In molti ieri se ne stavano al calduccio, dietro ai vetri, incantati dalla nevicata perchè la neve, quando scende lieve (che fa pure rima) esercita una sorta di fascino su grandi e piccini (soprattutto sui più giovani che se ne stanno lì, con le dita incrociate, a osservare la neve nella speranza inconfessabile che sia così abbondante da provocare la chiusura delle scuole).
Poi viene “il giorno dopo”, con i marciapiedi impraticabili perché gli spazzaneve hanno pulito (logicamente) le carreggiate, con le pozzanghere che si allargano per la pioggia e i primi accenni di disgelo, mentre la neve, ben compressa sopra i tombini, ne impedisce il deflusso e così, ad ogni auto che passa a velocità sostenuta (se la carreggiata è pulita che senso ha rallentare?) si rischia di venire sommersi da un’ondata di fanghiglia.
E poi bisogna lottare con il selciato sdrucciolevole, con l’impressione di gelo che avvolge le estremità (soprattutto quelle inferiori disperatamente a mollo), con le secchiate di neve che ti colpiscono a tradimento se solo ti azzardi a camminare in prossimità dei rami stracarichi.
Sarà anche magica la neve, quando svolazza nell’aria, ma non appena tocca terra è un altro paio di maniche.