Francesco Fossetti scrive di videogiochi -fra una cosa e l'altra- da più di dieci anni, e non ha ancora perso la voglia di esplorare il mercato con vorace curiosità. Ammira lo sviluppo indie e lo sperimentalismo, divora volentieri tutto il resto. Lo trovate su , su e su Google Plus.
La New York di The Division è in qualche modo magnetica. Che il lavoro sull'ambientazione sia ormai uno dei punti di forza di tutta la produzione Ubisoft è chiaro a chi bazzichi gli ultimi capitoli di Assassin's Creed e Far Cry, ma francamente non ci aspettavamo di restare così ben impressionati. Per quanto alcuni quartieri risultino leggermente vuoti, con pochissimi superstiti a calcarne le strade, l'impatto visivo e scenico è davvero di prim'ordine. Il gioco riesce a raccontare in maniera indiretta ma sempre interessante la catastrofe sociale scatenata dall'arrivo del Veleno Verde, attraverso ambienti splendidamente caratterizzati. E non è solo l'alternanza di Avenue e Boulevard, la puntigliosa ricostruzione di Times Square, i loschi sottopassaggi di Hell's Kitchen: anche quando si entriamo negli appartamenti ormai abbandonati, o ci attardiamo sui tetti dei palazzoni, si scopre un rifiorire di dettagli che sembra davvero miracoloso per un Open World di questa portata. Perdersi nella New York di The Division è facilissimo, quasi naturale. La neve sporca che imbianca le strade, i posti di blocco da liberare, i parchi in cui analizzare gli agenti contaminanti di questa versione potenziata del vaiolo che ha messo in ginocchio la società. Restare incollati per giorni alla produzione di Massive Entertainment è la norma: ed è così che nel corso di questa settimana siamo arrivati sostanzialmente all'endgame, infilandoci spesso nella zona e trovandoci di fronte alle attività pensate per chi ha "finito" il gioco. Ecco quindi le nostre impressioni sulla parte finale dell'esperienza.
Da soli o in gruppo?
Cerchiamo di chiarire subito un paio di dettagli importanti, riguardanti la struttura di gioco e le meccaniche che regolano le interazioni sociali tra giocatori. Anzitutto, a The Division si può giocare anche da soli, e l'esperienza a cui si va incontro non è certo "mutilata" come fu quella di Destiny. Ovviamente infilarsi in un party di quattro giocatori rende le cose molto più piacevoli, ma anche l'esplorazione solitaria di Manhattan è soddisfacente e interessante. Ci sono tante missioni secondarie e diversi "incontri" (così si chiamano le attività che permettono di recuperare risorse per il quartier generale), che si possono giocare senza compagni. È chiaro che dopo una trentina di ore queste sidequest comincino a diventare un po' ripetitive, ma l'amalgama ludica di The Division -questo incontro fra le sparatorie in terza persona e le statistiche da gioco di ruolo- tende a rendere meno avvertibile la noia. Non è solo la prospettiva di far crescere il proprio quartier generale: è anche la necessità di studiare la posizione, scegliere la copertura migliore, provare diverse combinazioni di abilità: The Division funziona, e funziona alla grande; così bene che pure l'intreccio di attività generalmente marginali nell'economia di un sandbox diventa bello concreto e piacevole. Il consiglio, se davvero siete da soli, è però quello di giocare incontri pensati per agenti del livello che avete raggiunto: le attività di livello più basso sono troppo facili, mentre basta entrare nelle zone bilanciate su due livelli sopra al vostro, per incontrare difficoltà eccezionali. A onor del vero, il sistema che scala la difficoltà dal basso verso l'alto, popolando quindi anche le zone iniziali con nemici un po' più aggressivi, poteva essere strutturato un po' meglio, perché verso la fine del gioco ci sono quartieri in cui le sparatorie si risolvono troppo facilmente. Le attività principali di The Division, in ogni caso, sono costituite dalla dozzina di missioni che compone la main quest: finite tutte quelle che compaiono nella mappa dopo aver ristrutturato il quartier generale, se ne sblocca una ambientata nella sede delle Nazioni Unite. Le missioni si distinguono soprattutto per i meriti del level design, che rende stimolanti anche certe boss fight un po' piatte, e tende a imporre uno studio attendo dell'area e buon gioco di squadra. Ed ecco quindi che, proprio per affrontare questi incarichi, la presenza di un team è fortemente caldeggiata. Anche perché permette di giocarle a livello difficile, tirando fuori il meglio dal titolo Ubisoft. Per fortuna gli algoritmi di Matchmaking funzionano alla grande: se siete da soli bastano davvero pochi secondi per trovare una partita, mentre se siete in coppia, vi basterà cominciare la missione e qualche minuto dopo qualcuno vi raggiungerà quasi sicuramente. Insomma, sarebbe sempre meglio avere qualche amico con cui stare in Party Chat, ma non disperate se non ne avete "a portata di mano".
