L’occasione é ghiotta e devo dire il prezzo più che adeguato perciò pago 20 pound e compro il biglietto per il concerto dei The Decemberists una band ormai non più tanto rivelazione.
La location del concerto é l’Apollo di Hammersmith, uno dei templi della musica dal vivo londinese e che, negli ultimi 30 anni, ha visto esibirsi tutti i migliori musicisti di passaggio in città.
Arrivato all’Apollo mi metto diligentemente in fila (siamo in Inghilterra perciò mettersi in coda é obbligo) é per entrare, noto con piacere l’eterogeneità del pubblico richiamato dall’evento.
Come sempre per i concerti infrasettimanali in Inghilterra al fianco dei professionisti in giacca e cravatta ci sono 18enni che, ad un primo sguardo, sembra quasi abbiano sbagliato concerto ed anche un nutrito gruppo di persone, diciamo cosí d’esperienza, ovvero intorno ai 50 anni.
Insomma un pubblico vario un po’ come la musica che propongono questi ex ragazzi dell’Oregon.
Entrato in questo gigantesco teatro prendo posto, senza molte difficoltà, a una quindicina di metri dal palco.
Cosa saggia ed intelligente dell’Apollo é quella di aver i posti in piedi a dislivello ovvero leggermente in pendenza per consentire di vedere al meglio anche se, come me, non si é dei giganti e la persona davanti é piú alta.
Prima del main event assisto all’esibizione dei Blind Pilot band anche essa nativa di Portland/Oregon e che, guidata dal leader Israel Nebeker, propone un rock elettro-acustico piacevole e decisamente ben suonato.
I ragazzi capitanati da Colin Meloy attaccano con una grintosa versione di Shiny direttamente dal loro primo album 5 Songs.
Dopo l’apertura con una canzone di una decina di anni fa ecco arrivare, direttamente dall’ottimo recente lavoro The King is Dead, la solida Down by the River.
Sempre dall’ultimo e riuscitissimo album arrivano una di seguito all’altra Calamity song e Rise to me.
Devo dire che se giá su disco la canzoni di The King is Dead suonano corpose e decisamente ispirate, dal vivo le splendide melodie country rock che caratterizzano l’album vengono esaltate dall’esuberanza della band e dalla bravura tecnica di tutti i ragazzi: decisamente ottimi musicisti!
Il dado é tratto ed ora The Decemberists iniziano a divertirsi sul serio e senza nasconderlo, ecco allora due piccole perle ripescate da quell’ottimo disco che é Picaresque: la soffice ed incantevole We Both Go Down Together ed una delle canzoni, a mio parere, più belle del repertorio di questi ragazzi, The Bagman’s Gambit.
Ora il concerto é nel vivo ed il pubblico inglese , sempre un po’ un diesel prima di carburare, dimostra rumorosamente di apprezzare l’esibizione e l’energia che Colin Meloy e company non lesino di certo sul palco dell’Apollo.
In questo excursus nella loro decennale carriera non potevano mancare pezzi dal tanto osannato The Hazard of Love ecco allora uscire dal cilindro una potente e molto rock: The Rake’s Song una delle canzoni più belle dell’intero concerto.
A questo punto si ritorna alle atmosfere piú folk di The King is Dead con 2 dei migliori pezzi dell’album: la canzone di apertura Don’t Carry It All, canzone dalla melodia splendida e immediatamente contagiosa, qui introdotta da un bel assolo di armonica seguite dal capolavoro del recente album This is Why we Fight vera summa della miscela folk-rock-country che caratterizza il presente dei gruppo.
Per salutare prima dei bis The Decemberists scelgono un pezzo senza tempo come 16 Military Wives sempre dall’ottimo Picaresque.
Ovviamente i ragazzi si ripresentano sul palco per deliziare la rumorosa platea con un’altra manciata di canzoni.
Si apre con i chitarroni di The Hazard of Love 4 decisamente ben riuscita ed aspettata con ansia da un pubblico fedele ed attento; forse anche a causa di una discografia non enorme, quasi tutti in sala sapevano quasi tutte le canzoni.
A questo punto The Decemberists, dopo una lunga introduzione, si lanciano in una chilometrica e senza tempo Mariner’s Revenge Song che trasforma l’Apollo in una vera e propria bettola sul porto rumorosa e festante.
Il concerto è virtualmente finito anche se Colin Meloy ed i suoi ragazzi decidono di rientrare per salutare l’inverno e benedire, metaforicamente, l’arrivo dell’estate ed allora tutti a casa sulla note bucoliche di June Hymn.
Gran bella gig come avrete capito.
Se i ragazzi vi capitano a tiro non fateveli sfuggire dal vivo meritano per davvero!!!
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