Davvero un bel film questo The fighter se vi piaciono le storie forti, le storie vere, e davvero meritato il doppio oscar a Christian Bale e Melissa Leo.
David O. Russel riesce a raccontare la storia di Mick Ward (e di suo fratello Dick Eklund) con un ritmo ed un cipiglio notevoli e coinvolgenti.
Dick è l’orgoglio di Lowell perchè quattordici anni prima è riuscito a scontrarsi con Sugar Ray Leonard e perfino a mettelo al tappeto.
Ora èerò ha grossi problemi col crack e la HBO sta girando un documentario su di lui.
Intanto allena il fratello Mick con tutta la numerosissima famiglia.
Mick è un buon pugile ma non riesce a fare il salto di qualità.
Sarà solo l’incontro con Charlene ed il chiarimento con la famiglia a permettergli di liberarsi delle paure e soprattutto dell’ombra del fratello fallito.
La storia di Ward è una di quelle che meritano di essere raccontate e Russel lo fa nel migliore dei modi.
Il film è nettamente diviso in due parti.
Nella prima seguiamo il quotidiano della cittadina e della famiglia. Al centro dell’attenzione ci sono i problemi di Dick (che si ripercuotono su tutti), i problemi con la droga, la sua incapacità di rendersene conto, il duo restare aggrappato al suo vecchio sogno.
In questa parte Christian Bale è straordinario ed obiettivamente è lui il protagonista del film.
Nella seconda parte si va più verso il classico film sportivo, con gli allenamenti, le liti, la risoluzione dei problemi, la crescita sportiva e l’incontro della consacrazione:
E qui viene fuori meglio Mark Wahlberg, che nella prima parte rimane un po’ in ombra.
A mio avviso è ottima anche la regia di Russel, con particolar merito per alcuni dettagli su cui insiste con inquadrature più lunghe del normale, soprattutto all’inizio del film.
Buono anche il modo come vengono inserite le immagini di repertoriod egli incontri. Su tutti quello tra Eklund e Leonard che nella vicenda viene davvero mitizzato e diventa il centro della vita di un’intera cittadina.
Un incontro che ossessiona Dick al punto da non fargli rendere conto che non su quello è il documentario della HBO ma sulla sua dipendenza dal crack.
Nell’insieme non sfigura nemmeno Amy Adams (andava detto).
E chiudo con la sequenza dell’incontro per il titolo, reso ottimamente e capace di suscitare emozione vera.