E edesso?
I più attenti di voi avranno già storto la bocca quando abbiamo menzionato il numero di missioni principali. Inutile girarci intorno: sono poche, meno di quante ce ne aspettassimo. E tuttavia il team di sviluppo è stato intelligente, strutturando una progressione molto ben ponderata. Le missioni non si possono affrontare una dopo l'altra, senza imbattersi in difficoltà insormontabili. Bisogna invece alternare incarichi principali e secondari, salire di livello, potenziare il quartier generale.
È un percorso sufficientemente vario e decisamente lungo, che vi terrà impegnati per circa quaranta ore. Anzi: di più se vorrete completare tutti i potenziamenti del quartier generale. La cosa importante, però, è un'altra: alla fine di questo percorso, vi sentirete sazi e appagati. Questo non succedeva, ad esempio, al termine di Destiny, la cui trama principale era frammentata e inconsistente. In The Division, sebbene la narrazione sia tutt'altro che classica e non ci sia una storia di stampo hollywoodiamo come accade in tanti sparatutto, scoprire la storia del virus e sondare le personalità deviate nate nel contesto di una città allo sbando sarà un'operazione piacevole. Terminate tutte le missioni sentirete di aver vissuto una bella avventura, densa e ricca di contenuti. In qualche maniera, The Division può essere giocato come un titolo classico, senza l'urgenza di un endgame: è come uno "sparatutto di ruolo" che vi terrà impegnati per un bel numero di ore, e che potreste persino abbandonare senza rimpianti. Sappiamo comunque che la maggior parte di voi non è interessata a considerarlo come tale. In tanti vogliono invece un endgame, un "tappeto di attività" a cui dedicarsi con metodo, un loot system che possa incentivare a rimanere sui server. Ci duole ammettere che per il momento The Division non si comporta ottimamente, su questo fronte. L'endgame prevede la possibilità di dedicarsi a missioni giornaliere, o di rigiocare le tredici quest della storia principale con un modificatore di difficoltà aggiuntivo. Oltre a ricompensare con armi e armature di Alta Gamma (l'equivalente degli esotici), queste attività permettono di guadagnare Crediti Phoenix, con cui acquistare poi equipaggiamento speciale da due vendor (situati nel Quartier Generale o nella Zona Nera). È sicuramente un incentivo molto blando, e se per ora ci stiamo dedicando all'impresa con estrema convinzione, potrebbe darsi che fra qualche giorno gli stimoli vengano a mancare. Per il momento il sistema di loot regge egregiamente, ma vogliamo prenderci un po' di tempo per valutare la tenuta. L'impressione che abbiamo avuto è che, per quanto mancassero diversi elementi importanti, l'endgame di Destiny fosse concettualmente più interessante. C'erano i Cala la Notte, le attività settimanali (che qui verranno introdotte in seguito), e dei modificatori che influivano anche sul gameplay, non solo sul livello dei nemici.
