The Danish Girl
di Tom Hooper
con Eddie Redmayne, Amber Heard, Alicia Vikander, Matthias Schoenaerts
UK, USA 2015
genere, biografico
durata, 120'
Pittore paesaggista della Danimarca dei primi anni del '900, Einar
Wegener ha vissuto due vite, la prima con una moglie a Copenhagen, e la
seconda a Parigi come Lili Elbe. Infine ha tentato la prima operazione
chirurgica della storia finalizzata al cambio di sesso. Attratto
dall'abbigliamento femminile dopo un gioco erotico con la moglie e
sempre meno capace di smettere di vestirsi e atteggiarsi da donna, nel
corso degli anni Einar vuole lasciare il posto a Lili, che percepisce
come un'entità separata. Aiutato e supportato da una moglie da cui è
sempre meno attratto, Einar fugge dalla medicina del proprio tempo che
lo vuole internare o dichiarare schizofrenico e si rifugia nella
chirurgia sperimentale, conscio che quella che intende provare è
un'operazione mai tentata prima e che, dunque, comporta grossi rischi.
Con "The Danish Girl" l’inglese Tom Hooper prosegue un’indagine
cominciata con "Il discorso del Re": l’esplorazione di un corpo
bloccato. Nel film con Colin Firth il problema riguardava la parola,
martoriata e svilita da continue esitazioni e interruzioni. Qui
l’impasse compromette invece il corpo intero, che diventa recipiente di
un’anima che lo rifiuta. Non si combatte per gli ideali della gloriosa
Comune di Parigi, ma per l’affermazione di un’identità sessuale. Jean
Valjeant e Javert di "Les Misérables" hanno abbandonato la scena, per
far posto a Lili Elbe, la prima persona nella storia a essere
identificata come transessuale e ad aver tentato un intervento
chirurgico. La sua vicenda è conosciuta ma non abbastanza e
nell’affrontarla e raccontarla, adattando l’omonimo romanzo di David
Ebershoff, Hooper si prende alcune licenze e addirittura la
reinterpreta, adattandola al suo cinema garbato.
Senza la pretesa di edulcorare una vicenda che non può non sembrare
amara o indigesta a chi ancora guarda con sospetto ai transgender, il
regista non intraprende nessuna crociata contro il pregiudizio, né si
mette sulla facile via della trasgressione creando, per esempio, un
personaggio principale esibizionista ed eccentrico oppure eroico. Tom
Hooper sceglie consapevolmente di non osare, fatto, questo, certamente
encomiabile, anche se,talvolta, l'impressione è che la sua visione resti
in superficie.
Attento a cambiare le tonalità del film a seconda dell’ambientazione
scelta, colori freddi e linee geometriche e maschili nella parte che si
volge a Copenhagen e caldi nel segmento parigino, il regista non sempre
tiene vivo il fuoco della passione, abbandonando a se stessa la sua
sensibile donna incastrata nel corpo di un uomo. Più di Lili, lascia il
segno la sua compagna di vita: la pittrice Gerda Wegener, artista
volitiva, forte, emancipata. E’ lei il personaggio più interessante del
film e quello che veramente evolve e che lascia perciò un’indelebile
impronta. Allo stesso modo, è Alicia Vikander più di Redmayne a meritare
incondizionati complimenti, perché questa attrice minuta che ha
sorpreso tutti in "Ex Machina", diventa davvero un gigante quando si
avvicina alla disgraziata consorte dello sconsolato Einar.
Nei suoi occhi il ghiaccio del film si scioglie, vinto dal calore del
sentimento che, nonostante tutto, Hooper riesce a rappresentare
benissimo: l’amore, conditio sine qua non perché l’individuo compia il
grande passo, trovando, prima o poi, la propria personalità più intima.
Detto questo, ci sentiamo in dovere di precisare che, secondo noi, "The
Danish Girl" non è il frutto di una mancanza di coraggio, basti pensare
alla scena di nudo, in cui il regista dimostra di saper essere diretto
ed esplicito: semplicemente, il suo film preferisce indugiare sulle
sfumature e sulla contemplazione di una femminilità che coincide con la
grazia e che si esprime nel sorriso, nei movimenti impercettibili del
capo, in due mani lunghe e affusolate che si poggiano su un viso e lo
incorniciano. Questi piccoli gesti sono affidati al prodigioso Eddie
Redmayne, così pieno di energia ne "La teoria del tutto" e qui alle
prese con una creatura smarrita e capricciosa, e poi sempre più
determinata. La sua bravura è indubbia, come la sua aderenza alle
motivazioni interiori di Lili, ma la sua performance tradisce una certa
affettazione, a cui contribuisce anche una fotografia certamente curata,
ma inutilmente patinata.
Riccardo Supino