Il problema è che buoni e cattivi si mescolano in un brodo oscuro che potrebbe nutrire nessuno.
Grazie a questo signore qui per avermi ricordato che ce l'avevo in standby.
Violenza. Sangue. Morte. Speranza zero. Questo in soldoni il contenuto di questo The Day che è la miglior sorpresa che mi sia capitata a tiro negli ultimi sei mesi, almeno. Non rientra nella mia amata scatola dei "film cazzoni doc" solo perché di scanzonato non c'ha proprio nulla. Il film, pur rimanendo nell'area del buon intrattenimento, non perde mai quell'onda di depressione che ben si addice ad un racconto post-apocalittico. La pellicola si avvicina molto allo splendido "The road", che ho amato alla follia, e si allontana chimicamente da quel tugurio che fu "The divide".
Il film è sostanzialmente un western post-apocalittico dove il tema principale è l'assedio. I protagonisti della vicenda non sono stereotipati in nessun modo e già questo rende la visione estremamente vivace e interessante. Peraltro in soli novanta minuti le figure principali vengono sviluppate in maniera eccellente, tanto che è facile in alcuni punti cominciare con il tifo da stadio. Ci sono delle idee nel film che lo rendono di una cattiveria estrema e che mi sono piaciute da morire. Tanto per intenderci, nel cast troverete anche Dominic Monaghan, il cantante rock di Lost, che pur essendo la facciata marchettara di tutti i poster, non sarà difficile che vi venga un colpo al minuto trenta, soprattutto se siete suoi fan.
In ogni caso, regista e sceneggiatore vogliono prenderci un pò in giro dando una impronta iniziale tipicamente buonista e americaneggiante (lo spargimento dei semini, alla ricerca della terra promessa) ma questo punto di vista resiste per un quarto d'ora e poi una splendida Shannyn Sossamon completamente nuda sotto lo scroscio della pioggia sarà l'ultimo momento di calma prima di una tempesta di morte e sangue. La Sossamon alias Shannon, ha una parte nel film che esegue egregiamente ma verso il finale perde un pò di credibilità. Splendida prova di Ashmore alias Adam, che è perfetto per la parte del giovane padre rimasto senza famiglia e la scena della tortura è talmente ben girata e sconcertante nel suo rivoltare i ruoli, che rientra a pieno merito tra le rappresentazioni più affascinanti di quest'anno. Ruolo poco incisivo, se non ai fini della sceneggiatura, quello di Hardrict, alias Henson.
L'idea di introdurre nel gruppo l'affascinante mingherlina Ashley Bell, alias Mary, produce nello spettatore un continuo stravolgimento del punto di vista che, vi assicuro, non lascerà indifferenti e senza spunti di discussione. Il regista mantiene salda la macchina da presa raccogliendo tutte le sfumatura di una umanità senza speranza e mettendo continuamente in dubbio chi siano i cowboy e chi gli indiani.
Mary è un personaggio clamoroso che si comporta come un selvaggio e combatte come un guerriero Apache. La scena del bagno nel fiume è fondamentale nel racconto e ottimamente recitata.
Le scene di battaglia e di assedio sono la parte dolente del film. Non perché mal realizzate ma perché finemente puntellate di buchetti di sceneggiatura. Se la violenza viene rappresentata con una cattiveria insostenibile, e l'uso dello splatter viene fatto senza tanti ritegni, la battaglia finale viene invece gestita grossolanamente. Dove sono le armi da fuoco dei nemici? Come vengono contati i proiettili mancanti? Come fanno trenta e più uomini non entrare nella trappola da loro stessi reaizzata? E così via. E' comunque da lodare lo sforzo di mettere in scena così bene l'ambiguità bene\male che solo in Rabies mi aveva tanto appassionato.
Altro punto a favore di The Day è sicuramente l'abbattimento di un tabù che continua persistere nel cinema d'oltreoceano: l'uso violento ma coerente, di minorenni. Non prendetemi per pazzo o altro, sia chiaro, eh!? Sto parlando di cinema, non di chissà quali deviazioni! Semplicemente: in un mondo post-apocalittico senza alcuna speranza è immaginabile che anche i bambini tornino a coprire una parte da adulto che non appartiene loro. Vedremo infatti i figli del villain di turno compiere atti poco innocenti e rispondere delle loro azioni, o di quelle del padre, direttamente, e senza alcuna pietà. Nel finale la faccenda si complicherà ulteriormente.
Lo sfondo fanta-apocalittico non è ben definito e quindi avverto gli amanti dello spiegone di cambiare pellicola e non affrontare questo racconto che non ha un inizio, parla di persone, non distingue i buoni dai cattivi, e non finisce come ci si aspetterebbe.
La pellicola viene gestita molto bene dal regista Douglas Aarniokoski che si è occupato in passato di assistenza tecnica per titoli famosissimi (Dal tramonto all'alba su tutti). Regista che rivedremo presto in un b-movie, probabilmente molto gustoso, dal titolo inequivocabile: "Nurses". Speriamo bene. Sceneggiatura solida fino alla prima mezz'ora e che poi si perde nella parte centrale. Ma anche al signor Luke Passmore diamo una seconda opportunità se poi continua su questa buona strada. Da sottolineare una fotografia meravigliosa che sorpassa in certi passaggi quella del fratellone "The road". Film esagerato e pieno di idee. Assolutamente fuori dal circuito commerciale perché tratta in maniera grezza e senza mezzi termini la violenza, la tortura, la famiglia, l'odio, l'amicizia, la speranza e le delusioni. Un film brutale che non ti molla per un'ora e mezza e ti lascia perplesso e pieno di dubbi. Il finale si chiude brutalmente lasciandoci con gli occhi sgranati; il tipico finale hollywoodiano western, con il protagonista che si allontana versol'alba di un nuovo giorno. Giorno, che potrebbe essere l'ultimo. The Day: Un bel gioiellino che di questi tempi è davvero difficile scovare.