbato dal suo modo di fare, cui non riesce a dare un senso, rifugiandosi nel misogino paravento dell’incomprensione.
Proprio in uno dei suddetti traffici si trova ora coinvolto l’avvocato, socio di Reiner con la mediazione di Westray (Brad Pitt, qui valido caratterista), dandy con fare da filosofo, bravo a sentenziare per gli altri ma non altrettanto nel mettere in guardia se stesso, il quale fa da tramite col famigerato “cartello” che detiene il controllo del citato smercio dal Messico verso gli Stati Uniti.

Javer Bardem

Javer Bardem

I suoi componenti sono capaci delle azioni più efferate per proteggere il proprio “lavoro” ( anche in tal caso, con eguale orrore e raccapriccio, alcune di esse le intuiamo o le apprendiamo da una serie di dialoghi, altre le vediamo verificarsi) e si avvalgono al riguardo di manovalanza locale, che esegue il tutto con scrupolo certosino, stile catena di montaggio, con il guadagno concreto della mera sopravvivenza, nel mantenimento dello status quo.
In un’evidente rincorsa fra dialoghi ed immagini, il punto d’incontro fra la scrittura di McCarthy e il senso visivo di Scott è conferito dalla scelta registica di dare risalto alla parola offrendo risalto espressivo alla pura corporeità dei protagonisti più che alle loro caratterizzazioni o sfumature psicologiche, sottolineata da studiate inquadrature dal gusto pittorico (i corpi dei due amanti che si muovono sotto le lenzuola nella scena iniziale) ed insistiti primi piani, rivolti anche a vari particolari dei raffinati arredamenti interni, contrapposti a campi lunghi nelle riprese in esterno.

Brad Pitt e Michael Fassbender

Brad Pitt e Michael Fassbender

Viene quindi evidenziato, più che la correlazione ambiente-personaggi, il loro distacco dal mondo esteriore, quanto vi è al di fuori del proprio habitat naturale, quel microcosmo costruito a misura e gusto di ciò che l’agiatezza economica può consentire, compreso il superfluo, grazie a scelte di vita mosse dall’avidità e mancanza di qualsivoglia scrupolo morale, il cui unico senso sembra essere conferito dall’inevitabilità di un’incipiente decadenza.
Per quanto possano apparire predominanti i dialoghi rispetto a tutto il resto, considerata la sopra descritta funzione anticipatrice/ esplicativa, The Counselor scorre con una certa fluidità, anche in virtù di un valido montaggio (Pietro Scalia), e si rivela capace di lasciare attoniti sino al finale, il quale, pur con qualche sghembo didascalismo (da un dvd inviato all’avvocato è del tutto intuibile la sorte toccata ad un personaggio del film, non vi era bisogno, a mio avviso, di renderla evidente con una sequenza più o meno successiva), resta spietatamente lucido nel suo ammonimento su quanto l’animo umano nel suo incedere terreno possa offrire spazio alla corruttibilità sino ad auto annientarsi.

6
Un film da vedere, che sin dalla sua uscita ha offerto le più diverse interpretazioni, palesandosi come una di quelle pellicole destinate ad essere odiate o incensate in egual misura.
Personalmente, avendo avvertito, durante e dopo la visione, un tangibile senso di straniamento, unito, in egual misura, ad un altrettanto indubbio ammaliamento, ritengo che The Counselor abbia comunque il merito di non lasciare indifferenti, in virtù di un plateale esibizionismo postmoderno, sospeso fra fascino visivo ed intrigante letterarietà.
Da far sedimentare ed apprezzare definitivamente tra qualche anno: come è noto il tempo può rivelarsi galantuomo, anche, se non soprattutto, in ambito cinematografico.


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