C'erano anche delle armi da potenziare, ed un sistema di taglie rinnovate su base regolare. Ribadiamo che si tratta di due titoli diversissimi nel concept e nelle finalità, ma forse il titolo Ubisoft avrebbe dovuto recuperare alcune delle idee di Bungie. Ovviamente un elemento determinante per il futuro del gioco sarà l'Incursione, comparsa già nella mappa ma aggiunta ad Aprile tramite un aggiornamento gratuito. Massive Entertainment dovrà davvero stupirci, preparando un'attività varia e interessante, ed evitando di metterci di fronte ad una ulteriore variazione di tutte le situazioni giocate nel corso della main quest. Siamo generalmente fiduciosi, perché proprio l'ultimo boss della campagna propone meccaniche interessanti e prevede un'interazione con l'ambiente di gioco diversa dal semplice uso delle coperture. Speriamo quindi che Ubisoft abbia le idee chiare su questo aspetto. Il supporto post lancio, per altro continuerà con la pubblicazione di un contenuto "forte" ogni mese, come promesso dal trailer del season pass. Vista la situazione non proprio rosea dell'endgame, sarà bene che questa promessa sia mantenuta.
Once you go black...
A ridurre in maniera evidentissima le legittime perplessità legate all'endgame, troviamo per fortuna la Zona Nera. Si tratta di un ambiente pensato soprattutto per i giocatori di alto livello, ma i cui quartieri possono in verità ospitare anche dei "novellini", rappresentando un'alternativa alla progressione classica e quindi allungando di molto la vita del prodotto.
La Dark Zone, in buona sostanza, fonde PvP e PvE, multiplayer cooperativo e schermaglie competitive. Si tratta di una porzione di New York completamente contaminata dal Veleno Verde: l'area in cui è scoppiato il contagio, distrutta completamente dalle rivolte e letteralmente martoriata. In queste zone cambia drasticamente la faccia della città, si perde ogni scampolo di civiltà e speranza. Ci sono poliziotti appesi a testa in giù, elicotteri schiantati, palazzi sventrati: anche a livello di atmosfera, la Zona Nera è ben caratterizzata. Qui, secondo un sistema che accoppia giocatori della stessa fascia di livelli, è possibile incontrare altri agenti della divisione. Tuttavia gli scontri fra utenti non sono strettamente necessari. Anzi: ci sono nemici molto aggressivi, e unire le forze con altri giocatori potrebbe essere l'unico modo per avere la meglio di squadre ben organizzate di Riker e Purificatori. Sparando ad un altro giocatore non ostile, fra l'altro, verremo immediatamente segnalati come "Rogue Agent" e una taglia sarà messa sulla nostra testa. Qual è, quindi, l'incentivo al PvP? Ovviamente il loot! In quest'area di gioco il loot è molto potente, ma può essere sottratto dal vostro freddo cadavere. Uccidere un giocatore significa poter raccogliere tutto l'equipaggiamento che lui ha trovato in quest'area (ovviamente non si perde quello che avevamo equipaggiato prima di entrare nella Zona Nera). Nel caso in cui si voglia una volta per tutte ribadire la proprietà degli oggetti raccolti, c'è la possibilità di richiedere un'estrazione: in questo caso un elicottero verrà inviato dalla base e potremo così depositare gli oggetti "contaminati", per bloccarli sul nostro account. C'è un solo problema: tutti i giocatori presenti nella Dark Zone saranno informati che qualcuno ha richiesto un'estrazione. Attenti quindi a non attirare gli sciacalli. O magari a non voltare le spalle ad un gruppo che fino a quel momento vi ha aiutato, ma che proprio all'ultimo momento potrebbe decidere di tradirvi. Le sessioni di gioco nella Zona Nera, oltre ad essere estremamente impegnative e interessanti, sono alcune fra le più tese e nervose che ci sia capitato di giocare. Il rischio di perdere tutto l'equip faticosamente strappato ad avversari coriacei e aggressivi genera un clima di sospetto, ed il sistema di taglie ed estrazioni instaura dinamiche molto interessanti. La Zona Nera è uno dei punti di forza di The Division, con una progressione parallela a quella del PvE e vendor pronti a riempirvi di oggetti meravigliosi a patto che abbiate accumulato abbastanza "fama" in quest'area. La Dark Zone salva in corner l'endgame di The Division, ed è qui - per altro - che l'appartenenza ad un gruppo diventa fondamentale. Anche in questo caso potete ricorrere al Matchmaking, in uno dei rifugi vicini alle entrate di quest'area maledetta, ma sarebbe meglio avere la possibilità di comunicare.