L’ultimo incubo partorito dalla mente del maestro Mikami altro non è che un omaggio ai classici survival horror. The Evil Within, infatti, rappresenta un gradito ritorno ad un genere che, dopo Resident Evil 4, è andato via via sempre più scemando; una commistione tra vecchio e nuovo che sembra funzionare egregiamente e che ancora una volta dimostra la creatività e l’abilità di Shinji Mikami nel creare questo genere di prodotti. Procediamo con ordine.
Quando nel 1996 uscì il primo Resident Evil, segnò la crescita del target dei giochi per console. Mentre i precedenti titoli sul genere, sia per limitazioni che per censura, non avevano mai mostrato l’orrore e la violenza presenti in Resident Evil, la saga horror firmata Mikami espose fin dalle prime battute sangue e morte in maniera esplicita e realistica con un filmato introduttivo che esibiva un agente di polizia sbranato vivo da dei cani zombie. Con l’arrivo dei sequel della saga, Capcom consolidò il genere del survival horror, anche se con il terzo episodio i fan si divisero per la prima volta, tra chi continuava ad amare la saga e chi invece ne rimase deluso. Dopo il remake del primo episodio su Gamecube e l’arrivo dello Zero, Mikami decide di rivoluzionare la saga: arrivò così l’acclamato Resident Evil 4, che rappresentò un momento molto importante per la produzione videoludica. L’introduzione della telecamera “over-the-shoulder”, che per intenderci inquadrava il personaggio principale da sopra la spalla, e una buona dose di azione e munizioni, ben si sposavano con le ambientazioni lovecraftiane del titolo, cambiando per sempre il genere survival. Purtroppo però venne rivoluzionato troppo, tanto che l’azione prevalse sull’horror e vennero prodotti titoli fotocopia che delusero sempre più gli appassionati. Solo Mikami poteva rigenerare un genere che lui stesso aveva fatto nascere, e rinascere successivamente, e sembra che con The Evil Within il maestro sia riuscito pienamente nell’intento.
The Evil Within, nel suo classico, manifesta tutta l’ansia e l’angoscia dell’insanità mentale, venendo fuori da un’epoca che richiama fortemente gli anni ’90. La trama di gioco progredisce e si sviluppa lentamente, partendo da una giornata comune di un poliziotto comune. I guai, tuttavia, non tardano ad arrivare e vediamo così il nostro investigatore di polizia, Sebastian Castellanos, chiamato ad intervenire su un omicidio plurimo all’interno di un ospedale. Ed è proprio con lui che si muoveranno i primi passi all’interno del gioco. Nel corso dell’investigazione, infatti, l’agente verrà aggredito e, svegliatosi in uno strano e isolato reparto dell’ospedale, si troverà a dover fuggire proprio dalle grinfie dell’assassino, tutto intento a macellare gli altri poliziotti. I primi minuti di The Evil Within sembrano voler strizzare l’occhio a Clock Tower, dove Sebastian, disarmato e ferito, dovrà fuggire dal killer che lo sta cercando, nascondendosi ove possibile. Fuggito dall’ospedale e da un alquanto strano terremoto, troviamo qualche omaggio anche a Silent Hill, dove un tormentato protagonista, in preda a violente emicranie causate dalle ferite, sprofonderà in confusi incubi popolati da strane creature e specchi che aprono realtà parallele, confondendolo al punto da non riconoscere più quale sia la realtà dal sogno. L’unico punto dove l’utente potrà rilassarsi sono delle stanze asilo riconoscibili dalla Moonlight Sonata di Claude Debussy, dove tramite uno specchio sarà possibile potenziarsi e salvare la partita. Se tutto questo può sembrare di primo acchito scoraggiante, in realtà servirà a mettere il giocatore a disagio, nonché mostrerà – con il proseguire dell’avventura – una trama che risulterà essere una delle migliori componenti della produzione.
È importante sapere che il gioco non è adatto ai casual gamer; Shinji Mikami mette subito i paletti, ideando un videogame difficile fin dai suoi primi passi, provocando non poca frustrazione al giocatore meno avvezzo. Per sopravvivere ai tanti pericoli che lo attendono, Sebastian ha un arsenale limitato che si sviluppa nel corso dell’avventura. Tuttavia, visto che le munizioni scarseggiano paurosamente, sarà possibile utilizzare varie abilità stealth per l’eliminazione dei nemici, nonché trappole e meccanismi presenti nell’ambiente, capaci però di divenire un’arma a doppio taglio. Bisognerà comunque evitare di abbassare facilmente la guardia fino a quando le creature non saranno bruciate, altrimenti si rialzeranno in piedi ogni volta e visto che anche i fiammiferi sono alquanto limitati, spesso e volentieri converrà evitare qualsiasi tipo di conflitto. Come già abbondantemente accennato, The Evil Within è il figlio illegittimo di Resident Evil 4. Ogni più piccola parte del gioco richiama fortemente il titolo Capcom. Il nuovo lavoro di Mikami abbraccia l’estetica smorta e polverosa che ha caratterizzato la seconda avventura di Leon S. Kennedy. Capita spesso, inoltre, di imbattersi in un villaggio rurale in grado di ricordare molto da vicino le abitazioni delle plagas, con l’unica differenza che vi saranno molti più pericoli.
Il male dentroTecnicamente The Evil Within presenta qualche sporadico problema dovuto soprattutto all’Id Tech 5, un motore grafico già di suo stranamente pesante, nonché al passaggio fra old-gen e next-gen: ricordiamo infatti che inizialmente il titolo era previsto solo su old-gen, successivamente venne convertito per PS4 e Xbox One in corso d’opera. La versione PC è quella più penalizzata di tutti, infatti il gioco diviene godibile solo con una configurazione estremamente potente, mentre su Playstation 4 si presentano i canonici problemi che spesso incontriamo in varie produzioni, come texture caricate in ritardo e sporadici rallentamenti soprattutto nelle prime fasi del titolo. Fortunatamente, il tutto si stabilizza piuttosto velocemente, donando al giocatore una fluidità abbastanza buona e scene ricche di particolari accuratamente coreografati, mettendo inoltre in campo un buon gioco di luci e ombre, nonché un estremo quantitativo di effetti particellari che vanno ad aggiungersi ad un sapiente uso del filtro sporco e dei colori slavati, concretizzando una fotografia di tutto rispetto. Ciò che agli sviluppatori è veramente riuscito è il comparto sonoro, con un buon doppiaggio in italiano. Di egregia fattura anche gli effetti sonori con rumori, versi ed effetti ambientali ben congegnati, così come la colonna sonora in grado di immergere totalmente il giocatore nell’atmosfera di gioco.